giovedì 29 agosto 2013

Succede a Roncadelle





Succede a Roncadelle










Per meglio comprendere cosa è avvenuto nel 2011 a Mestrino a proposito della scuola dell'infanzia Arcobaleno è necessario sobbarcarsi un ulteriore piccolo sforzo: la comprensione del significato e delle conseguenze del cosiddetto patto di stabilità. Iniziamo oggi con una scheda del sindaco di Roncadelle (Brescia), un sindaco, non importa di quale colore sia,  che parla alla cittadinanza. La scheda ha il merito di affrontare il problema con parole semplici, anche se non approfondite tecnicamente e non fa cenno al dramma che colpì tutti i comuni nel 2010 con la legge Tremonti piombata in corso d'opera. E' utile tuttavia per capire ciò che successe a Mestrino nel 2008 a proposito di patto di stabilità. 
Nei prossimi giorni, ulteriori interventi per chi vuole approfondire tecnicamente. 





Ecco cos'è il Patto di Stabilità
Non sempre è facile capire cos’è il Patto di Stabilità, a cosa serve, quali sono gli obiettivi e quali gli effetti concreti che produce sugli enti locali. Il tema è molto tecnico: in questa pagina cercheremo di spiegare tutto ciò nel dettaglio. Sperando di risultare il più chiari possibile, vista la complessità dell’argomento.


Cos’è il Patto di Stabilità.

Il Patto di Stabilità è stato pensato dall’Unione Europea per tenere sotto controllo i conti pubblici degli Stati appartenenti all’area Euro, con l’obiettivo di ridurre i deficit e i debiti accumulati negli anni e risanare così le finanze pubbliche. L’Europa ha posto degli obiettivi; come raggiungerli è una scelta che compete ai singoli Stati. 
Quando si parla di conti pubblici non ci si riferisce solo a quelli degli Stati centrali, ma sono compresi anche quelli degli enti territoriali (Regioni, Province, Comuni, ecc.). Per questo il Patto di Stabilità produce effetti anche per questi enti.

Come è stato impostato in Italia.
Fino ad alcuni anni fa (con il precedente Governo Berlusconi) il Patto era impostato sul concetto dei limiti di spesa: i comuni non potevano spendere più di un certo importo prefissato, al di là delle reali disponibilità, e ciò creava delle limitazioni forzose e poco rispettose dell’autonomia degli enti stessi.
Poi (con l’ultimo Governo Prodi) è stato introdotto il concetto del saldo di bilancio: per rispettare il Patto i comuni non avrebbero dovuto peggiorare il proprio saldo finanziario (semplificando: il rapporto entrate-uscite) di un determinato anno, rispetto alla media del triennio precedente. Una norma migliorativa rispetto a quella precedente, in particolare per la parte corrente del bilancio, perché garantiva maggiore libertà di impiegare, ogni anno, le proprie risorse. Rimaneva un problema sulla parte del bilancio relativa agli investimenti, perché non sempre le opere pubbliche riescono ad essere completate lo stesso anno in cui vengono reperite le risorse, per cui in questi casi il saldo (rapporto entrate-uscite) non può che sballare: se un anno entrano le risorse, e l’anno dopo escono per realizzare un’opera, da un punto di vista pratico si agisce nella correttezza (perché vengono investite risorse accantonate e a disposizione), ma dal punto di vista contabile i saldi non tornano, perché il primo anno avrò più entrate che uscite (e quindi il comportamento, ai fini del Patto, sarà considerato positivo), mentre l’anno dopo avrò più uscite che entrate (e quindi il saldo finanziario sballerà, provocando il mancato rispetto del Patto).
Infine, due anni fa (attuale Governo Berlusconi) è stata introdotta un’ulteriore novità: per rispettare il saldo finanziario, il riferimento non è più il triennio precedente, ma un anno secco (nel 2009, ad esempio, i comuni non potevano peggiorare il saldo finanziario del 2007). La norma è di nuovo peggiorativa, perché in un triennio normalmente possono essere attutiti i picchi (positivi o negativi che siano) dei singoli anni, ma se il riferimento è un anno secco e se quell’anno il saldo, per qualsiasi ragione, era stato eccezionalmente positivo (molte più entrate rispetto alle spese) è chiaro che diventa pressoché impossibile raggiungere il medesimo risultato anche negli anni successivi: quindi sono di nuovo aumentati i vincoli per i comuni e le relative difficoltà a rispettare il Patto, minando di nuovo la loro autonomia.

Gli effetti del Patto per Roncadelle.
Per Roncadelle quest’ultima norma è stata fatale. Nel 2007, infatti, il Comune ha incassato gli oneri di una parte consistente della lottizzazione “Mella 2000” (la stessa dove è stata trasferita l’IKEA), un’entrata assolutamente eccezionale, irripetibile nella sua entità, che ha prodotto un saldo finanziario di gran lunga positivo. Facile immaginare quindi che nel 2009 è stato pressoché impossibile non peggiorare quel saldo. Attenzione: questo non significa che i conti del Comune siano peggiorati, che si siano creati deficit o debiti. No: il bilancio comunale continua ad essere sano, non sono stati spesi più soldi di quelli a disposizione. Semplicemente è stato impossibile rispettare quel determinato saldo finanziario e ciò ha comportato il non rispetto del Patto (identica situazione ha avuto il Comune di Brescia, ma poi è stato approvato in Parlamento il famoso emendamento “salva Brescia” e quindi la situazione si è risolta: beati loro…).
Le conseguenze delle sanzioni per il mancato rispetto del Patto di Stabilità nel 2009, sommate alle norme sempre più restrittive previste per tutti i comuni nel 2010, ha portato per Roncadelle a delle conseguenze paradossali: l’Amministrazione Comunale ha dovuto tagliare la spesa corrente di circa 800.000 Euro e può spendere per investimenti una cifra vicina allo 0 (zero!).
Cioè: ci sono i soldi, ma non si possono spendere…

La logica di tutto ciò.
Sembra una situazione senza senso, ma in realtà tutto ha una logica, anche situazioni perverse come questa. Visto che, come si diceva all’inizio, il Patto di Stabilità riguarda tutti gli enti territoriali di uno Stato, in Italia si è pensato bene di rispettarlo a scapito di Regioni, Province e Comuni. In parole povere: con questi vincoli si vuole compensare il deficit dello Stato centrale con i surplus imposti ai Comuni (che hanno i soldi, ma non possono spenderli e quindi creano degli avanzi…) così da rispettare il Patto. Ma il guaio è che i conti tornano, ma solo dal punto di vista contabile, perché nella realtà il deficit dello Stato centrale resta intatto, e i comuni hanno soldi che non possono investire, rischiando di compromettere la qualità dei servizi e la possibilità di fare investimenti (cosa grave, in particolare in un momento di crisi come quello attuale)

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