domenica 29 maggio 2016

La revisione costituzionale, 5



I veri partigiani voteranno si? 

Segue da: 

L'art. 70, il SenatoQuousque tandem, abutere patientia nostra?


La lettera dei costituzionalisti


Tentare un approfondimento nel merito in tema di revisione costituzionale può apparire velleitario, quando da una parte già si è messa in campo una macchina da guerra pubblicitaria e propagandistica che avanza a suon di slogan, di forzature, di semplificazioni ad effetto, quando non con falsi storici e politici.
Dall'altra parte si colloca la destra berlusconiana, che di buona lena aveva iniziato a manomettere la costituzione concordemente col PD renziano, per poi innalzare steccati dopo essere stata buggerata in corsa. Più nobile, si fa per dire, appare la destra neofascista, salviniana e non, che risibilmente si aggrappa ai valori della democrazia costituzionale, repubblicana e nazionale che i suoi non nobili padri fondatori hanno volentieri e dichiaratamente beffeggiato in un passato assai recente. L'unica credibilità che si può assegnare a questi falsi paladini della legalità costituzionale è la volontà di abbattere Renzi, ma questo è fuorviante per i nostri scopi.
Defilato, per  il momento il Movimento 5 Stelle, ma la partecipazione al Comitato per il NO e le argomentazioni sin qui avanzate pescano proprio nel merito: le reali intenzioni si potranno comunque capire solo dalla stretta finale e soprattutto dopo gli eventuali riposizionamenti in seguito alle prossime comunali.  

Approfondimenti.
Riportiamo di seguito, ignorando volutamente le improvvisazioni della Boschi, i termini di un dibattito più civile e ragionato tra senatori PD e Carlo Smuraglia, presidente dell'ANPI e partigiano "vero":
 La lettera dei senatori PD all'ANPI

La risposta del Presidente ANPI 




lunedì 23 maggio 2016

La lettera di Pannella al Papa





Per chi non legge Famiglia Cristiana:




"Essere Speranza cioè vivere come soggetto attore della speranza, vivere nel modo e nel verso in cui si spera vadano le cose, essendo noi stessi proposta, prova e corpo del cambiamento- contro le speranze oggetto, semplicemente intese come qualcos’ altro da noi, di cui si attende e si aspetta il verificarsi.

“Spes contra spem” deriverebbe da un passaggio di Paolo di Tarso, in cui l’apostolo si esprime con riferimento all’atteggiamento dell’incrollabile fede di Abramo. «Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza» (San Paolo, Lettera ai Romani, 4,18).

La frase fu ripresa da Giorgio La Pira, che la utilizzò ripetutamente per sottolineare il proprio atteggiamento di fronte a chi dubitava o voleva contrapporgli la crudezza delle circostanze reali. Adottò la frase come motto, simbolo dell’idea audace di chi sa “osare l’inosabile”.

Marco Pannella sottolinea, invece, come nella locuzione latina “Spes” sia soggetto contrapposto (contra) a “spem“, che nella coniugazione è oggetto. Dunque, dice Pannella, questa locuzione mette in contrapposizione “l’essere speranza”, il tentativo di essere speranza, la Speranza intesa come processo attivo di cambiamento  contro l’illusione e la debolezza semplicemente di avere delle speranze.

Nell’ avere speranze si può solo passivamente aspettare che ciò che auspichiamo si realizzi, ma quando le condizioni esterne sembrano essere del tutto inadatte ed avverse, allora la nostra fede o convinzione vacilla- e subentra la disperazione. Infatti le speranze “oggetto”, intese come sogni, desideri, auspici dipendono dal contesto esterno mentre la Speranza, l’Essere Speranza come azione è propria del soggetto- e dunque non può mai essere eliminata e cancellata, poichè il soggetto è lui stesso espressione e manifestazione di ciò che egli si aspetta anche negli altri e altrove." Nota da Conoscere X R-esistere 

venerdì 20 maggio 2016

La revisione costituzionale, 4








L' Appello dei costituzionalisti











Segue da: L'art. 70, il Senato

Le riforme degli altri


Come si può leggere nel documento che segue, nessuna pregiudiziale chiusura alle revisioni costituzionali e il riconoscimento di alcuni punti di forza nel disegno di legge Boschi-Renzi: forti preoccupazioni, invece,   sui rischi di "nuove disfunzioni del sistema" (vedi art. 70) e "dell'appannamento di alcuni dei criteri portanti dell'impianto e dello spirito della Costituzione".
Particolarmente interessante, per il Veneto, in questo momento politico e in vista di un referendum locale, lo sviluppo del punto 4: autonomia delle regioni..





Di fronte alla prospettiva che la legge costituzionale di riforma della Costituzione sia sottoposta a referendum nel prossimo autunno, i sottoscritti, docenti, studiosi e studiose di diritto costituzionale, ritengono doveroso esprimere alcune valutazioni critiche.
Non siamo fra coloro che indicano questa riforma come l’anticamera di uno stravolgimento totale dei principi della nostra Costituzione e di una sorta di nuovo autoritarismo.
Siamo però preoccupati che un processo di riforma, pur originato da condivisibili intenti di miglioramento della funzionalità delle nostre istituzioni, si sia tradotto infine, per i contenuti ad esso dati e per le modalità del suo esame e della sua approvazione parlamentare, nonché della sua presentazione al pubblico in vista del voto popolare, in una potenziale fonte di nuove disfunzioni del sistema istituzionale e nell’appannamento di alcuni dei criteri portanti dell’impianto e dello spirito della Costituzione.
1. Siamo anzitutto preoccupati per il fatto che il testo della riforma – ascritto ad una iniziativa del Governo – si presenti ora come risultato raggiunto da una maggioranza (peraltro variabile e ondeggiante) prevalsa nel voto parlamentare («abbiamo i numeri») anziché come frutto di un consenso maturato fra le forze politiche; e che ora addirittura la sua approvazione referendaria sia presentata agli elettori come decisione determinante ai fini della permanenza o meno in carica di un Governo. La Costituzione, e così la sua riforma, sono e debbono essere patrimonio comune il più possibile condiviso, non espressione di un indirizzo di Governo e risultato del prevalere contingente di alcune forze politiche su altre. La Costituzione non è una legge qualsiasi, che persegue obiettivi politici contingenti, legittimamente voluti dalla maggioranza del momento, ma esprime le basi comuni della convivenza civile e politica. È indubbiamente un prodotto “politico”, ma non della politica contingente, basata sullo scontro senza quartiere fra maggioranza e opposizioni del momento. Ecco perché anche il modo in cui si giunge ad una riforma investe la stessa “credibilità” della Carta costituzionale e quindi la sua efficacia. Già nel 2001 la riforma del titolo V, approvata in Parlamento con una ristretta maggioranza, e pur avallata dal successivo referendum, è stato un errore da molte parti riconosciuto, e si è dimostrata più fonte di conflitti che di reale miglioramento delle istituzioni.
 2. Nel merito, riteniamo che l’obiettivo, pur largamente condiviso e condivisibile, di un superamento del cosiddetto bicameralismo perfetto (al quale peraltro sarebbe improprio addebitare la causa principale delle disfunzioni osservate nel nostro sistema istituzionale), e dell’attribuzione alla sola Camera dei deputati del compito di dare o revocare la fiducia al Governo, sia stato perseguito in modo incoerente e sbagliato. Invece di dare vita ad una seconda Camera che sia reale espressione delle istituzioni regionali, dotata dei poteri necessari per realizzare un vero dialogo e confronto fra rappresentanza nazionale e rappresentanze regionali sui temi che le coinvolgono, si è configurato un Senato estremamente indebolito, privo delle funzioni essenziali per realizzare un vero regionalismo cooperativo: esso non avrebbe infatti poteri effettivi nell’approvazione di molte delle leggi più rilevanti per l’assetto regionalistico, né funzioni che ne facciano un valido strumento di concertazione fra Stato e Regioni. In esso non si esprimerebbero le Regioni in quanto tali, ma rappresentanze locali inevitabilmente articolate in base ad appartenenze politico-partitiche (alcuni consiglieri regionali eletti – con modalità rinviate peraltro in parte alla legge ordinaria – anche come senatori, che sommerebbero i due ruoli, e in Senato voterebbero ciascuno secondo scelte individuali). Ciò peraltro senza nemmeno riequilibrare dal punto di vista numerico le componenti del Parlamento in seduta comune, che è chiamato ad eleggere organi di garanzia come il Presidente della Repubblica e una parte dell’organo di governo della magistratura: così che queste delicate scelte rischierebbero di ricadere anch’esse nella sfera di influenza dominante del Governo attraverso il controllo della propria maggioranza, specie se il sistema di elezione della Camera fosse improntato (come lo è secondo la legge da poco approvata) a un forte effetto maggioritario.
 3. Ulteriore effetto secondario negativo di questa riforma del bicameralismo appare la configurazione di una pluralità di procedimenti legislativi differenziati a seconda delle diverse modalità di intervento del nuovo Senato (leggi bicamerali, leggi monocamerali ma con possibilità di emendamenti da parte del Senato, differenziate a seconda che tali emendamenti possano essere respinti dalla Camera a maggioranza semplice o a maggioranza assoluta), con rischi di incertezze e conflitti.
4. L’assetto regionale della Repubblica uscirebbe da questa riforma fortemente indebolito attraverso un riparto di competenze che alle Regioni toglierebbe quasi ogni spazio di competenza legislativa, facendone organismi privi di reale autonomia, e senza garantire adeguatamente i loro poteri e le loro responsabilità anche sul piano finanziario e fiscale (mentre si lascia intatto l’ordinamento delle sole Regioni speciali). Il dichiarato intento di ridurre il contenzioso fra Stato e Regioni viene contraddetto perché non si è preso atto che le radici del contenzioso medesimo non si trovano nei criteri di ripartizione delle competenze per materia – che non possono mai essere separate con un taglio netto – ma piuttosto nella mancanza di una coerente legislazione statale di attuazione: senza dire che il progetto da un lato pretende di eliminare le competenze concorrenti, dall’altro definisce in molte materie una competenza «esclusiva» dello Stato riferita però, ambiguamente, alle sole «disposizioni generali e comuni». Si è rinunciato a costruire strumenti efficienti di cooperazione fra centro e periferia. Invece di limitarsi a correggere alcuni specifici errori della riforma del 2001, promuovendone una migliore attuazione, il nuovo progetto tende sostanzialmente, a soli quindici anni di distanza, a rovesciarne l’impostazione, assumendo obiettivi non solo diversi ma opposti a quelli allora perseguiti di rafforzamento del sistema delle autonomie.
5. Il progetto è mosso anche dal dichiarato intento (espresso addirittura nel titolo della legge) di contenere i costi di funzionamento delle istituzioni. Ma il buon funzionamento delle istituzioni non è prima di tutto un problema di costi legati al numero di persone investite di cariche pubbliche (costi sui quali invece è giusto intervenire, come solo in parte si è fatto finora, attraverso la legislazione ordinaria), bensì di equilibrio fra organi diversi, e di potenziamento, non di indebolimento, delle rappresentanze elettive. Limitare il numero di senatori a meno di un sesto di quello dei deputati; sopprimere tutte le Province, anche nelle Regioni più grandi, e costruire le Città metropolitane come enti eletti in secondo grado, anziché rivedere e razionalizzare le dimensioni territoriali di tutti gli enti in cui si articola la Repubblica; non prevedere i modi in cui garantire sedi di necessario confronto fra istituzioni politiche e rappresentanze sociali dopo la soppressione del Cnel: questi non sono modi adeguati per garantire la ricchezza e la vitalità del tessuto democratico del paese, e sembrano invece un modo per strizzare l’occhio alle posizioni tese a sfiduciare le forme della politica intesa come luogo di partecipazione dei cittadini all’esercizio dei poteri.
6. Sarebbe ingiusto disconoscere che nel progetto vi siano anche previsioni normative che meritano di essere guardate con favore: tali la restrizione del potere del Governo di adottare decreti legge, e la contestuale previsione di tempi certi per il voto della Camera sui progetti del Governo che ne caratterizzano l’indirizzo politico; la previsione (che peraltro in alcuni di noi suscita perplessità) della possibilità di sottoporre in via preventiva alla Corte costituzionale le leggi elettorali, così che non si rischi di andare a votare (come è successo nel 2008 e nel 2013) sulla base di una legge incostituzionale; la promessa di una nuova legge costituzionale (rinviata peraltro ad un indeterminato futuro) che preveda referendum propositivi e di indirizzo e altre forme di consultazione popolare.
7. Tuttavia questi aspetti positivi non sono tali da compensare gli aspetti critici di cui si è detto. Inoltre, se il referendum fosse indetto – come oggi si prevede – su un unico quesito, di approvazione o no dell’intera riforma, l’elettore sarebbe costretto ad un voto unico, su un testo non omogeneo, facendo prevalere, in un senso o nell’altro, ragioni “politiche” estranee al merito della legge. Diversamente avverrebbe se si desse la possibilità di votare separatamente sui singoli grandi temi in esso affrontati (così come se si fosse scomposta la Riforma in più progetti, approvati dal Parlamento separatamente).

Per tutti i motivi esposti, pur essendo noi convinti dell’opportunità di interventi riformatori che investano l’attuale bicameralismo e i rapporti fra Stato e Regioni, l’orientamento che esprimiamo è contrario, nel merito, a questo testo di riforma.
Aprile 2016

Francesco Amirante, magistrato;
Vittorio Angiolini, Università di Milano Statale;
Luca Antonini, Università di Padova;
Antonio Baldassarre, Università LUISS di Roma;
Sergio Bartole, Università di Trieste
Ernesto Bettinelli, Università di Pavia
Franco Bile, Magistrato
Paolo Caretti, Università di Firenze
Lorenza Carlassare, Università di Padova
Francesco Paolo Casavola, Università di Napoli Federico II
Enzo Cheli, Università di Firenze
Riccardo Chieppa, Magistrato
Cecilia Corsi, Università di Firenze
Antonio D’Andrea, Università di Brescia
Ugo De Siervo, Università di Firenze
Mario Dogliani, Università di Torino
Gianmaria Flick, Università LUISS di Roma
Franco Gallo, Università LUISS di Roma
Silvio Gambino, Università della Calabria
Mario Gorlani, Università di Brescia
Stefano Grassi, Università di Firenze
Enrico Grosso, Università di Torino
Riccardo Guastini, Università di Genova
Giovanni Guiglia, Università di Verona
Fulco Lanchester, Università di Roma La Sapienza
Sergio Lariccia, Università di Roma La Sapienza
Donatella Loprieno, Università della Calabria
Joerg Luther, Università Piemonte orientale
Paolo Maddalena, Magistrato
Maurizio Malo, Università di Padova
Andrea Manzella, Università LUISS di Roma
Luigi Mazzella, Avvocato dello Stato
Alessandro Mazzitelli, Università della Calabria
Stefano Merlini, Università di Firenze
Costantino Murgia, Università di Cagliari
Guido Neppi Modona, Università di Torino
Walter Nocito, Università della Calabria
Valerio Onida, Università di Milano Statale
Saulle Panizza, Università di Pisa
Maurizio Pedrazza Gorlero, Università di Verona
Barbara Pezzini, Università di Bergamo
Alfonso Quaranta, Magistrato
Saverio Regasto, Università di Brescia
Giancarlo Rolla, Università di Genova
Roberto Romboli, Università di Pisa
Claudio Rossano, Università di Roma La Sapienza
Fernando Santosuosso, Magistrato
Giovanni Tarli Barbieri, Università di Firenze
Roberto Toniatti, Università di Trento
Romano Vaccarella, Università di Roma La Sapienza
Filippo Vari, Università Europea di Roma
Luigi Ventura, Università di Catanzaro
Maria Paola Viviani Schlein, Università dell’Insubria
Roberto Zaccaria, Università di Firenze
Gustavo Zagrebelsky, Università di Torino

martedì 17 maggio 2016

La revisione costituzionale, 3




Le revisioni degli altri. 








Entrata in vigore nel 1789, la Costituzione Americana ha subito in più di 200 anni soltanto 27 emendamenti. Ogni anno ne vengono proposti un centinaio, ma il congresso li boccia praticamente tutti. 

In  Francia, dal 1958, cioè dalla nascita della Quinta repubblica gollista, sono state fatte soltanto 24 revisioni costituzionali, di importanza differente: tutte, tranne una, approvate dal Congrès (assemblea nazionale e Senato in seduta congiunta). Un tentativo di revisione della costituzione (per altro su questioni minori: il trasferimento di alcuni poteri alle regioni e la trasformazione del Senato, che in Francia non ha mai avuto grande rilievo istituzionale, in sede di rappresentanza di organizzazioni professionali e sindacali regionali) fu fatale al maresciallo De Gaulle, il quale, come promesso nell'indire il referendum, si dimise dopo aver perso la consultazione. Un illustre precedente per il nostro premier! 
La costituzione spagnola del 1978, sinora è stata emendata solo due volte: nel 1992, in tema di diritti elettorali degli stranieri e nel 2011, con l'introduzione del principio della stabilità di bilancio nella Costituzione stessa. Entrambe le modifiche furono approvate dalle due camere in meno di 15 giorni! Quindi si può essere veloci, più veloci che in Italia sicuramente, anche con due camere..

Ma tornando alle cose italiane, il disegno di legge Boschi/Renzi di revisione della Costituzione italiana ne modifica o ne abroga in un colpo solo ben 47 articoli. Tecnicamente si tratta di una "revisione costituzionale", di fatto di una mutazione molto profonda e per certi versi contraddittoria e discutibilissima dal punto di vista della tenuta democratica del paese.  La fretta, non dettata da nessuna urgenza politica, sociale ed economica manda all'aria l'assetto complessivo dello Stato italiano, sbilanciando i poteri a favore dell'esecutivo e limando ogni possibile contrappeso. 
Tutto quello che è a fondamento della moderne democrazie a partire da Montesquieu, cioè la separazione dei poteri,  viene stravolto e pericolosamente accentrato nel controllo di un uomo solo.  Infatti qualsiasi nuovo premier (e sottolineo qualsiasi, che si chiami Renzi, Salvini, Di Maio o figlio di n.n.) otterrebbe un cumulo di poteri immediatamente spendibili, quanto di più lontano dalla più  lenta, ma più garantista dialettica democratica. Il premier si troverebbe a presiedere l'esecutivo, ma nello stesso tempo controllerebbe il potere legislativo (parlamento) attraverso il sistema dei nominati e dello spropositato premio di maggioranza che potrà essere assegnato anche ad un partito del 20% o poco più (Italicum). Ma non è finita: attraverso il parlamento il premier controllerebbe la nomina del presidente della Repubblica, della Corte costituzionale, mentre importanti cariche di garanzia, negli organismi di sorveglianza, di controllo e nelle authority, sono già nelle sue disponibilità. Neanche il presidente degli Stati Uniti, con buona pace di  Trump, si troverebbe a godere di un potere così ampio. 

Fonte: atti della Camera dei Deputati




  

domenica 15 maggio 2016

La revisione costituzionale, 2

Catilina entra in Senato e  si ritrova solo...




Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?










 Segue da: Art. 70, il Senato

Già, fin quando? Per saperlo dovremo aspettare il referendum di ottobre. La cosa già parte male, perchè l'art. 138 della Costituzione, prevede il referendum qualora la legge di revisione  non venga approvata con la maggioranza dei due terzi. L'anomalia è che, nel nostro caso, a promuovere il referendum non sono stati gli oppositori della legge ma i membri stessi della maggioranza che l'ha approvata: segno della inequivocabile volontà di farne surrettiziamente un plebiscito pro Renzi. Après moi le déluge, ma anche quello finì male, almeno in politica estera, se ben ricordo..
Comunque un altro piccolo sfregio; la Costituzione è di tutti: il governo che ne ha promosso la revisione, giungendo in fondo a colpi di maggioranze variabili, non ne è il proprietario e tra l'altro non sarebbe nel suo interesse, a ben guardare. Provate a rivedere, infatti, come è finito il precedente referendum confermativo (2006, riforma Berlusconi), in questo link. 
Poichè la volta scorsa siamo partiti dal "pasticciaccio brutto" dell'art. 70, continuiamo sempre col Senato. Nella revisione dell'art 57 si annida un ulteriore pasticcio, che grida vendetta dal punto di vista lessicale e logico, prima ancora che politico. 
I senatori sono nominati (dai consigli regionali) ...in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma.
Questo è il massimo del compromesso concesso da Renzi alle minoranze interne del PD e da queste accettato con slancio: qua ci vorrebbe  Fracchia a commentare.
Ma il peggio viene al comma successivo: entrambe le camere approvano la legge che regola "le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato".
Ma quali camere: le attuali? e se non ce la fanno entro ottobre? oppure le nuove camere, che devono essere elette, la prima con l'Italicum e la seconda con le modalità che devono essere ancora codificate? Materia da psichiatri più che da costituzionalisti...
Ma il cavallo di battaglia renziano è il risparmio. Nessun dubbio che la propaganda batterà su questo punto: noi siamo contro la casta  e contro gli sprechi, abbiamo ridotto il numero dei senatori e in più non li paghiamo. Peccato che la quota di risparmio sulle prebende senatoriali incida solo per un quinto (300.000 euro all'anno) delle spese di mantenimento della macchina amministrativa di Palazzo Madama. Per il primo anno proprio quanto che si poteva risparmiare unificando amministrative e referendum sulle trivelle. O no? 
Ma ecco di seguito il confronto, perdente, tra l'originale e l'innovazione. 

ART. 57 Vigente(Modificato dalle leggi costituzionali n. 2 e n. 3 del 1963)
Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.
Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno.
La ripartizione dei seggi tra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del precedente
comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo censimento generale,sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

Art. 57 modificato nel 2016.
Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica.
I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano ne ha due.
La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma.
Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio.

martedì 10 maggio 2016

La revisione costituzionale, 1



L'articolo 70, il Senato.










Il primo ministro la chiama impropriamente "riforma", mentre l'art. 138 sulla base del quale é stata fatta si limita al termine "revisione". Di fatto rischia di essere uno stravolgimento completo dell'impianto costituzionale; prontamente quindi é stata ridefinita la "deforma".
Inizia con questo articolo una serie di riflessioni sul testo, portato a "casa" (quale?) dal governo Renzi, con maggioranze continuamente variabili, tra i mal di pancia mai concretamente espressi dai dissidenti del suo stesso partito. 
Si tratta di un'operazione monstre, di cui,  in questa serie di articoli si cercherà di fare un approfondimento, ricorrendo un po' al buon senso comune, un po' al parere di esperti.
Oggi tocca all'art. 70, la tanto decantata abolizione del Senato. Una semplificazione talmente cogente che per esprimerla si è dovuto fare ricorso alle contorsioni verbali che leggerete di seguito. Una prosa da maxi-emendamento, o da decreto omnibus, è stata definita e  non a torto. Nel testo sono evidenziate in neretto solo due delle perle che contiene: l'assoluta accelerazione dei tempi, tipica dello stile renziano, di cui potrebbe però approfittare qualsiasi altro arruffapopolo che presto o tardi potrebbe prendere il suo posto. Un'accelerazione facilmente perseguibile da una camera di nominati che svolgono o dovrebbero svolgere anche un altro lavoro (deputati regionali o sindaci)...
E' molto facile prevedere le trappole giuridiche, le impreviste ambiguità e i casi dubbi che possono fortemente pregiudicare la presunta semplificazione e accelerazione. Al sistema attuale della doppia lettura, infatti, si sostituiscono ben sette procedimenti diversi per i diversi tipi di legge (provare a contare per credere!), a cui si aggiunge (all'art. 71, ultimo comma) l'intervento diretto del governo nel procedimento legislativo.
La definizione  e la classificazione assai complesse  dei sette procedimenti diversi, rende inevitabili i conflitti di competenza e di attribuzione. Gli eventuali conflitti, già previsti dalla ""riforma, pardon revisione, saranno composti dai presidenti di camera e senato d'accordo tra loro. E se non dovessero raggiungere un accordo?

Art. 70.Versione vigente. Parole 9.
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.

La nuova versione. Parole 363:
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali in materia di tutela delle minoranze linguistiche, di referendum popolare, per le leggi che danno attuazione all'articolo 117, secondo comma, lettera p), per la legge di cui all'articolo 122, primo comma, e negli altri casi previsti dalla Costituzione.
Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati.
Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all'esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata.
Per i disegni di legge che dispongono nelle materie di cui agli articoli 114, terzo comma, 117, commi secondo, lettera u), quarto, quinto e nono, 118, comma quarto, 119, terzo, quarto, limitatamente agli indicatori di riferimento, quinto e sesto comma, 120, secondo comma, e 132, secondo comma, nonché per la legge di cui all’articolo 81, sesto comma, e per la legge che stabilisce le forme e i termini per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
I disegni di legge di cui all'articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione. Per tali disegni di legge le disposizioni di cui al comma precedente si applicano nelle medesime materie e solo qualora il Senato della Repubblica abbia deliberato a maggioranza assoluta dei suoi componenti.


Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all'esame della Camera dei deputati

lunedì 9 maggio 2016

Calendario scolastico spot: vacanze alpine a Treviso


Tre colori, una penna, un solo inno 







Un serio antidoto nazionale alle derive  localistiche.
Dopo il 1967 e il 1994, nel 2017 il raduno nazionale degli alpini ritornerà  a Treviso. L'ultima volta per il Veneto era stata nel 2008 a Bassano del Grappa. A Padova era toccato nel 1976 e nel 1998; ne ho un ricordo controverso: grandi e generose opere, innumerevoli "farmacie alpine" e grandi oscene bevute collettive. 
Ma questo è solo folklore, l'anima collettiva del corpo esprime molto altro. Basti ricordare, per Padova, la realizzazione del parco degli Alpini, a Montà, ricavato in poche settimane nel 1998 da un luogo destinato a discarica. Che l'ineffabile Donazzan si appropri di questa festa di popolo, sino a introdurla nel calendario scolastico regionale merita qualche parola.  Cosa c'entrano gli alpini con il calendario scolastico? pochi hanno notato nel comunicato stampa della regione Veneto che gli alunni di Treviso e provincia non "godranno" della settimana dello sport a cavallo tra febbraio e marzo, ma di una quasi estiva "settimana degli alpini" tra l'11 e il 15 maggio, in concomitanza con l'adunata nazionale.  
Da chi nella scuola è passato per caso e magari con scarsi risultati, ci si può aspettare questo e altro: una vacanza a ridosso della faticosa conclusione dell'anno scolastico, a ridosso degli scrutini, degli ultimi compiti in classe, della predisposizione del documento finale per la maturità, in un periodo in cui per disposizione ministeriale sono vietate gite e visite guidate. Un'ulteriore prova, se ce ne fosse bisogno, che della scuola ai responsabili politici di ogni livello (nazionale, regionale e comunale) importa proprio poco...spesso non per sola incapacità, ma soprattutto per ignoranza.

domenica 8 maggio 2016

Convocazione consiglio comunale, 10 barra 11 maggio




La lotteria











La riunione del Consiglio comunale viene viene indetta per la terza volta attraverso una doppia chiamata: in prima o in seconda convocazione. La scelta della seduta a cui presentarsi, per i consiglieri di minoranza e soprattutto per il coraggioso pubblico, è demandata semplicemente al lancio della moneta. Chi sbaglia è comunque... un paracarro .
 Non è infatti prassi consolidata, in questo comune, andare sempre in seconda convocazione, nonostante quanto ha affermato il sindaco in una sua recente  dichiarazione alla stampa, che mi auguro, per il residuo di normale dialettica politica e rispetto dei cittadini, sia stata stravolta dalla "giornalista" convocata allo scopo. 
Sempre nella stessa intervista si affermava che atti ispettivi della polizia locale vengono avviati anche a seguito di segnalazioni sul web: una buona notizia, da un lato, il riscoperto interesse per il web da parte di una amministrazione per altri versi trogloditica, ma siamo sicuri che sia una prassi corretta? Lo sa il Sindaco che nella rete girano tanti  imbecilli? che nella rete sguazzano calunniatori seriali, parenti in incognito, mitomani dall'identità travisata, nostalgici dell'ancien  régime (per essere espliciti, fascisti dichiarati)? terreno infido per avviare procedimenti amministrativi...
Ma torniamo al consiglio comunale di maggio (il secondo dell'anno, per la cronaca..): si accettano scommesse, ma alcuni fortunati potrebbero essere aiutati dalla concomitanza con una parallela convocazione, che farebbe propendere per l'10 (martedi e non mercoledì..).
I cittadini ringraziano! 





Informazioni

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