venerdì 31 gennaio 2014

Guerriglia a Montecitorio




Dopo il "boia chi molla", sdoganata anche la fellatio






Chi ha l'età ricorda i mitici salti dello scranno di Giancarlo Pajetta, il filibusterling di Pannella, che lo faceva senza nessuno sforzo, essendo prolisso di natura, i cazzotti, veri e non metaforici, tra comunisti e fascisti, l'aria severa, da preside di una volta, della Jotti, la passione che talvolta travolgeva i singoli parlamentari, i capigruppo che si scusavano, richiamavano i loro  e ricucivano. 
Nessun gruppo avrebbe mai avallato un assalto di massa ai banchi del Governo, e l'occupazione, se non simbolica, di un'aula: si sarebbe gridato al colpo di Stato.

Invece in questi giorni è successo; un gruppo di giovanotte e giovanotti (anche qua una bella differenza epocale: questi hanno 40 anni, Pajetta ai bei tempi ne aveva 25!), con al fianco il navigato Ignazio nazionale, hanno infranto gli ultimi tabù, atterrando di natiche con un mezzo fotsbury sui banchi del governo e sdoganando il boia chi molla, la fellatio e l'onanismo (da parte di tale Segoni, un nome-un programma!); a quando il cunnilictus? 
Certo qualche sberla l'hanno presa anche loro, ma l'audience è stata assicurata.

E venendo al Presidente della Camera, che dire? per la carica che ricopre non può che far funzionare l'organo che presiede, garantendo i diritti della minoranza, ma anche quelli della maggioranza (pur se schizofrenica e pasticciona). La Boldrini, indipendentemente dalla propria appartenenza politica e dalle proprie convinzioni personali, all'avvicinarsi della scadenza dei tempi utili, non poteva fare altrimenti e nel farlo ha dimostrato un grande coraggio e rispetto delle istituzioni.
Non altrettanto si può dire per le voci dal sen fuggite (boia, boia chi molla ecc. ecc.). Chi non ha nel suo vocabolario questi termini pur essendo ugualmente e legittimamente incazzato, dovrebbe proprio chiedersi perché nei momenti di tensione a qualcuno sfuggano questi termini e non altri altrettanto pesanti, ma meno evocativi. In Sicilia si direbbe che qualcuno, traduco, "é uscito al naturale". 

Lo schema é sempre lo stesso, da febbraio 2013 in poi: rendo le cose impossibili, non cerco nessuna mediazione e quando l'inevitabile succede ed in genere succede sempre il peggio, visti i personaggi della parte avversa,  é colpa solo degli altri; noi, invece, siamo immacolati. Se qualcuno critica, o è un venduto, o un complice del sistema, o un rincoglionito vetero comunista (già sentita questa da altre parti), o un nostalgico o non é in grado di vedere il fantastico sol dell'avvenir o nei casi più benevoli non si informa (sul blog padronale, o.c.).
  
Di seguito un modesto contributo alla comprensione e al giudizio degli ultimi fatti con una essenziale rassegna stampa. 

Cosa prevede il decreto IMU-Banchitalia?

La Stampa

Today.it- Intervista a De Lorenzis (M5S)

Il Fatto quotidiano. Ecco perche il decreto del governo é un regalo alle banche

SEL, il decreto e gli scontri in aula

Il Sole 24 h

PMI.it, i pro e i contro per imprese e banche

Il video di youdem

giovedì 30 gennaio 2014

Accadde in Italia, 1






Il "Manifesto della razza", 1938

Da "La difesa della razza", anno I, numero 1, 5 agosto 1938







Il ministro, segretario del partito ha ricevuto, il 26 luglio XVI, un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, che hanno, sotto l’egida del Ministero della Cultura Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che fissano le basi del razzismo fascista.

1. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi.


Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.



2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.


3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza.  


Studenti Erasmus

Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.

e la mora a sx?
4. La popolazione dell'Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.

5. È una leggenda l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d'Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l'Italia da almeno un millennio.

Pura razza italiana
6. Esiste ormai una pura "razza italiana". Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.

7. È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico.
Robert Capa, agosto '43
Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l'Italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.


8. È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall'altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.

Pio La Torre, sicuramente ariano, ma comunista
9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.

10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L'unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.

Elenco dei 10 scienziati italiani firmatari del manifesto della razza**:
Lino Businco, Assistente alla cattedra di patologia generale all'Università di Roma
Lidio Cipriani, Professore incaricato di Antropologia all'Università di Firenze
Arturo Donaggio, Direttore della Clinica Neuropsichiatrica dell'Università di Bologna, Presidente della Società Italiana di Psichiatria
Leone Franzi, Assistente nella Clinica Pediatrica dell'Università di Milano
Guido Landra, Assistente alla cattedra di Antropologia all'Università di Roma
Nicola Pende, Direttore dell'Istituto di Patologia Speciale Medica dell'Università di Roma
Marcello Ricci, Assistente alla cattedra di Zoologia all'Università di Roma
Franco Savorgnan, Professore Ordinario di Demografia all'Università di Roma, Presidente dell'Istituto Centrale di Statistica
Sabato Visco, Direttore dell'Istituto di Fisiologia Generale dell'Università di Roma, Direttore dell'Istituto Nazionale di Biologia presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche
Edoardo Zavattari, Direttore dell'Istituto di Zoologia dell'Università di Roma



mercoledì 29 gennaio 2014

Il boia




non ci sto!







Passi per comunista, migliorista, buonista, inciucista, addormentato, vecchietto, lobbista, pensionato, "napoletano", criptodemocristiano, amico del giaguaro, golpista, reticente, sprecone, ma boia, proprio no! dopotutto é stato l'unico a fare fuori il bandito, con mezzi politici, al limite dei poteri, ma politici!

Cari "amici" di 5 stelle, se qualcuno tra di voi, esaltato dai pochi clik ricevuti che l'hanno portato in Parlamento e sentendosi forte dalla potenza del gruppo, l'ha fatta fuori dal pitale, fateglielo sapere e ditelo a tutti gli altri, senza aspettare un sondaggio, possibilmente.

Senza contare che la mia situazione é aggravata dal fatto che, in questa occasione, mi tocca pure dare ragione a Renzi... almeno quando afferma che per uno che dice bischerate, ce ne sono dieci di voi che lavorano seriamente!

martedì 28 gennaio 2014

Il giorno del ricordo, incontro a Mestrino



Seconda iniziativa dell'Associazione Storia e Vita in occasione del  giorno del ricordo,   in collaborazione con ANPI e ViviMestrino










Giorno del ricordo





Un pezzo di storia italiana,
 rimosso per troppi anni










La legge 92 del 2004 istituisce il  «Giorno del ricordo» in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e  delle vicende del confine orientale. Voluta dall'allora Alleanza Nazionale, ma poi sostenuta e votata da tutti i gruppi politici, prevede che " La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale."

   
Per comprendere sino in fondo gli orrori delle foibe, gli errori di valutazione e le ipocrisie della sinistra italiana di allora e le simmetriche strumentalizzazioni della parte opposta, la complessità di una situazione di confine con le sue interconnessioni familiari, sociali e linguistici, bisogna partire da molto lontano.
Dalla dominazione austriaca, paradossalmente più rispettosa delle diversità di quanto non sarebbero stati poi gli italiani, si passò alla dissennata opera di italianizzazione e fascistizzazione operata negli anni 20, che maturò i suoi frutti devastanti un quarto di secolo dopo.  
Le parole di Boris Pahor, triestino di lingua slovena, sopravvissuto poi ai campi di sterminio nazisti, ne scolpiscono l'avvio:
"...Già in gioventù ogni illusione ci era stata spazzata via dalla coscienza a colpi di manganello e ci eravamo gradualmente abituati all'attesa di un male sempre più radicale, è più apocalittico. Al bambino a cui era capitato in sorte di partecipare all'angoscia della propria comunità che veniva rinnegata e che assisteva passivamente alle fiamme che nel 1920 distruggevano il suo teatro nel centro di Trieste, a quel bambino era stata compromessa per sempre ogni immagine di futuro. Il cielo color sangue sopra il porto, i fascisti che dopo aver cosparso di benzina quelle mura aristocratiche, danzavano come selvaggi attorno al grande rogo: tutto ciò si era impresso nel suo animo infantile traumatizzandolo. E quello era stato solo l'inizio, perché in seguito il ragazzo si ritrovò  a essere considerato colpevole, senza sapere contro chi o contro che cosa avesse peccato. Non poteva capire che lo si condannasse per l'uso della lingua attraverso cui aveva imparato ad amare i genitori e cominciato a conoscere il mondo. Tutto divenne ancora più mostruoso quando a decine di migliaia di persone furono cambiati in cognome e il nome e non soltanto ai vivi, ma anche agli abitanti dei cimiteri. Ed ecco che quella soppressione, durata un quarto di secolo, raggiungeva lì nel campo il suo limite estremo, riducendo l'individuo a un numero..." Boris Pahpr, Necropoli- Fazi editore


La legge 92/04 completa


   

lunedì 27 gennaio 2014

Giornata della memoria

Hanna Arendt



    

        La banalità del male







""Quel che ora penso veramente è che il male non è mai 'radicale', ma soltanto estremo, e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla superficie come un fungo. Esso 'sfida' come ho detto, il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua 'banalità'. Solo il bene è profondo e può essere radicale.""



Nel 1961 Hannah Arendt seguì le 120 sedute del processo Eichmann Eichmann, il criminale nazista che , aveva coordinato l'organizzazione dei trasferimenti degli ebrei verso i vari campi di concentramento e di sterminio. Nel maggio 1960 era stato catturato in Argentina, dove si era rifugiato, da agenti israeliani e portato a Gerusalemme. Processato da un tribunale israeliano, nella sua difesa tenne a precisare che, in fondo, si era occupato "soltanto di trasporti". Fu condannato a morte mediante impiccagione e la sentenza fu eseguita il 31 maggio del 1962. 
Il resoconto di quel processo e le considerazioni che lo concludevano furono pubblicate su una e poi riunite nel 1963 nel libro "La banalità del male" 
Nel libro la Arendt analizza i modi in cui la facoltà di pensare può evitare le azioni malvagie. 
Sostiene che "le azioni commesse dai nazisti erano mostruose, ma chi le faceva era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso". 
L'immagine di Eichmann sembra essere quella di un uomo comune, caratterizzato dalla sua superficialità e mediocrità che lasciano stupiti se si pensa all'enormità del male commesso.
Ciò che la Arendt scorge in Eichmann non é neppure stupidità ma qualcosa di completamente negativo: l'incapacità di pensare. 

In un altro testo (L'origine del totalitarismo) la Arendt si domanda come sia stato possibile che solo poche persone non abbiano aderito al regime nazista e in più si chiede come abbiano fatto queste poche a resistere, malgrado le coercizioni e i terribili rischi.
A tale domanda risponde in maniera semplice: i non partecipanti, chiamati irresponsabili dalla maggioranza, sono gli unici che osano essere "giudicati da loro stessi"; e sono capaci di farlo non perché posseggano un miglior sistema di valori o perché i vecchi standard di "giusto e sbagliato" siano fermamente radicati nella loro mente e nella loro coscienza, ma perché essi si domandano fino a che punto essi sarebbero capaci di vivere in pace con loro stessi dopo aver commesso certe azioni.

 Questa capacità non necessita di una elevata intelligenza ma semplicemente dell'abitudine a vivere insieme, e in particolare con se stessi,  occupati in un dialogo silenzioso tra io e io, che da Socrate in poi è stato chiamato "pensare". 
L'incapacità di pensare non è stupidità: può essere presente nelle persone più intelligenti e la malvagità non è la sua causa, ma è necessaria per causare grande male. 
Dunque l'uso del pensiero previene il male. La capacità di pensare ha  la potenzialità di mettere l'uomo di fronte ad un quadro bianco senza bene o male, senza giusto o sbagliato, ma semplicemente attivando in lui la condizione per stabilire un dialogo con se stesso e permettendogli dunque di elaborare un giudizio circa tali eventi. 



sabato 25 gennaio 2014

La sentenza della Consulta, pareri a confronto 3






La relazione di Vendola 

al Congresso SEL







"E poi lo dico alla cultura liberale di un Paese in cui tutti si dichiarano liberali: vi sembra liberale questa supponenza e questo livore nei confronti delle minoranze? Voi avete sulle vostre pareti i poster di grandi personalità che hanno cambiato la storia del mondo: ma ciascuna di quelle personalità non si è dovuta affermare come minoranza attiva per poi accrescere la forza della propria testimonianza? Piero Calamandrei fu un protagonista limpidissimo e autorevolissimo dell’Assemblea Costituente, in cui fu eletto deputato nelle file di una formazione, il Partito d’Azione, che guadagnò l’1,5% dei voti. Nella melmosità e vischiosità del degrado della vita pubblica non vi pare che ci siano gli ingredienti di una livida auto-biografia della nazione e delle sue classi dirigenti, e che forse occorrano idee di minoranza per scuotere il grigiore e la pigrizia delle idee di maggioranza?" 



E per le persone di cultura, per i poeti, per i sognatori, per chi guarda alla gente e non al mercato, per chi ama la propria terra, per chi non si rassegna: 

la relazione completa

La sentenza della consulta, pareri a confronto 2

Roberto D'Alimonte





Le sicurezze di D'Alimonte








Ecco un estratto dell'intervista di D'Alimonte a Repubblica.
Restano ancora molti punti dubbi: i "partitini" in coalizione, che non raggiungono il quorum, contribuiscono magari a conquistare il premio di maggioranza e è poi vengono buttati via?
Come si concilia l'espulsione dei "piccoli" con il criterio della rappresentatività previsto dalla Costituzione? 
D'Alimonte crede veramente che le liste chiuse e l'enorme premio di maggioranza passino il vaglio della Consulta, solo perché c'è stato un accordo storico Renzi-Berlusconi? 
Crede veramente che collegi di 500.000 elettori permettano una conoscenza appropriata dei candidati? e soprattutto non sa che in tutto il mondo questo problema é stato risolto o con i collegi uninominali o con le preferenze? 
E a proposito di queste ultime, senza dimenticare gli scandali che hanno portato al referendum Segni, non pensa che si poteva evitare di espropriare gli elettori di quest'arma potentissima con qualche banale correttivo, come un tetto veramente minimo alle spese elettorali individuali? 
Un nuovo parlamento di nominati, nel M5S con pochi clik e negli altri partiti, almeno in quelli che non fanno le primarie, solo yes man, agli ordini del capo?    


Roberto D'Alimonte esperto di sistemi elettorali  ha contribuito in prima persona allo "storico" accordo Renzi - Berlusconi. In questa sintesi tratta dall'intervista di due giorni fa a Repubblica, le sue ragioni. Dalla sua sicuramente un elemento positivo: l'impossibilità delle multicandidature. Ma il resto?
Da discutere sicuramente il discorso sulle preferenze, ma capovolgendo il ragionamento  

Il piano di riforma elettorale è "un risultato insperato", "merito dell'abilità di Renzi di aver ottenuto il secondo turno di ballottaggio nel caso in cui nessuno superi il 35% dei voti". Lo dice il professor D'Alimonte in un'intervista a Repubblica, in cui torna a difendere la riforma di cui può considerarsi il regista.
Con lo sbarramento al 5% nel prossimo Parlamento - argomenta il politologo - sopravviveranno cinque partiti, "Pd, Fi, Ncd, M5S e Lega", mentre le liste bloccate "non sono il male assoluto. Possono essere usate molto bene, per esempio per equilibrare la presenza di genere [...]. Avrei preferito un sistema basato sui collegi uninominali e sul doppio turno. Ma ci siamo trovati di fronte alla netta ostilità di Berlusconi", convinto "che al secondo turno molti dei suoi elettori non vadano a votare, per pigrizia".
"L'unico modo per rendere governabile l'Italia - afferma - è un sistema maggioritario. Anzi, dis-proporzionale. Lo dico così perché so che in Italia ci sono ancora sostenitori del proporzionale, e risulta più chiaro che io sono di parere opposto. Il premio è troppo alto? Ma Tony Blair al suo terzo mandato ottenne il 55% dei seggi, con il 35% dei voti. E il Ps di Francois Hollande, al primo turno delle legislative, aveva il 29% dei voti: poi ebbe il 52% dei seggi".
Alla critica sollevata da molti - ossia che la soglia fissata al 35% per il premio di maggioranza sia troppo bassa - D'Alimonte risponde così: "Non siamo riusciti ad alzarla. Evidentemente Berlusconi spera di vincere al primo turno, evitando al ballottaggio al quale continua a guardare con un po' di diffidenza". Secondo il politologo, con lo sbarramento al 5% nel prossimo Parlamento avremo cinque partiti: Pd, Forza Italia, Ncd, M5S e Lega. "Poi - aggiunge - è probabile che Storace, La Russa e qualche altro presentino i loro simboli ma si procurino dei posti sicuri nelle liste di Berlusconi".
E ancora: "Ai sostenitori delle preferenze - aggiunge - vorrei ricordare che in Lombardia solo il 14 per cento degli elettori le ha usate, alle ultime regionali, contro il 90 per cento degli elettori calabresi. Allora mi domando: le preferenze favoriscono il voto di opinione o sono uno strumento di chi fa politica con metodi clientelari, se non addirittura criminali? E poi: le preferenze alzano a dismisura i costi delle campagne elettorali, portano corruzione e indeboliscono i partiti che diventano comitati elettorali".
Quanto al nome "Italicum", il professore ha delle riserve. È un nome "che non mi piace - spiega - mi ricorda l'Italicus. Diciamo che non porta bene". Di qui un appello: "Troviamo un altro nome".

venerdì 24 gennaio 2014

La sentenza della consulta, pareri a confronto, 1

Massimo Villone



La sentenza disattesa






La soglia minima del 35%, in tempi attuali configurerebbe un ulteriore elemento distorsivo della volontà popolare. Con un livello di astensionismo pari al 40%, un partito o una coalizione che conseguisse il 35% dei voti espressi, si troverebbe di fatto ad avere una maggioranza spropositata in aula, pur avendo ottenuto il consenso di appena il 35% del 60% dei votanti, cioè il gradimento di poco più del 20% degli elettori!!PM

Fu vera e pro­fonda sin­to­nia tra Renzi e Ber­lu­sconi? Vor­remmo dubi­tarne, anche se la pro­po­sta appro­vata dalla dire­zione del Pd ha subito avuto il «sin­cero e pieno apprez­za­mento» di Ber­lu­sconi. Ma poco importa. Conta invece capire se la pro­po­sta è com­pa­ti­bile con la Costituzione.
Dob­biamo anzi­tutto con­si­de­rare che con la sen­tenza 1/2014 la Corte costi­tu­zio­nale ha tra­sfor­mato il tema elet­to­rale da que­stione sostan­zial­mente rimessa alla deci­sione legi­sla­tiva e delle forze poli­ti­che in una que­stione di diritti fon­da­men­tali giu­sti­zia­bili davanti alla stessa Corte.
Quei diritti — in spe­cie gli artt. 48, 49, 51 — qua­li­fi­cano la Repub­blica come demo­cra­tica, e assi­cu­rano la rap­pre­sen­ta­ti­vità delle sue isti­tu­zioni. Dopo la sen­tenza, l’intervento del legi­sla­tore deve tro­vare giu­sti­fi­ca­zione in un obiet­tivo costi­tu­zio­nal­mente accet­ta­bile (prin­ci­pio di neces­sità) e rag­giun­gere l’obiettivo con il minimo di non arbi­tra­rio sacri­fi­cio (prin­ci­pio di ragio­ne­vo­lezza e pro­por­zio­na­lità). In ogni caso, senza ledere il nucleo pre­scrit­tivo incom­pri­mi­bile del diritto stesso. Non bastano più a soste­nere una pro­po­sta i man­tra del bipo­la­ri­smo e della governabilità.
Veniamo alla pro­po­sta: tre soglie di accesso al 5, 8 e 12%; pre­mio di mag­gio­ranza del 18% con soglia del 35%, e fino a con­cor­renza del 55% dei seggi; dop­pio turno per il pre­mio se nes­suno rag­giunge il 35% dei voti; mini­col­legi e liste bloc­cate brevi, con pri­ma­rie per la scelta dei can­di­dati. Si direbbe un sistema a metà strada tra il Por­cel­lum e il sin­daco d’Italia, con soglie per l’accesso e per il pre­mio accor­ta­mente costruite sui son­daggi secondo le con­ve­nienze dei due par­titi maggiori.
Due le domande: se la pro­po­sta è costi­tu­zio­nal­mente com­pa­ti­bile, e se fun­ziona. 

giovedì 23 gennaio 2014

In memoria

"La cultura permette di distinguere  tra bene e male, di giudicare chi ci governa. La cultura salva."



                                                             L'uomo di cultura
                                                     


                                                                    Il musicista   

mercoledì 22 gennaio 2014

Sei di Palermo?

La Vucciria di R. Guttuso






Sei di Palermo?

 











sei di Palermo se hai esclamato almeno una volta nella vita :" ma perchè aprirsi una panelleria o un ganci a Milano? quanti piccioli ti fai?"

sei di Palermo se la pressa per te non è semplicemente un compattatore, ma il metaforico discrimine tra l'utile e l'inutile

sei di Palermo se non sai come si dica calia e semenza in italiano

sei di Palermo se, indicando un supplì in un bar di Milano, chiedi un'arancina

sei di Palermo se alla vista del Cremlino la prima cosa che pensi è: "Certo, non è castello UTTUVEGGIO...però carino è"

sei di Palermo se hai subito un fermo

sei di Palermo se hai fatto un fermo

sei di Palermo se ti hanno fregato almeno una vespa

sei di Palermo se 'scendi' a Mondello e 'sali' a Palermo

sei di Palermo se la notte vai a smontare i pezzi dei dossi in favorita

sei di Palermo se non hai idea di dove sia viale margherita di Savoia, ma sai benissimo dov'è la discesa di Mondello (anche se la fai in salita)

sei di Palermo se il motore non è un pezzo della macchina, ma un mezzo di locomozione

sei di Palermo se 'scendimi le chiavi!'

sei di Palermo se riesci a NON vedere il mare da casa anche abitando a 20 metri dalla costa

sei di Palermo se "minchia favoloso"

Sei di Palermo se "alla festa c'era mezza Palermo"

sei di Palermo se 'che duciiii!!!'

sei di Palermo se 'ti sei ammuccato con...'

sei di Palermo se un tempietto non ha una funzione sacra...

sei di Palermo se 'compà, tuttapposto?'

sei di Palermo se appena lavi la macchina comincia a piovere... sabbia!

sei di Palermo se spendi 150.000 € l'anno in posteggiatori

sei di Palermo se all'estero tieni a esagerare la mitezza climatica della tua città

sei di Palermo se sai che l'unita' di misura della sasizza è il callozzo

sei di Palermo se continui a stupirti della tecnica di lancio dei 'ghiacciolari' dello stadio e continui a chiederti dove fanno gli allenamenti settimanali

sei di Palermo se, quando il Palermo pareggia 'finì a pasta chi saidde!'

se di Palermo se ... hai fatto almeno un goal di puntazza arraggiata

sei di Palermo se in autobus sali dall'uscita prima che la gente esca (e te ne rendi conto alla quindicesima cazziata presa all'estero)

sei di Palermo se la pasta al forno è troppo bella

sei di Palermo se ogni volta che c'è un incidente ti fermi bloccando il traffico per analizzare la situazione e poter dire la tua...ma anche se c'è un aggaddo

non sei a Palermo se due persone si insultano e si minacciano per un quarto d'ora senza che succeda ASSOLUTAMENTE NULLA. (...e quasi quasi ti viene voglia di infilarti e dare una boffa a muzzo, purché quaglino!)

sei di Palermo se in 'piazza Alcide de Gasperi' e in 'via Isidoro la Lumia' il nome proprio ce lo devi mettere per forza, ma come si chiama il signor Sciuti di 'via Sciuti' proprio non lo sai

sei di Palermo se il pulsante non lo premi, ma lo ammacchi

sei di Palermo se non sai dire in italiano la seguente frase : 'voi due quanto vi levate?'

sei di Palermo se ti chiama a casa il portiere del palazzo di tuo nonno, per dirti che la signora d'Alia gli ha detto di dirti che c'è la finestra della veranda aperta e che quindi magari entra acqua e forse sarebbe il caso di chiuderla...

sei di Palermo se quando sei con francesi o con spagnoli ti giochi sempre il fatto che TRAVAGGHIARE è uguale a 'travailler' e  'trabajar'

Sei di Palermo se nella tua strada ci sono sempre 2 vigili e 2 posteggiatori abusivi di motorini che, come le rette parallele, scorrono vicini ma non si incontrano mai..

Sei di Palermo se in un negozio d'abbigliamento riesci a comprare una cammmicia

Sei di Palermo se quando stai per uscire dici sto venendo! 

Se sei di Palermo, vedi anchequesta città anonima..

martedì 21 gennaio 2014

Profonda sintonia

Staino sull'Unità




Le reazioni







Ecco un primo approfondimento, fatto attraverso un'ampia rassegna stampa. Per iniziare, una scheda conoscitiva sui sistemi elettorali, tanto per sapere di cosa si sta parlando.
Segue un intervento di Stefano Rodotà, che chiarisce bene perchè l'incontro non si doveva fare: è la prima reazione a caldo di tutta la sinistra conseguente.
Interessante a mio parere anche l'intervento di Ida Dominijanni,  che con pacatezza ci va giù pesante e soprattutto paventa il rischio, che ormai è realtà, di un  partito, il PD, ridotto ad un' appendice del leader.
Di Scanzi, implacabile col Berluschino e con quelli che lo hanno votato alle primarie non dice nulla di nuovo ma come al solito fa riflettere. 
Lerner propone una questione di stile nell'attacco proditorio a Cuperlo. Ma cosa farà ora la sinistra residua interna al PD?
Michele Serra è giustificazionista: sarà l'età?
Da leggere anche Marcello Foa, uno dei pochi giornalisti veri del Giornale.
Il sole 24 ore si limita ad una cronaca degli ultimi avvenimenti.
Manca il parere di Grillo e il rimando al suo blog, ma se volete aggiungere una monetina nelle tasche della Casaleggio e Associati, fatelo direttamente, senza la mia complicità. Buona lettura. 



Guida ai sistemi elettorali

Una critica spietataAngelo Orsi su Micromega (news)

Rodotà sulla questione etica.

Gad Lerner sull'attacco a Cuperlo

Ida Dominijannifilosofa e giornalista

Scanzi su Il fatto quotidiano

La cronaca dell'Unità

L'amaca di Michele Serra su Repubblica

Marcello Foa su Il Giornale

Il sole 24 ore





lunedì 20 gennaio 2014

Il fine giustifica i mezzi?




Il fine non giustifica mai i mezzi*










Lo shock delle notizie di ieri è stato talmente forte sia da impedirmi alcun ragionamento pacato sia di comunicare attraverso la musica come è abitudine della domenica.
Anche oggi solo qualche abbozzo di pensieri ancora alla rinfusa.
Il metodo: con la decisione presa,  apparentemente di real politik, Renzi non consolida il suo partito, rischia solo di dividerlo ulteriormente, impedendo la convivenza costruttiva tra le diverse anime democratiche che ancora lo percorrono. Non amplia il suo elettorato, come sarebbe giusto e auspicabile per tutti, semplicemente rischia di sostituirlo.
Fa un regalo immeritato ai fautori dell'antipolitica e a Grillo, che sarebbe unico beneficiario di questo inciucio "alla luce del sole".
Nel merito: dopo la sentenza della Consulta ricorrere a liste bloccate, seppure corte, rischia di generare un'ulteriore bocciatura; idem, riguardo al premio di maggioranza: con un sistema tripolare come si configura essere il nostro, il premio dovrebbe essere altissimo e perciò stesso anticostituzionale. Solo il doppio turno potrebbe legittimare il vincitore e aggirare le obiezioni della Consulta. 
Segue, con più calma.  

*Raul Alfonsin in risposta al dittatore Videla

sabato 18 gennaio 2014

Dieci gocce di saggezza









             

                 distillate dal pensiero 

                 di Albert Einstein

















1. Segui la tua curiosità

“Non ho nessuno talento speciale. Sono solo appassionatamente curioso.”

2. La perseveranza ha un valore inestimabile

“Non mi considero particolarmente intelligente, è solo che mi dedico ai problemi molto a lungo.”


3. Poni il presente al centro della tua attenzione


“Qualsiasi uomo che guida in maniera sicura mentre  bacia una bella ragazza è un uomo che non sta dando al bacio l’attenzione che merita.”


4. L’immaginazione è potente

“L’immaginazione è tutto. E’ l’anteprima delle attrazioni che il futuro ci riserva. L’immaginazione è più importante della conoscenza.”


5. Non avere paura di sbagliare

“Una persona che non ha mai sbagliato è una persona che non ha mai provato nulla di nuovo.”


6. Vivi nel momento

“Non penso mai al futuro: arriva abbastanza presto.”


7. Crea valore

“Impegnatevi cercando di creare non il successo, ma il valore in quello che fate.”


8. Non essere ripetitivo

“Follia: fare e rifare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati differenti.”


9. La conoscenza deriva dall’esperienza
“Informazione non è conoscenza. La sola fonte di conoscenza è l’esperienza.”


10. Impara le regole e giocherai meglio

“Devi imparare le regole del gioco. E poi de
vi giocarci meglio di chiunque altro.”










 e per concludere, una in omaggio:

la differenza tra la genialità e la stupidità è che il 

genio ha i suoi limiti... 

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