sabato 30 maggio 2015

Che fare?





La conferenza stampa integrale


Votare humanum est

ma perseverare è diabolico, pensano molti da qualche tempo a questa parte. Come dargli torto a priori: lo scenario degli ultimi anni si é sempre più imbarbarito, dalle ruberie per i partiti si é passati alle ruberie per il clan o per se stessi, dalla crescita alla decrescita (non ancora tanto felice), dalla partecipazione alle oligarchie, dalle ideologie al populismo, dalle discussioni nelle sedi dei partiti ai talk-show, dalle argomentazioni alle invettive, dalle idee all'immagine.
Penso tuttavia che questo diritto-dovere sia ancora da onorare e per una serie di motivi, che mi sforzerò di sintetizzare, con un occhio ovviamente rivolto alla competizione di domani nel Veneto.

  •   Chi non vota è come se votasse per il vincitore. Nel caso del Veneto il vincitore predestinato, quello che ritiene di vincere senza alcun programma é Zaia e dietro Zaia c'é Salvini, il lepenista che sta superando se stesso la maestra, quello che vuole portarci fuori dall'euro, in buona compagnia in questo con altri populisti nostrani ed stranieri.
  • Non c'é nessuno che mi rappresenti: é l'obiezione più comune e vicina alla realtà. Ma siccome non siamo in un regime di democrazia diretta ma rappresentativa, bisogna per forza procedere per approssimazione. Tanto qualcuno, che io vada o non vada, vincerà sempre, magari anche a causa della mia assenza e deciderà per me anche sulle cose della vita di ogni giorno. "Prendi lo meno tristo per buono", scriveva Machiavelli.
  • Escluso di votare a destra per ragioni culturali e antropologiche, che cosa mi offre l'altra parte? beh, se fossi in Campania non avrei dubbi, Saviano lo ha detto chiaramente: il peggio del peggio si è concentrato alla corte di De Luca, il primo vero impresentabile, come ha confermato la Bindi, con un grande atto di coraggio. Ma lì c'é "la sinistra al lavoro" che da De Luca si è dissociata ampiamente e presenta una sua lista. Nessun dubbio nemmeno in Liguria: lì, checché ne dica Flores d'Arcais,  si gioca una partita importante per il futuro della sinistra. Finalmente il "mite" e indeciso Civati si é risolto a dire e a fare qualcosa. Velleitario, fuori tempo massimo? tutto quello che volete, ma un segnale in Liguria sarebbe molto importante per Renzi, per il suo cerchio magico, per la sinistra in generale e quindi per l'Italia.  Ma siamo nel Veneto: qua l'alternativa é tra Zaia e Zaia. Non si vince neanche con l'intervento della madonna di monte Berico. Però...
  • Ma se non si vince, perchè si è aggregata una certa sinistra, quella che non è demagogica e votata al solo bel gesto? per una lontana speranza, per non fare mancare qualche decimale che le sarebbe stato rinfacciato per sempre e avrebbe fatto mordere le mani a tutti nei secoli leghisti a venire? forse c'è una motivazione più concreta. Sia che si vinca o che si perda é essenziale fare arrivare la voce del lavoro, del sindacato, dove altrimenti non avrebbe diritto di cittadinanza, né diritto di parola. A livello locale, poi, quello che conta sono gli uomini (e le donne) più che gli schieramenti. E il candidato l'ho trovato, anche se qui non posso rivelarlo, perché questo blog, da quando ha cambiato nome, adesso é L'isola, non è più un blog pro, ma contro, controcorrente, libero e indipendente, dove ogni giorno posso dire francamente quello che penso, come uno sfogo personale e per chi viene a leggere, peggio per lui. 
  • Il convitato di pietra, infine, cioè il M5S, ha delle caratteristiche populiste e autoritarie, nonostante le infinite discussioni tra i militanti, i video, l'impegno nel produrre istanze, documenti, mozioni, interrogazioni proposte. Per me sarebbe come votare per i testimoni di Geova: per carità, brava gente, ma un po', diciamo così, "settaria". Avete notato la facilità con cui danno del fascista a destra e a manca, loro che sono oltre? la facilità con cui irridono, del tutto in buona fede e non per calcolo,  a chi  non si adagia sul loro pensiero unico (con cui invece etichettano gli altri) e a chi non si piega alla loro fede messianica e palingenetica?
Conclusione: io voto e voto a sinistra; nonostante tutto, rido con la vignetta di Kotiomkin, ma per questa volta non è possibile altro. Domani, diremo la sera del 31, é un altro giorno.


venerdì 29 maggio 2015

Elezioni regionali del Veneto, candidati e programmi, 3

Campagna a 360 gradi
Fratellanza leghista









"Il potere va dato a chi non ne nutre alcuna bramosia".

Se fosse veramente applicata questa semplice regoletta, Jacopo Berti del M5S dovrebbe ottenere il primo posto al  GP del Veneto  di domenica prossima. Sappiamo che non sarà così, ma almeno il terzo posto sul Tosi lo meriterebbe.
Tosi, infatti, è un campione della precocità politica e del mantenimento del potere. Per carità, qualche cosa di buono avrà fatto, ma questo si diceva anche di Mussolini. Verona è una grande città, al confronto con la strapaesana Padova di Bitonci sembra una metropoli vivace e ricca di iniziative culturali e sociali. Sicuramente però Tosi dai 25 anni in poi è stato saldamente ancorato alle stanze del potere leghista tentando poi di partecipare alla corsa per la guida del centro destra post berlusconiano. La concorrenza di Salvini non gli è proprio andata giù. Deve essersi detto che la rinuncia ai seggi in parlamento e in Europa era stata inutile: nessuna riconoscenza da Salvini. Stai sereno Flavio: Salvini si chiama Matteo, un nome un programma.
Non è però che tutta l'azione di Tosi a Verona sia stata un brillare di iniziative innovative. Anche lui ha iniziato con le solite ordinanze leghiste sulle puttane, sull'alcool, sul decoro e sullo smantellamento del campo  rom di Boscomantico. Però in questo caso, rendendosi conto di essere un amministratore pubblico e non un kapò, per portare a termine la chiusura del campo, ha dovuto cercare la collaborazione dell'Istituto don Calabria e del vescovo. 
La vera natura del personaggio, se qualcuno avesse dubbi, abbagliato dal suo buon senso amministrativo,  si é rivelata tutta quando si è trincerato dietro l'autonomia del consiglio comunale per la nomina dei rappresentanti del comune per l'Istituto Veronese per la Resistenza. Risultato?  Andrea Miglioranzi (militante del Veneto Fronte Skinheads ed appartenente al gruppo musicale veronese di estrema destra Gesta Bellica),  e Lucia Cametti di Alleanza nazionale. 

Nel 2001 sui nomadi ci ricasca ancora e viene rinviato a giudizio e poi definitivamente condannato in Cassazione  per  aver organizzato una campagna contro i rom sfociata nella propaganda di idee fondate sull'odio e sulla superiorità etnica e razziale. 
Nell'ottobre 2009 Tosi, il moderato, è stato condannato dalla Cassazione a 4.000 euro di multa e alla sospensione per tre anni dai pubblici comizi sempre per  propaganda razzista
Non si è fatta mancare neanche l'accusa di favoritismo per l'indebita promozione della futura moglie a dirigente della sanità veneta non appena eletto sindaco.  Questo è il personaggio anche se adesso fa il moderato contro Salvini, lanciato nella china del lepenismo. 

Tornando al competitor per il terzo posto, Jacopo Berti, sembra che per il momento le proiezioni siano contro di lui, ma non si sa mai. Il Movimento cinque stelle, per bocca di tutti i suoi esponenti a tutti i livelli va ripetendo di non essere né di destra, né di sinistra (forse oltre, come sostenne Grillo, giustificandosi delle strizzatine d'occhio a Casa Pound). Purtroppo, però, molti di loro, soprattutto nel Veneto vanno dicendo cose di destra (tipo i soldi dei veneti ai veneti del programma Berti) e in quell'area hanno pescato e pescano a man bassa; altri, ma talvolta gli  stessi (vedi foto),  dicono cose di sinistra e anche lì riescono a pescare, anche se poi i proclami sfociano nel populismo, molto spesso senza risultati concreti.
C'é poi la vasta area degli scontenti che se decidono di andare a votare, una croce punitiva sul M5S è probabile che la mettano, insegnanti in primis. Un successo o un parziale successo fondato quindi non solo sull'ambiguità, ma sugli evidenti demeriti altrui. 
Su Berti si sa molto poco, tranne quello che scrive lui stesso. Sicuramente non è un astro nascente, viste le modalità con le quali é stato pescato. Le regionarie del M5S (e chi se ne frega degli insulti stellari che arriveranno) sono in realtà una presa per i fondelli (per gli iscritti innanzitutto), quanto a metodo di selezione del personale politico. Infatti nel dicembre 2014, hanno partecipato al voto elettronico solo 2.398  iscritti certificati, residenti in Veneto, che dalle 10 alle 18 hanno espresso la loro preferenza tra i dieci candidati.  Berti, già candidato al comune di Padova, ha vinto con 466 voti (il 19,4%), lo seguono, con 345 voti (14,4%), Erika Baldin di Chioggia, al terzo posto Rinaldo Verardo, di Vicenza (296 preferenze (il 12,3%). Quarto posto per Manuela Provenzano, di Mestrino (261 voti, 10,8%). 
Cifre che fanno  sorridere di per sè  anche al confronto con la risibile cifra dei partecipanti alle primarie del PD.

I programmi: 
Flavio Tosi

Jacopo Berti 



giovedì 28 maggio 2015

Elezioni regionali nel Veneto. Candidati e programmi, 2




Lady perfettina







Ignobili le battutine sessiste sulla Moretti. Che abbia dato in escandescenze alle di lei sortite anche Massimo Cacciari  ci può stare: si sa, i filosofi talvolta sono un po' misogini.  Ma alcune cosucce sulla Moretti vanno conosciute, così, magari per prendere le distanze o per giungere a una convinta consapevolezza della dura necessità contingente, per cambiare percorso o per turarsi il naso con cognizione di causa. 

La carriera politica dell'avvocato Moretti parte con le elezioni comunali di Vicenza nel 2008. Si candida   in una lista civica di centro sinistra che appoggia Variati, ottiene 195 voti, come in un paesino di campagna, ma entra in giunta e diviene vicesindaco, con la delega all'istruzione, campo nel quale giunge a qualche concreta e innovativa realizzazione. Si tratta del piano territoriale scolastico per favorire l'integrazione degli alunni stranieri e il centro  per la documentazione pedagogica e la didattica, con la creazione di laboratori e sportelli di consulenza per genitori, alunni e insegnanti. 
 In realtà non é nuova alla politica: già 2003 si era candidata alle elezioni comunali di Vicenza con i Democratici di Sinistra a sostegno della candidatura di Riboni. 
Sin qui niente di strano: un po' di tentativi andati a vuoto, un po' di gavetta e poi il lancio a livello locale, complice la dialettica e il fare accattivante e seduttivo. 
Tutto bene se non fosse che nel  2007 si era candidata alle elezioni provinciali di Vicenza 
in una lista di centro destra, a sostegno  di Giorgio Carollo, ex berlusconiano, fondatore di "Veneto per il PPE". Voti raccolti 66!! La Moretti dice adesso che questo la fa sorridere: sempre stata di sinistra, afferma, ma in quel caso era contro il candidato di centro di sinistra. Piccole debolezze femminili! 
Dopo essere entrata nella direzione nazionale del PD nel 2009, occupandosi principalmente di scuola, nel 2012, durante la campagna per le primarie PD a sostegno di Bersani, viene nominata portavoce del Comitato nazionale insieme a Roberto Speranza.  
Nel 2013 viene eletta alla Camera nel listino bloccato, grazie a Bersani al quale, però, com'é noto, non dimostrerà alcuna gratitudine.
Come membro della commissione giustizia, di lei si ricorda comunque una buona performance: l'essere stata relatrice del disegno di legge  sul cosiddetto "divorzio breve". 
Da qui in poi l'ascesa é vertiginosa, preceduta da un'ulteriore piroetta per entrare nel cerchio magico renziano:  nell'aprile del 2014 é capolista alle elezioni europee nella Circoscrizione Italia nord-orientale. Viene eletta con 230.188 voti, un abisso rispetto alla prima magra raccolta vicentina: é la prima nel nord-est e  la quarta più votata in assoluto in Italia.  
La candidatura  al GP veneto del 31 maggio nasce dalle primarie del centro sinistra che la vedono trionfare con il 66% dei voti su Simonetta Rubinato (29,9%) sindaco di Roncade, con una buona esperienza politica locale, altrettanto carina sebbene un pò' più agée. L'onnipresente Antonino Pipitone, di quella setta ormai misteriosa a nome IDV fa da controfigura con il suo 2,9% . 
Grande campanello di allarme, non raccolto dal PD, queste primarie: solo 39.619 votanti, il popolo di sinistra ha fiutato i prodromi della mutazione genetica del partito democratico. 
Per quanto riguarda il programma, questa volta niente sorprese:  eccolo

Interessanti le parti sull' ambiente sfregiato da Zaia e quella sul sociale che hanno indotto più d'uno a buttarsi nella mischia turandosi il naso e rassegnandosi a quello che passa il convento.




mercoledì 27 maggio 2015

Elezioni regionali nel Veneto. Candidati e programmi, 1




Non dire quattro se non l'hai nel sacco




Iniziamo da Luca Zaia, governatore uscente.

Enologo e laureato in scienze della produzione animale ha sempre avuto l'agricoltura nel suo DNA politico. Partito da Godega di sant'Urbano, diviene il presidente di provincia più giovane d'Italia a Treviso, poi vice presidente della regione con Galan, di cui non sospetta assolutamente alcun tramaccio: omnia munda mundis. Ministro dell'agricoltura di berlusconi, tra il 2008 e il 2010, quando divenne per la prima, e si spera ultima volta, presidente della regione. 

Di lui, oltre al capello perennemente unto,  si ricorda come ministro, in procinto di fare il salto nel Veneto, l'attivismo tutto leghista  per sottrarre a Foggia la sede dell'agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, spingendo per spostarla a Verona. Nessuna gratitudine postuma dal sindaco della città.

Poco dopo l'elezione come presidente si dichiara contrario all'utilizzo della pillola abortiva RU486 e quindi alla sua distribuzione all'interno della regione. Monsignor Fisichella ringrazia, ma l'Agenzia Italiana del Farmaco lo smentisce duramente, dichiarando che  nonostante le regioni possano definire le modalità e le tempistiche sull'ingresso della pillola abortiva, non possono però deciderne la non distribuzione sul territorio, regolamentata a livello nazionale dalla Legge n.194 del 22 maggio 1978.

In seguito all'alluvione del 2010 modifica le norme in materia di governo del territorio e consente la  ristrutturazione di ruderi agricoli  fino a 800 metri cubi. Lega di lotta e di cemento.

Nel marzo 2014 Zaia si è dichiarato favorevole al plebiscito digitale in corso in quel periodo che chiedeva ai Veneti di esprimersi in materia di secessione dallo Stato italiano. Ha paragonato il Veneto alla Crimea, che proprio l'11 marzo aveva dichiarato, tramite un'iniziativa simile, la propria indipendenza dall'Ucraina. Fine politico, oltre che efficiente amministratore agricolo.

Ma è anche uomo di profonda cultura: nel 2010, nel richiedere maggiori fondi al Governo per sostenere il Veneto dopo l'alluvione di quell'anno afferma che  è "una vergogna spendere 250 milioni di euro per  i quattro sassi di Pompei  

Il cinema gli piace pure, ma fino ad un certo punto: il 18 agosto 2011 in qualità di Presidente della regione Veneto si scaglia contro il film Cose dell'altro mondo di Francesco Patierno affermando  "Non siamo zulù" per difendere l'immagine dei leghisti che nel film sono accusati in tono ironico di razzismo verso gli extracomunitari. Purtroppo per lui i bottegai di Padova e il suo seguace Bit lo hanno contraddetto clamorosamente.

Campione mondiale  di project financing, ultimamente ha mostrato qualche incertezza ma solo in campo sanitario, come il suo socio-rivale Tosi. Sempre in questo campo  ha dovuto cedere alla testardaggine inefficiente del suo compagno di partito padovano, che al momento attuale è riuscito a bloccare qualsiasi ipotesi di nuovo ospedale, con o senza project financing. 

Ma la cosa più incredibile é che il candidato favorito dai sondaggi non ha, ad oggi, alcun programma pubblicato sul suo sito elettorale.

Meglio riderci un po' su, leggendo:
 Le previsioni per il GP del Veneto

martedì 26 maggio 2015

Elezioni regionali Veneto 2020. La legge elettorale





Le  famigerate modifiche all'art. V della Costituzione del 1999 (Governo D'Alema) e del  2001 (Governo Berlusconi) che hanno permesso alle Regioni  di divenire delle ignobili superfetazioni della burocrazia statale, hanno regalato agli italiani un'altra piccola chicca: stravolta la legge Tatarella, che aveva introdotto il sistema maggioritario e presidenziale per tutte le regioni, adesso ognuno fa per conto suo. C'è chi come la Toscana ha di recente introdotto il ballottaggio, sulla scorta della sentenza nazionale della Consulta, chi ha una soglia di sbarramento e chi un'altra, chi ha le quote rosa e chi no (come il Veneto), chi ha un certo premio di maggioranza e chi un altro. Insomma il vero federalismo anarchico. Qualcuno, nell'era della globalizzazione,  mi deve ancora spiegare la differenza tra federalismo e  moltiplicazione della burocrazia, del clientelismo, della corruzione, delle corti e dell'affarismo locale.

Ma fermiamoci al Veneto: 
Nel marzo 2015, durante una caotica e rissosa seduta del consiglio regionale sono state apportate importanti modifiche alla legge elettorale del 2010. 
In sintesi:
Non è previsto un ballottaggio: vince il candidato che prende più voti. Basta un solo voto in più degli avversari per essere eletti governatori del Veneto. 
Premio di maggioranza: se la coalizione raggiunge almeno il 50% dei voti avrà il 60% dei seggi; se raggiunge un numero di voti compreso tra il 50% e il 40% avrà il 57,5% dei seggi; se ottiene meno del 40% dei voti, avrà il 55% dei seggi. Sono previste le preferenze: gli elettori potranno votare sulla scheda elettorale sia per il Presidente sia per i membri del Consiglio Regionale. 
Gli elettori, prendete buona nota, potranno anche esprimere un voto disgiunto, cioè il voto a un candidato presidente e, contemporaneamente, a una lista a lui non collegata

Altre novità, introdotte dalla legge del 2015:
i consiglieri regionali passano da 60 a 49 (oltre al presidente eletto e al candidato presidente miglior perdente);
è introdotto (ma solo per il futuro) il limite di due mandati sia per il presidente che per gli assessori, nonché  per i consiglieri regionali;
le liste dovranno essere composte in misura eguale da candidati di sesso maschile e femminile, alternati tra loro (50% dei candidati di ciascuna lista dovrà essere di genere femminile);
a livello provinciale, le liste di ogni partito saranno composte da un numero di candidati pari ai consiglieri da eleggere in ogni circoscrizione; è stata però introdotto un correttivo per le Province di Belluno e Rovigo che essendo meno popolose si trovano a eleggere un minor numero di consiglieri. In queste Province il numero di candidati per ogni lista potrà arrivare fino a 5 (in modo da rendere possibili eventuali sostituzioni in caso di dimissioni o impedimenti degli eletti);
a differenza che in altre Regioni non è stata innalzata la soglia di sbarramento: sono ammesse al riparto dei seggi sia le coalizioni (insieme di partiti che appoggiano lo stesso presidente) che ottengono il 5 % dei voti di coalizione, sia le coalizioni composte da  almeno un partito (gruppo di liste presentate in più province con lo stesso simbolo) che hanno ottenuto il 3% dei voti di lista.

In queste elezioni regionali saranno ben nove i candidati che correranno alla poltrona di presidente del Veneto.

Tra questi quattro sono rappresentanti di partiti politici presenti su tutto il territorio nazionale, mentre gli altri cinque rappresentano liste civiche presenti solo in Veneto o in poche altre regioni.

In corsa abbiamo il sempre verde e impomatato presidente uscente Luca Zaia, sostenuto daLega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, e dalle due liste civiche Zaia Presidente e Lista Veneto Autonomia. 

Il centrosinistra presenta un candidato atipico come Arturo Lorenzoni, entrato in politica nel 2017 come vicesindaco di Padova e appoggiato da Partito Democratico, Europa Verde, +Veneto in Europa – Volt, Il Veneto che vogliamo (lista che include Articolo Uno, Sinistra Italiana e Possibile) e dagli autonomisti di Sanca Veneta.

Il Movimento 5 Stelle candida l’ex senatore Enrico Cappelletti, mentre la senatrice di Italia Viva Daniela Sbrollini correrà sostenuta dalla lista Daniela Sbrollini Presidente, che comprende al suo interno Italia Viva, Partito Socialista Italiano, Partito Repubblicano Italiano e Civica per il Veneto.

Per chiudere, troviamo gli autonomisti del Partito dei Veneti, che candidano il consigliere regionale uscente Antonio Guadagnini;  l’ex parlamentare Simonetta Rubinato, fuoriuscita dal Pd nel 2019 e candidata a presidente della regione con una lista fai da te:  Veneto – Simonetta Rubinato per le Autonomie.

L’estrema sinistra è rappresentata da Paolo Benvegnù, in corsa con la lista Solidarietà Ambiente Lavoro (SAL!) che comprende al suo interno il Partito Comunista Italiano e il Partito della Rifondazione Comunista.

Patrizia Bartelle è invece candidata con il partito Italia in Comune, che in Veneto si presenta con il nome di Territori in Comune – Veneto Ecologia Solidarietà e dulcis in fundo anche il   Movimento 3V – Libertà di Scelta troviamo con tale dott. Paolo Girotto, medico "veterinario". 






lunedì 25 maggio 2015

Nessuno lascia la casa





La  Nostalgia negata












Warsan Shire é nata nel 1988 in Kenya da genitori somali in fuga dalla guerra civile. E' cresciuta a Londra dove é arrivata a sei mesi. E', quindi, una poetessa inglese, é entrata nel movimento letterario dei “Black British Poets” e ha vinto diversi premi letterari alle “Slam Competitions”, pubblicando diversi libri di poesie. Ancora non é stata pubblicata in Italia, ma diversi suoi testi si possono trovare  a questo link. 
Con i suoi versi recentemente ha dato voce ai rifugiati, agli immigrati, ai respinti, ai tanti uomini, donne e bambini in fuga e alla ricerca della salvezza, di un posto qualsiasi, più sicuro di una casa che non sia “la bocca di uno squalo, la canna di un fucile”.
La poesia che scorre nelle sue vene viene da una fonte lontana: suo nonno, infatti,  è il poeta Cabdulqaadir Xirsi Siyaad “Yamyam”, noto a tutti i somali soprattutto per il suo componimento “Soomaali baan ahay”, “Io sono Somalo”. 
Warsan Shire ha una patria mitica, che però non ha mai conosciuto  e di cui, quindi, dolore su dolore, non può provare nostalgia.




CASA. Traduzione di Paola Splendore

Nessuno lascia la casa a meno che
la casa non sia la bocca di uno squalo
scappi al confine solo
quando vedi tutti gli altri scappare
i tuoi vicini corrono più veloci di te
il fiato insanguinato in gola
il ragazzo con cui sei andata a scuola
che ti baciava follemente dietro la fabbrica di lattine
tiene in mano una pistola più grande del suo corpo
lasci la casa solo
quando la casa non ti lascia più stare
Nessuno lascia la casa a meno che la casa non ti cacci
fuoco sotto i piedi
sangue caldo in pancia
qualcosa che non avresti mai pensato di fare
finché la falce non ti ha segnato il collo
di minacce
e anche allora continui a mormorare l’inno nazionale
sotto il respiro/a mezza bocca
solo quando hai strappato il passaporto nei bagni di un aeroporto
singhiozzando a ogni boccone di carta
ti sei resa conto che non saresti più tornata.
devi capire
che nessuno mette i figli su una barca
a meno che l’acqua non sia più sicura della terra
nessuno si brucia i palmi
sotto i treni
sotto le carrozze
nessuno passa giorni e notti nel ventre di un camion
nutrendosi di carta di giornale a meno che le miglia percorse
son siano più di un semplice viaggio
nessuno striscia sotto i reticolati
nessuno vuole essere picchiato
compatito
nessuno sceglie campi di rifugiati
o perquisizioni a nudo che ti lasciano
il corpo dolorante
né la prigione
perché la prigione è più sicura
di una città che brucia
e un secondino
nella notte
è meglio di un camion pieno
di uomini che assomigliano a tuo padre
nessuno ce la può fare
nessuno può sopportarlo
nessuna pelle può essere tanto resistente

II
Andatevene a casa neri
rifugiati
sporchi immigrati
richiedenti asilo
che prosciugano il nostro paese
negri con le mani tese
e odori sconosciuti
selvaggi
hanno distrutto il loro paese e ora vogliono
distruggere il nostro
come fate a scrollarvi di dosso
le parole
gli sguardi malevoli
forse perché il colpo è meno forte
di un arto strappato
o le parole sono meno dure
di quattordici uomini tra
le cosce
perché gli insulti sono più facili
da mandare giù
delle macerie
delle ossa
del corpo di tuo figlio
fatto a pezzi.
Voglio tornare a casa,
ma casa mia è la bocca di uno squalo
casa mia è la canna di un fucile
e nessuno lascerebbe la casa
a meno che non sia la casa a spingerti verso il mare
a meno che non sia la casa a dirti
di affrettare il passo
lasciarti dietro i vestiti
strisciare nel deserto
attraversare gli oceani
annega
salvati
fai la fame
chiedi l’elemosina
dimentica l’orgoglio
è più importante che tu sopravviva
nessuno se ne va via da casa finché la casa è una voce soffocante
che gli mormora all'orecchio
vattene
scappa lontano adesso
non so più quello che sono
so solo che qualsiasi altro posto
è più sicuro di qua.

domenica 24 maggio 2015

Tracce indelebili

Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro



























Il 23 maggio 1992 é una data che personalmente non potrò mai dimenticare, così come non potrò dimenticare cosa stessi facendo e con chi fossi nel momento esatto in cui appresi dell'attentato, poco dopo le 17.58. La notizia sconvolse veramente tutta l'Italia: io la ebbi quasi in diretta da un'anziana parente di Firenze, che mi chiamò piangendo. E' finito tutto, pensai.
Altre date  e orari sono altrettanto indelebili e legate all'immagine e alla presenza di particolari persone: l'ora tragica tra le 15 e le 16   dell'11 settembre 2001, il pomeriggio
dell'11 settembre del 1973, quando si svolgeva l'assalto alla Moneda che causò la morte di Allende. Anche allora pensai: é finito tutto.



Più piacevole il ricordo della mattina dell'11 settembre 1960: c'era già la televisione in ogni casa e io ero lì incollato a seguire la cerimonia conclusiva delle olimpiadi romane. 
Livio Berruti, Sante Gaiardoni, Giovanni Benvenuti, Raimondo D'Inzeo, Abdom Pamich, Abebe Bikila, immagini in bianco e nero, ma efficacissime. L'intensità del ricordo e la persistenza delle immagini mi risparmiano la fatica di cercare su google i nomi degli italiani che diedero all'Italia il terzo posto nel medagliere olimpico.   

sabato 23 maggio 2015

Controcorrente: tutto quello che sai sugli zingari é falso



Perchè scrivere sui rom? perchè pur essendo "buonista", oltre al libro Cuore ho letto e visto anche qualcos'altro. Perchè in questa società irrazionale e allo sbando  conta ogni piccola goccia di razionalità. di dignità e di informazione in mezzo al fango dell'ignoranza e del pregiudizio. Perchè sui rom e i profughi si fanno la campagna elettorale praticamente tutti, destra fascista, destra sfascista, se dicente sinistra e 5 stelle. Ho visto  una candidata pentastellata  alle regionali per altri versi aperta e intelligente postare un video dove si accaniva affettuosamente contro i rom che non pagano la luce: si pesca dove si può, lo capisco. Ho visto un candidato di sinistra alle regionali, sindaco di una cittadina di illustri tradizioni, tuonare contro i profughi nel suo comune (una decina su quasi 20.000) Ho sentito governatrici, qua vicino, dire che non ce la fanno più.  E non vi dico i vicini di casa, la gente "normale": un luogo comune dietro l'altro. Sono stufo. Ho raggiunto l'età e la posizione in cui non è più necessario essere conciliante e mediare. Va detta la verità: vivo in mezzo ad un popolo di ignoranti, di disinformati, più che di razzisti. Applicherò le mie personali sanzioni e non solo ai bottegai del centro di Padova.  


L'ITALIA E' PIENA DI ZINGARI
Falso. In Italia rom, sinti e camminanti sono circa 170.000, cioè lo 0,2% della popolazione complessiva, una della percentuali più basse in Europa. Sono infatti il 2% della popolazione greca (200.000 su 10 milioni), l'1,8% di quella spagnola (800.000 su 45 milioni) e lo 0,6% della francese (340.000 su 61 milioni, mentre nell'Unione europea ne vivono in totale 10 milioni, pari a circa il 2% della popolazione.

MA CON TUTTI I PROBLEMI CHE HANNO GLI ITALIANI NON POSSIAMO OCCUPARCI ANCHE DI QUESTI CHE CHISSA' DA DOVE VENGONO?
Falso. In realtà la metà dei rom, sinti e camminanti che vivono in Italia sono CITTADINI ITALIANI. Il resto sono cittadini di altri stati dell'UE e di altri paesi extracomunitari e molti sono rifugiati e apolidi arrivati dai balcani a seguito delle guerre degli anni novanta.



D'ACCORDO, PERO' SONO NOMADI, QUINDI FACCIANO I NOMADI E ALZINO LE TENDE

Falso. Il nomadismo è ormai un fenomeno molto marginale: sono circa 35.000 i rom e sinti che abitano in campi e questo vuol dire che 4 persone rom su 5 abitano in una casa, studiano e lavorano come tutti noi. Solo una minima parte, e cioè circa il 3% si sposta sul territorio, al punto che l'OCSE ha invitato l'Italia a non designarli più con la parola nomadi. Il nomadismo é considerato per decenni un tratto identitario di queste minoranze e sulla base di questo presupposto, ormai del tutto superato, si é proceduto con la politica dei campi e l'aggregazione forzata, ottenendo come unico risultato la segregazione abitativa e, di conseguenza, l'esclusione e l'autoesclusione sociale delle comunità rom.

SI' MA RUBANO. NEGLI ALTRI PAESI SE CI PROVANO SONO GUAI, INVECE QUA SIAMO TROPPO TOLLERANTI.
Falso. Punto primo: che i rom abitualmente rubino come se fosse una tendenza innata é un'accusa che andrebbe dimostrata con dati e percentuali. Ma anche se fosse vero che una parte, più o meno grande, sia dedita a questa attività , tutti gli altri andrebbero sostenuti e accompagnati in un percorso verso la legalità, attraverso la scuola, la formazione e il lavoro, come per tutte le persone che vivono in uno stato di marginalità sociale. Dopodiché parliamo degli altri paesi: in Italia solo il 6% di rom arriva al diploma di scuola media o superiore, mentre la media della UE é il 67%. C'é una certa differenza, no?

MA QUELLI CHE VIVONO IN ITALIA NON MANDANO I FIGLI A SCUOLA.
Falso. La verità é che altrove hanno promosso delle vere politiche di inclusione scolastica. Da noi il 45% della popolazione rom ha meno di 16 anni. Nell'anno scolastico 2012/13 si sono iscritti a scuola 11.481 minori rom su circa 30.000 in obbligo di frequenza e solo 107 adolescenti risultavano iscritti alla secondaria di secondo grado in Italia. Non ci sarà una incapacità nelle politiche locali di perseguire e sostenere l'inserimento scolastico? Se questi ragazzi vivono in campi nelle periferie più profonde, lontani da tutti i servizi essenziali. Come ci si può meravigliare che non vadano a scuola?

TANTO NON VOGLIONO LAVORARE.
Falso. I dati dicono che in Italia i rom che non lavorano sono quasi il 40%, quando li fanno lavorare, s'intende. Quando riescono ad acquisire qualche qualifica. Quando riescono a studiare. Infatti negli altri paesi UE, dove vengono attuate politiche di sostegno al lavoro, la media é quasi del 60%. Si tratta di valorizzare le capacità, promuovere le competenze e favorire la formazione professionale, per realizzare concretamente l'autonomia delle persone.

STAI A VEDERE CHE CI TOCCA SPENDERE SOLDI IN PIU' PER FARE LE POLITICHE DI INCLUSIONE, CON LA CRISI CHE C'E'?
Falso. I soldi li spendiamo già e ne spendiamo tanti. A Roma, dove nei campi vivono circa 8000 persone, di cui più della metà bambini, il comune ha speso 24 milioni di euro solo nel 2013. Per il centro di accoglienza di via Visso, un ex magazzino, senza aria né luce, in cui sono ammassate 300 persone, di cui sempre la metà bambini, il comune dà ogni mese all'ente gestore 190.000 euro, che sono circa 630 euro a persona ospitata. E se consideriamo che si tratta di famiglie in media di 5 componenti, parliamo di circa 3000 euro a famiglia per vivere in loculi spaventosi. Basterebbe riconvertire le risorse impegnate sinora in progetti mirati di inclusione abitativa e sociale, rivolti alle famiglie, verso una graduale e progressiva indipendenza economica, a beneficio non solo della comunità rom, MA DI TUTTI. Questo approccio comporterebbe per le finanze degli enti locali l'impiego di risorse sempre minori, cioè in poche parole, SPENDEREMO MOLTO MENO. Lo hanno già fatto diverse città europee come Madrid, Barcellona, Londra, Lille e Dublino, attraverso interventi personalizzati e concordati direttamente con le famiglie, di HOUSING SOCIALE, quali percorsi di aiuto all'affitto di abitazioni al mercato privato, autocostruzione mediante la costituzione di cooperative, strumenti di accesso al mutuo per l'acquisto di immobili, affitto di stabili in disuso di proprietà pubblica da ristrutturare.  Il caso di Madrid dimostra che si può fare: nel 2007 nella capitale vivevano circa 70000 rom, di cui 12000 nei campi. A partire dal 2011, il comune ha deciso di chiudere i campi ed investire in educazione e formazione, diventando in pochi anni un modello in tutta Europa. Sinora sono stati chiusi 110 insediamenti e 9000 persone (il 96% dei ricollocati) hanno avuto accesso ad alloggi e a percorsi di integrazione. L'obiettivo é di chiudere definitivamente tutti i campi entro il 2017.Tutti i progetti sono stati finanziati attraverso fondi europei destinati all'integrazione sociale dei cittadini rom. Ma il nostro paese non HA MAI FATTO RICHIESTA DI QUESTI FONDI, preferendo sperperare milioni di euro nella politica di segregazione nei campi.

VABBE' ADESSO VIENE FUORI CHE SI POTREBBE ADDIRITTURA RISPARMIARE...
e ottenere risultati molto migliori...Certo che sì: la cosiddetta emergenza rom é un'invenzione tutta italiana. La realtà é che non c'è alcuna emergenza se non quella che si vuole creare ad arte, per poter spendere e quindi distribuire fiumi di denaro, fomentando l'opinione pubblica con la politica degli sgomberi, tenendo migliaia di esseri umani in condizioni indecenti e continuando a lucrarci sopra. Per l'emergenza nomadi, sempre a Roma, si sono spesi tra il 2009 e il 2013 oltre 60 milioni di euro: poi il TAR, il Consiglio di Stato e la Cassazione hanno smontato tutta l'operazione, dichiarando che non c'era nessun allarme sociale. Ma intanto i soldi erano stati spesi, l'illegalità e la corruzione hanno prosperato e molti si sono arricchiti sulla pelle dei rom. Occorre rompere con le connivenze criminali del passato e reinvestire le risorse in politiche di superamento della segregazione. Anche perchè dal 2012 esiste la STRATEGIA NAZIONALE DI INCLUSIONE DI ROM, SINTI E CAMMINANTI, che impegna il governo, su richiesta dell'Europa, ad abbandonare definitivamente le politiche ghettizzanti e quell'approccio emergenziale ed assistenzialista che ha privato, in questi anni, le comunità rom della possibilità di accedere al riconoscimento della loro dignità sociale.
DEI DATI NON ME NE FREGA NIENTE: SO SOLO CHE C'E' UN CAMPO DALLE MIE PARTI, CHE QUESTI ENTRANO NELLE CASE E CHE NON SE NE PUO' PIU'.
 E continueranno a farlo, finché le cose andranno così. Perchè paradossalmente ad alcuni conviene che lo facciano: del resto fare in modo che l'emergenza rom resti tale é lo strumento perfetto per far man bassa di voti cavalcando le paure della gente e allo stesso tempo spartirsi milioni e milioni di euro. Vi viene in mente un affare più redditizio di questo?

 Fonte: radicali.Roma


Articoli correlati: 

Per saperne di più:
Rapporto sull'inclusione lavorativa e sociale dei Rom in Italia

venerdì 22 maggio 2015

La "buona" scuola dopo il voto alla Camera


I dettagli della "Buona scuola"






Questa non è una riforma, è un'aggiustatina Camilleri
E non chiamatela riforma Tullio De Mauro


Dopo il lavoro della commissione istruzione, il 20 maggio la Camera ha approvato il DDL cosiddetto della Buona scuola, apportando qualche limitata modifica di puro restyling. All'appello dei favorevoli sono mancati una trentina di voti della minoranza del PD, che non ha partecipato alla votazione. Tra loro alcuni come Fassina minacciano l'uscita dal partito se nulla cambierà in Senato, altri come Bersani sembrano già accontentarsi di altre secondarie operazioni di restyling. Totalmente contrari SEL per i motivi che leggete qui e il M5S, alla rincorsa elettorale del mondo della scuola, deciso ad abbandonare il PD, e, udite udite anche Forza Italia, umiliata probabilmente per quello che Renzi ha fatto e a loro non è riuscito.  

Ma vediamo i contenuti attuali, i commenti in rosso, fermandoci su quelli più controversi, mentre la sintesi completa si può trovare in questo link a Montecitorio.



L'introduzione della programmazione triennale dell'offerta formativa. Nel Piano triennale le scuole indicheranno il fabbisogno di personale docente e ATA (per quest'ultimo, nel rispetto dei limiti e dei parametri stabiliti dal D.P.R. 119/2009), nonchè  le infrastrutture e le attrezzature materiali di cui hanno bisogno per l'espansione dell'offerta formativa. Obiettivi di quest'ultima sono, fra gli altri, il potenziamento dell'insegnamento linguistico in italiano e in altre lingue europee, anche tramite l'utilizzo della metodologia CLIL, il potenziamento delle competenze matematiche, logiche e scientifiche, di musica e arte, giuridiche ed economiche, digitali, lo sviluppo delle discipline motorie, nonché l'apertura pomeridiana della scuola, il contrasto della dispersione scolastica e della discriminazione, l'incremento dell'alternanza scuola-lavoro, la riduzione del numero di alunni per classe, l'alfabetizzazione e il perfezionamento dell'italiano come lingua seconda (L2) per alunni e studenti di cittadinanza e/o di lingua non italiana, la prevenzione del bullismo e del cyberbullismo, l'educazione alla parità di genere, la definizione di un sistema di orientamento.
Il piano è predisposto dal collegio dei docenti, sulla base degli indirizzi e delle scelte di gestione definiti dal dirigente scolastico, ed è approvato dal consiglio di istituto (art. 2). Facile obiettare che la maggior parte degli interventi ipotizzabili in questo piano necessitano di un enorme quantità di fondi, che i 3 miliardi assegnati non sono in grado di assicurare, visto che si parla non solo di personale, ma anche di edilizia, consumi, formazione. Il piano triennale rischia quindi di restare una pura esercitazione cartacea di mediazione tra i diversi attori coinvolti. L'altra obiezione assai facile, in termini di finanziamento, è che i 3 miliardi sono meno di un terzo di quanto è stato sottratto alla scuola dalla Gelmini in poi.  
L'istituzione dell'organico (docente) dell'autonomia, composto da posti comuni, posti di sostegno e posti per il potenziamento dell'offerta formativa, che, dall'a.s. 2016-2017, sarà determinato con decreti interministeriali ogni tre anni, su base regionale. I ruoli del personale docente saranno regionali, articolati in ambiti territoriali, la cui ampiezza - inferiore alla provincia o alla città metropolitana - dovrà essere definita entro il 31 marzo 2016. 
L'organico sarà ripartito dal direttore di ogni ufficio scolastico regionale fra gli ambiti territoriali presenti nella regione e assegnato alle scuole sulla base del fabbisogno espresso nel piano triennale dell'offerta formativa, nel limite delle risorse disponibili.
Entro il 30 giugno 2016 dovranno costituirsi reti fra scuole dello stesso ambito territoriale. Le reti saranno finalizzate alla valorizzazione delle risorse professionali, alla gestione comune di funzioni e attività amministrative, alla realizzazione di progetti o iniziative didattiche, educative, sportive, culturali, di interesse territoriale. Gli accordi di rete dovranno individuare, fra l'altro, i criteri e le modalità per l'utilizzo dei docenti della rete, nel rispetto delle disposizioni in materia di non discriminazione sul luogo di lavoro, nonchè di assistenza e integrazione delle persone con disabilità.
Per l'a.s. 2015/2016, gli ambiti  territoriali avranno estensione provinciale e l'organico dell'autonomia comprenderà l'organico di diritto, l'adeguamento della dotazione organica di diritto alla situazione di fatto, i posti per il potenziamento, l'organizzazione, la progettazione e il coordinamento (art. 8).
ll personale della dotazione organica dell'autonomia sarà tenuto ad assicurare prioritariamente la copertura dei posti vacanti e disponibili (art. 8) e potrà essere utilizzato per la copertura di supplenze temporanee fino a 10 giorni (art. 9);
l'attribuzione al dirigente scolastico del compito di conferire incarichi triennali, rinnovabili, ai docenti assegnati all'ambito territoriale di riferimento, anche tenendo conto delle candidature presentate dagli stessi e valorizzando il curriculum, le esperienze e le competenze professionali. Possono essere svolti colloqui. I criteri adottati per il conferimento degli incarichi, gli incarichi conferiti e il curriculum dei docenti sono pubblicati sul sito internet delle scuole. In ogni caso, nel conferire gli incarichi, il dirigente scolastico deve dichiarare l'assenza di rapporti di parentela o affinità, entro il secondo grado, con i docenti assegnati all'ambito territoriale.
Nel caso di più proposte di incarico, è il docente che sceglie. Per i docenti che non hanno ricevuto o accettato proposte, provvede l'ufficio scolastico regionale (art. 9).
I docenti già assunti in ruolo a tempo indeterminato alla data di entrata in vigore della legge conservano la titolarità presso la scuola di appartenenza (salvo nel caso di mobilità territoriale o professionale che, dall'a.s. 2016/2017, opererà fra gli ambiti professionali) (art. 8).
Sono gli articoli più contestati dai docenti e dalla sinistra e da tutti i docenti che guardano con terrore alla consistenza culturale, organizzativa e relazionale di alcuni loro attuali dirigenti. Il rafforzamento del potere dei dirigenti viene visto in modo negativo, oltre che per la notevole incidenza di "casi umani" all'interno della dirigenza, anche e soprattutto per la filosofia aziendalista (l'uomo solo al comando) che la sottende, mutuata, come sostiene Stefano Rodotà, dalla visione complessiva del potere di Renzi. 
L'avvio, per l'a.s. 2015/2016, di un piano straordinario di assunzioni di docenti a tempo indeterminato, rivolto ai vincitori del concorso del 2012 e agli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, che presentino domanda. I soggetti interessati esprimono l'ordine di preferenza tra i posti di sostegno, se in possesso della necessaria specializzazione, e quelli comuni. Esprimono, inoltre, l'ordine di preferenza fra tutti gli ambiti territoriali (art. 10);
l'assunzione, dal 1° settembre 2016, e per i successivi anni scolastici, fino a totale assorbimento, degli idonei del concorso  del 2012 (art. 10);
l'indizione, entro il 1° ottobre 2015, di un concorso per l'assunzione di (ulteriori) docenti, con attribuzione di un maggior punteggio al titolo di abilitazione all'insegnamento e al servizio prestato a tempo determinato per un periodo continuativo non inferiore a 180 giorni. 
Prevede, altresì, che le graduatorie ad esaurimento del personale docente della scuola dell'infanzia e primaria continueranno ad essere usate per il 50% degli accessi, fino a totale scorrimento e che le  graduatorie ad esaurimento del personale docente della scuola secondaria perderanno efficacia dal 1° settembre 2015 se esaurite (art. 10). 
Con riferimento al termine di durata dei contratti a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili, prevede che il limite dei 36 mesi si applica solo ai contratti che saranno stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge (art. 14).
L'avvocatura civile italiana ha già iniziato a brindare.



Ulteriori previsioni relative ai docenti riguardano:
 il periodo di formazione e prova, cui è subordinata l'effettiva immissione in ruolo. La valutazione di tale periodo sarà effettuata dal dirigente scolastico, sentendo il Comitato per la valutazione dei docenti, di cui entreranno a far parte anche genitori e, per il secondo ciclo di istruzione, studenti (artt. 11 e 13).
Nulla é cambiato rispetto a prima, tranne la nuova formula per la costituzione del comitato di valutazione: nominato dal Consiglio d'Istituto, con la presenza dei genitori e per le superiori degli studenti.

L'istituzione, dal 2016, di un fondo per la valorizzazione del merito del personale docente di ruolo. 
Le risorse, ripartite su base territoriale, saranno assegnate dal dirigente scolastico sulla base di criteri individuati dal Comitato per la valutazione dei docenti ed effettuando una motivata valutazione (art. 13).
E' forse l'aspetto peggiore della legge, quello che  mio parere farà franare l'intero impianto difficoltosamente affermatosi nel tempo, nella scuola italiana della libertà dell'insegnamento e dell'assunzione di responsabilità collegiali. vedi anche: 
 Il dirigente premia i migliori



A livello di agevolazioni fiscali, il testo modificato prevede (artt. 18-19):
un credito d'imposta del 65% per il 2015 e il 2016 e del 50% per il 2017 per chi effettua erogazioni liberali in denaro per la realizzazione di nuove scuole, la manutenzione e il potenziamento di quelle esistenti e il sostegno a interventi per l'occupabilità degli studenti;
una detrazione IRPEF, per un importo annuo non superiore a € 400 euro per studente, per le spese sostenute per la frequenza delle scuole paritarie dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, nonchè delle scuole paritarie e statali del secondo ciclo di istruzione.
E' stata, invece, soppressa la possibilità di destinazione del 5 per mille alle scuole statali e paritarie, dal 2016 (art. 17).
Buona la detrazione fiscale per le donazioni al sistema scolastico in generale e l'abolizione dell'osceno 5 per mille che avrebbe punito le scuole più povere oltre che danneggiare il volontariato sociale che su queste entrate conta molto.


Deleghe al Governo da realizzare entro 18 mesi:

la redazione di un nuovo testo unico -  l'insegnamento nella scuola secondaria - per il quale si prevede  l'accorpamento della fase della formazione iniziale con quella dell'accesso alla professione -  l'inclusione scolastica degli studenti con disabilità e bisogni educativi speciali,  i percorsi dell'istruzione professionale, il (nuovo) sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni, (con quali fondi?) la definizione dei livelli essenziali del diritto allo studio, le scuole italiane all'estero, le modalità di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti del primo ciclo e le modalità di svolgimento degli esami di Stato del primo e del secondo ciclo.


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