lunedì 31 marzo 2014

Incontri





Il volo leggero






Occorre essere leggeri per volare senza sforzo. Gli uccelli sono un buon esempio di volo leggero. Il loro elemento è l’aria e quando stanno sulla terra sembrano sempre un po’ a disagio. Le loro zampe minuscole tengono bene i rami degli alberi o i fili della luce, ma aiutano poco i movimenti terrestri. I loro passi imbarazzati lasciano orme appena accennate, quasi per sbaglio, come di scusa. Il segreto degli uccelli sta nel paradosso dell’assenza, ha molto a che vedere con il vuoto, si spiega togliendo e non riempiendo.
Ho conosciuto persone come uccelli, passate sulla terra in punta di piedi, senza possedere nulla, senza rovinare nulla. Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai. Il loro sguardo sfiora senza desiderio, la loro mano accarezza senza violenza, la loro parola incanta per la disarmante semplicità. Più del cielo che della terra, queste donne e questi uomini ci sono prestati per esempio, per indirizzo: il loro volo ci invita ad alzare lo sguardo.
E rimane lo stupore generato dalla gratuità, rimane lo scompiglio di fronte al silenzio, rimane la difficoltà di capire il perdersi per ritrovarsi. Noi, così pieni, così pesanti.  

Francesco Callegari 

domenica 30 marzo 2014

L'enigma della domenica, 3





Pensiero laterale.









Quando gli scienziati della NASA investirono una fortuna per inventare una penna a sfera che scrivesse nello spazio in assenza di gravità, i loro colleghi russi, per mancanza di soldi, pensarono che si potessero usare più semplicemente le matite. Questo é un classico esempio di pensiero laterale.

Voi ne siete dotati? Mettetevi alla prova con l'enigma seguente. 



La fanciulla e il sassolino bianco 
La Fanciulla ed il Principe si amano perdutamente e vogliono sposarsi. La Perfida Regina è disposta a tutto pur di mandare a monte il matrimonio. Il Re Inetto tace. Allora la Regina sottopone la Fanciulla alle prove più difficili ma ella le supera tutte. Il giorno prima del matrimonio la Regina, il Principe, la Fanciulla e il Re Inetto passeggiano lungo il Viale, ricoperto di Sassolini Bianchi e Sassolini Neri. La Regina prende un sacchetto dalla sua borsa e dice alla Fanciulla: - Hai superato molte prove, ma ne manca ancora una: quella della Fortuna. Non voglio che il principe sposi una ragazza sfortunata. Il tuo coefficiente di fortuna deve essere almeno del 90%. Ed ecco come lo verificherò: metterò in questo sacchetto nove Sassolini Neri e un Sassolino Bianco. Poi tu infilerai una mano nel sacchetto ed estrarrai un sassolino. Se sarà quello Bianco sposerai il Principe, altrimenti sarai imprigionata nella Torre per tutto il resto della tua vita. Accetti quest'ultima prova? - Ss...Sì. - risponde la Fanciulla con voce tremante. La Perfida Regina si china, raccoglie dal Viale 10 Sassolini Neri e li mette nel cofanetto. Capito? Sono tutti Neri! Porcacc... Solo la Fanciulla se ne accorge, mentre il Principe ha la vista annebbiata dall'emozione ed il Re Inetto guarda una farfalla. La Regina esclama, con un ghigno soddisfatto: - Ora estrai un Sassolino e vedremo quale sarà la tua sorte! La Fanciulla... Che cosa avresti fatto tu al posto della Fanciulla?

La soluzione nei prossimi giorni

Vedi anche: l'indovinello di Einstein

sabato 29 marzo 2014

Assalto alla scuola pubblica




La scuola azienda 

che piace al nuovo ministro











I problemi della scuola italiana sono molteplici e di origine antica e strutturale; tralasciando la cronica mancanza di fondi, su cui si sono accaniti i tagli lineari Tremonti-Gelmini, basta ricordare: l'assenza di formazione professionale dei docenti, esclusi un pò quelli della primaria, leggi e regolamenti che si addizionano l'uno all'altro senza integrarsi, il processo di autonomia restato incompiuto, l'assenza di responsabilità, se non quella formale, l'assenza di controllo dei risultati e per finire l'incapacità non dico manageriale, ma almeno gestionale, relazionale e organizzativa di molti cosiddetti dirigenti.
A tutto questo si aggiunge da anni la cronica apatia dei docenti, ormai sfiniti, che non reagiscono più e si danno per vinti.

L'articolo che segue approfondisce alcune di questi mali e mette in guardia su alcune possibili ulteriori derive.


Fonte: micromega

L’intervista che Stefania Giannini ha rilasciato a Vittorio Zincone sul Corriere della Sera del 21 marzo non lascia ombra di dubbio sulle intenzioni del nuovo ministro. L’esordio: Giannini non considera un “inciampo” le proprie dichiarazioni in merito alla necessità di superare il meccanismo degli scatti di anzianità: «Ribadisco con forza: solo in un sistema statico come il nostro l’anzianità è l’unico modo per valorizzare la figura dell’insegnante con un aumento dello stipendio». Il 18 marzo la Camera ha dato il via libera al Decreto che salva gli stipendi del personale della scuola dal prelievo di 150 euro e che ristabilizza gli scatti stipendiali. Giannini “non ha il dono della fede”, ma ha mandato uno dei due figli, entrambi battezzati, in una scuola cattolica. Come in tutte le interviste ribadisce che «Lo Stato deve garantire la qualità dell’istruzione, ma ogni famiglia deve avere la possibilità di scegliere»: largo ai finanziamenti alle paritarie.


Ed ecco il clou: «Premiare i più capaci, disponibili e preparati. I dirigenti scolastici dovrebbero avere l’autonomia per farlo e si dovrebbero assumere la responsabilità delle loro scelte. Un insegnante può essere premiato con un aumento dello stipendio, ma anche con il ruolo di coordinamento di un’area didattica». Incalza Zincone: Oltre ai premi anche le punizioni? «So dove vuole arrivare. Da una parte i più meritevoli promossi con un premio di produttività…». Un premio di produttività? «…se può trovi un’altra espressione dato che questa non è molto amata. Dall’altra si dovrebbe infrangere un tabù…». E punire gli insegnanti incapaci? «Anche con sanzioni, se non viene garantito un livello minimo di qualità».


La scuola-azienda alla riscossa, dunque. Il capo, il manager, il dirigente dovrebbe avere, nel Giannini-pensiero, la funzione di individuare, premiare (o punire) coloro che, a suo giudizio, lo meritano. I “nemici” di Renzi sono gli stessi della Giannini: i sindacati, che avrebbero impedito la realizzazione di una meritocrazia compiuta, in base alla quale le scuole sarebbero state in grado di funzionare meglio. Mi guardo bene dalla difesa della categoria senza se e senza ma, né mi hanno appassionato le politiche sindacali degli ultimi anni. Ma pratico le scuole da tempo sufficiente per sostenere con forza che una simile soluzione è improponibile.
La Giannini, è evidente, di scuola – come i suoi predecessori – deve aver semplicemente orecchiato qualcosa. E non usa l’intelligente prudenza dello studio, dell’osservazione, dell’attesa. Per lei, d’altra parte, “la vita è ritmo”. Sotto la seduzione della velocità moderna – o della modernità veloce – e dell’incompetenza dei suoi cantori, la scuola però rischia di essere definitivamente travolta.
La democrazia scolastica, sancita dai decreti delegati (la Giannini è prima firmataria del disegno di legge 933 del 9/7/13, che ripropone e continua il modello Aprea) si basa su un criterio di equiordinazione (e non di gerarchizzazione) delle componenti e degli organi che ne fanno parte. Esistono necessariamente delle differenze essenziali tra il Dirigente pubblico e il Dirigente scolastico, perché l’assetto organizzativo della Scuola non ha una forma gerarchica perfetta. Ne è prova la presenza degli Organi collegiali. Le decisioni che sostengono l’attività scolastica coinvolgono numerosi organi diversi, ciascuno per la propria competenza. Il dirigente dovrebbe esercitare un’azione di raccordo e coordinamento interorganico determinante e preponderante, per reare e favorire la collaborazione e la comunicazione tra i vari Organi ed evitare l’insorgere di contrasti tra loro. La disomogenea preparazione dei dirigenti, precettati – dal dlgsl che ha stabilito il passaggio dal preside al ds, 125/01 – in modi diversificati, indagando competenze e capacità differenti e spesso reclutando personale non idoneo a svolgere adeguatamente quella funzione che la norma stessa (ricordo, voluta dal centro sinistra) individua come pseudo-manageriale in una luogo, la scuola, cui la Carta affida ben altre funzioni e vocazioni, è un problema evidente.
Ogni istituzione scolastica si regge su un delicato equilibrio. La scuola “funziona” – nel senso che procede, va avanti – in due casi: quando il dirigente esercita (mi affido volontariamente al vocabolario manageriale, di cui i nostri dirigenti scolastici di ultime generazioni amano riempire i propri interventi e a cui ispirano la propria attività) una leadership autoritaria, che si basi o sulla collaborazione acritica (motivata da intima condivisione, da timore, da mancanza di autonomia) del proprio staff; o da una leadership condivisa e diffusa, poiché le responsabilità e le funzioni sono talmente ampie che non possono risiedere in capo ad un’unica persona. Il primo modello in particolare può dar luogo a valutazioni dei docenti coinvolti che esulino da altri parametri (che risulterebbero comunque opinabili – successo formativo degli studenti, la capacità di entrare in rapporto con loro, il consenso che l’attività del docente riscuota presso le famiglie – poiché i soggetti in apprendimento sono tutti diversi l’uno dall’altro, come diverse sono le opportunità che essi hanno avuto per rispondere alle sollecitazioni in un modo piuttosto che in un altro). Siamo certi che una voce contraria o costantemente contraria alle convinzioni e alla strategia di un preside-manager – in collegio, in consiglio di istituto, al tavolo della contrattazione, nel rapporto diretto uno a uno – riscuoterebbe una valutazione sempre imparziale da parte del dirigente?
Quello che colpisce è l’uso di alcuni concetti totem: autonomia e meritocrazia, in particolare. In nome della manipolazione personale, dell’interpretazione soggettiva, questi due elementi sono diventati l’Abc del moderno e aggressivo riformatore della scuola del XXI secolo. Ai dirigenti, alla loro autonomia, la Giannini vorrebbe affidare il reclutamento dei docenti, sostituendo la pratica concorsuale. Sempre a loro, il riconoscimento del merito. In un mondo triste di competizione, di clientelismo, di asservimento, di efficienza e produttività: la Scuola dov’è?
Viaggiamo a passi da gigante verso una giungla priva di garanzie, in cui ognuno fa la scuola che vuole, la scuola che pensa, senza parametri che consentano l’esercizio della divergenza, la non omologazione al Pensiero Unico, la sottrazione a logiche di mercato e clientelari. Non è bastata e non basta la pratica di reclutamento presso le scuole private, che per anni hanno abbassato livelli e innalzato privilegi soggettivi, pur di avere personale o altamente “affidabile” rispetto alle proprie finalità o manodopera a basso costo. Il modello che stanno rincorrendo – e nemmeno nascostamente – è quello.
Continua a rimanere incomprensibile l’assenza di alcun tipo di resistenza da parte della scuola. Sono queste le condizioni in cui un progetto – avventuroso e dilettantistico sì, ma preciso e finalizzato – non avrà difficoltà ad affermarsi.
Marina Boscaino

venerdì 28 marzo 2014

Campo di concentramento fascista a Chiesanuova



Placido Cortese, 
frate conventuale di Padova
eroe della Resistenza






Non tutti sanno che a partire dal 1941, con l'occupazione italiana della Iugoslavia,  i fascisti deportarono in Italia decine di migliaia di sloveni, croati, serbi e bosniaci. Il campo più grande, su cui tornerò in occasione del 25 Aprile, si trovava a Gonars, ma anche Padova fu coinvolta: dalla caserma Romagnoli di Chiesanuova passarono circa 10.000 sloveni e croati.
Dopo l'8 settembre il campo passò in mano dei nazisti.
Padre Placido Cortese, istriano di Cherso, trapiantato a Padova, ne salvò moltissimi dalla morte sicura per fame.
Il prossimo 1 aprile se ne ricorda la figura e l'opera al cinema Esperia.




Le due Italie



Arrendetevi! 
siete tutti non circoncisi







Irresistibile gag qualche giorno fa in Parlamento. Protagonisti il portavoce Tripiedi, disdoro (vergogna/disonore) degli idraulici d'Italia, seppur con un curricolo di attivismo parlamentare di tutto rispetto, stando almeno alla lunghezza,  e il molto onorevole Baldelli di Forza Italia, l'anti Santanchè, attuale vicepresidente della Camera (una poltrona non si nega a Nessuno!) di cui gli annali ricordano una storica imitazione della Boldrini
Renzi, invece, le spara a palle incatenate, ma almeno parla in italiano, consoliamoci..

Ma lasciamo la parola ad Astolfo (SEL):
La prima Italia, quella di oggi. Luogo: Camera dei Deputati. Parlamentari giovani, maschi, incravattati, inamidati, scremati dalla rete, nominati dal Capo della tribù di partito o di movimento, che dir si voglia. Riflettori puntati, telecamere fisse, microfoni aperti, smartphone pronto, twitter ad ogni quarto di ora. La parola a Davide Tripiedi, cittadino delle 5 Stelle, ne ha facoltà. “Sarò breve e circonciso”, esordisce, inconsapevole della problematica che comporta, tanto la prima quanto, soprattutto, la seconda connotazione anticipatrice del suo discorso. Lo corregge dallo scranno più alto il presidente di turno, Simone Baldelli, di Forza Italia: “Coinciso, quella è un’altra cosa…”. Coinciso: participio passato di “coincidere”, l’incontrarsi di due cose nel medesimo punto. In questo caso due ignoranze lessicali s’incontrano attorno al nulla.

La seconda Italia. Luogo: Locvizza, sul Carso (non oso pensare come Tripiedi e Baldelli coniugherebbero questa remota località patria), trincea, prima guerra mondiale. Quest’anno ricorrono cent’anni dal suo triste e orrido inizio. Un umile soldato di nome Giuseppe Ungaretti tra un assalto e l’altro compone poesie e quando ne ha messe insieme una raccolta che intitola, amaramente più che ironicamente, "Allegria di naufraghi" le spedisce ad un suo amico editore, di nome Ettore Serra. Con queste parole: Gentile / Ettore Serra poesia / è il mondo l’umanità / la propria vita / fioriti dalla parola / la limpida meraviglia / di un delirante fermento // Quando trovo / in questo mio silenzio / una parola / scavata è nella mia vita / come un abisso.

Qualche anno dopo Eugene Ionesco, drammaturgo e scrittore rumeno naturalizzato francese, in previsione della nascita di due italiani di nome Tripiedi e Baldelli, si sentì in diritto di forgiare la celebre espressione: “Solo le parole contano, il resto sono chiacchere”.

Due Italie, di oggi e di ieri. Di Tripiedi-Baldelli e di Giuseppe Ungaretti. Perché ci ostiniamo a pensare che il mondo vada in avanti?

giovedì 27 marzo 2014

Dimissioni in bianco



Un caso clinico 
Mentono sapendo di mentire
o in assoluta buona fede?







Il semplice meccanismo del rilascio via web di moduli per le dimissioni volontarie, numerati e con accertamento dell'identità del richiedente é il primo passo verso l'abbattimento del ricatto: chi non lo riconosce o è complice o ha la diffusissima attitudine ad adattare la realtà al proprio pensiero. pm


«Finalmente viene ripristinata una norma di civiltà che elimina l’odiosa pratica delle dimissioni in bianco, un ricatto fatto al momento dell’assunzione, sopratutto nei confronti delle ragazze, dei ragazzi e delle giovani madri. Ora il Senato approvi il più rapidamente possibile questo provvedimento con buona pace di Grillo e di Sacconi».

Lo afferma la vicepresidente dei Deputati di Sel on. Titti Di Salvo, componente della Commissione Lavoro e firmataria di uno dei progetti di legge sulle dimissioni in bianco approvati dalla Camera dei Deputati.

Il Parlamento, dopo la cancellazione della legge nel 2008 e le modifiche tortuose e inefficaci della legge Fornero, fa un passo in avanti per ripristinare un diritto, per sancire un principio: per lavorare non si deve sottostare a un ricatto. E questa regola é un vantaggio per le imprese sane.

Sacconi e Grillo, che hanno avversato l’approvazione di questo provvedimento accampando motivazioni incomprensibili, possono stare tranquilli: con il modulo scaricabile gratis da internet, che prevede una numerazione progressiva e una scadenza certa, si previene il ricatto. Fino ad oggi invece si interveniva soltanto a posteriori e le dimissioni in bianco hanno continuato ad esistere.

Mentre il dibattito era ancora in corso Beppe Grillo attaccava dal suo blog sostenendo che “Su pressioni della lobby di Confindustria, vista nei corridoi della Camera a ronzare intorno ai deputati della maggioranza, infatti, ecco che a Montecitorio passa una legge che neutralizza la convalida… indovinate per quale categoria? Proprio per le lavoratrici giovani, neospose e neomamme! Le quali potranno ora, con comodo, firmare un moduletto in azienda e via andare. Con comodo del datore di lavoro, naturalmente, che potrà buttarle fuori senza dover più dare spiegazioni a nessuno”.

Imediata la replica di Titti di Salvo che rispondeva: «Mentono sapendo di mentire. La legge contro le dimissioni in bianco che stiamo discutendo in aula, che introduce il modulo con numerazione progressiva previsto nel 2007 e eliminato dall’allora ministro del governo Berlusconi Sacconi, previene l’abuso e il ricatto. La convalida di cui parla a sproposito Grillo (e ovviamente i suoi deputati) prevede che il ricatto sia già avvenuto e che con un questionario presso l’ispettorato del lavoro si riesca a capire l’intenzione del lavoratore o della lavoratrice. Solo in 30 casi su decine di migliaia di verifiche e di convalide l’ispettorato del lavoro ha stabilito che c’era un abuso. Grillo può dirci se secondo lui i casi di dimissioni in bianco erano soltanto 30? Il punto è proprio questo: il modulo numerato (a costo zero scaricabile da internet) che ha una scadenza di 15 giorni, previene il ricatto, tutto il resto (cioè la legge Fornero) è un tortuoso meccanismo di verifica ex post, di cui l’onere della prova è a carico della lavoratrice e del lavoratore».

Soddisfatto per l’approvazione anche Nichi Vendola: «La legge contro le dimissioni in bianco fu la prima ad essere cancellata da Berlusconi e dalla sua maggioranza appena tornato al potere, qualche anno fa, evidentemente allergici ai diritti sociali e ai diritti civili. Ieri Montecitorio, grazie all’impegno caparbio in questi anni di Sel e di tanti movimenti ed associazioni, fa il primo passo per far riavere alle donne del nostro Paese norme di civiltà e di libertà».

La legge integrale

Indipendentismo siciliano


Il primo invasore della Sicilia? Ulisse,parola di Raffaele Lombardo







Non ci manca niente, in Sicilia: oltre al più grande bene d'esportazione, riconosciuto a livello mondiale, e non parlo delle arance, ci sono importanti giacimenti di vittimismo, di autoindulgenza, di rimpianto del passato dorato e sacche ancora inesplorate di..indipendentismo: non Serenissimi, ma neoborbonici o Briganti. A ciascuno la sua croce! 

Così si riscrive la storia e l'economia, ad usum delphini: il regno delle due Sicilie, avanguardia in Europa per suo sistema industriale, con un'economia florida depredata dalla massoneria unitaria, le riserve auree di Napoli e del banco di Sicilia trasferite nottetempo alla banca d'Italia ecc.
Certo ci sono anche pagine di storia buie che attraversano il mito del Risorgimento e Bronte ne è solo un esempio, ma a distanza di 150 anni questi fatti sono solo un paravento per coprire inettitudine, sprechi, ruberie unitarie e autonomistiche.

Allo stesso modo, cambiando latitudine, i fasti della Serenissima sono un paravento per coprire un certo vittimismo nordista (il presunto sfruttamento del nord ha fatto le fortune di molti!), una endemica e geograficamente trasversale propensione a evadere il fisco e una ormai diffusa accondiscendenza da colletti bianchi al malaffare mafioso e ndranghetista, al di là della linea della palma. 

Ma tornando alla Sicilia, nessuno cita Giorgio Napolitano, quando afferma:
"Se vogliamo avere ragioni forti nei confronti dei pregiudizi antimeridionali, non dobbiamo farlo da meridionali e non dobbiamo essere indulgenti verso noi stessi. Non c'è nulla di più grave dell'autoindulgenza."

Invece si cita assai più frequentemente Goethe:   
in Sicilia che si trova la chiave di tutto. La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa,la cedevole scambievolezza delle tinte, l’unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra…
chi li ha visti una sola volta, li possiederà per tutta la vita".

E si dimentica  Cicerone:
 "i siciliani: gente acuta e sospettosa, nata per le controversie"


I siciliani generalmente sono più astuti che prudenti, più acuti che
sinceri, amano le novità, sono litigiosi, adulatori e per natura invidiosi; sottili critici delle azioni dei governanti, ritengono sia facile realizzare tutto quello che loro dicono farebbero se fossero al posto dei governanti. D'altra parte, sono obbedienti alla Giustizia, fedeli al Re e sempre pronti ad aiutarlo, affezionati ai forestieri e pieni di riguardi nello stabilirsi delle amicizie. La loro natura è fatta di due estremi: sono sommamente timidi e sommamente temerari. Timidi quando trattano i loro affari, poiché sono molto attaccati ai propri interessi e per portarli a buon fine si trasformano come tanti Protei, si sottomettono a chiunque può agevolarli e diventano a tal punto servili che sembrano nati per servire. Ma sono di incredibile temerarietà quando maneggiano la cosa pubblica e allora agiscono in tutt'altro modo. 

mercoledì 26 marzo 2014

Indipendenza, un sondaggio autonomo


Risultati diversi
ma sostanzialmente concordanti
nella ricerca di Ilvo Diamanti








Dopo la proclamazione dei risultati del referendum/sondaggio on line fatta dagli indipendentisti, a lato delle manifestazioni di gioia, di solidarietà o quanto meno di comprensione, si sono levate, per fortuna, anche delle voci critiche. Non solo da parte dei veneti acquisiti, come posso esser io, ma anche dai veneti doc, amanti della propria terra, partecipi delle difficoltà e delle delusioni di tutti gli altri, ma inorriditi dal pressappochismo, dall'ignoranza della storia, dal populismo e dalla demagogia di una risposta puerile e impraticabile ad un problema vero e drammatico.
Chi blatera (e adesso ha ricominciato anche la Padania) di indipendenza, di nazione e soprattutto di similitudini con la Catalogna, dovrebbe leggere qualche elementare dato macro economico e storico: la Catalogna rappresenta il 30% del PIL dell'intera Spagna, mentre il Veneto solo il 9% di quello italiano (per di più frammentato in piccole imprese, croce e delizia dell'economia da garage), la regione iberica ha una sua storia millenaria, una sua lingua autonoma, non altrettanto può dirsi del Veneto, con buona pace dei venetisti, che adattano la realtà alle proprie idee. 
Il dato emerso dal referendum venetista è quasi sicuramente una esagerazione numerica e propagandistica, che Zaia si appresta a cavalcare sperando in una rielezione, ma un sondaggio effettuato in modo più serio da Ilvo Diamanti per conto di Repubblica, ha dato risultati sicuramente meno appariscenti di quelli del referendum, ma altrettanto significativi: il 55% dei Veneti, sia che abbia votato o no al referendum, è favorevole al Veneto indipendente e sovrano! 


La sintesi della ricerca si può trovare su la Repubblica, mentre di seguito pubblico le tabelle che mancano nell'articolo di stampa. 
La terza tabella dà conto anche della composizione culturale e politica delle diverse opzioni.





Altri sondaggi Demos, che potrebbero interessare:

Gli immigrati sono una risorsa; anche qui una prevedibile prevalenza anti immigrati nelle fasce d'età avanzate, nei livelli d'istruzione bassa; e non datemi del razzista, perchè succede anche a Milano o in Sicilia!

martedì 25 marzo 2014

La verità e l'onestà



Vorrei proporre alla benevola considerazione del lettore una teoria che potrà sembrare paradossale e sovversiva. La teoria è questa: che sarebbe opportuno non prestare fede a una proposizione fino a quando non vi sia un fondato motivo per presupporla vera. Ammetto, naturalmente, che se questa opinione divenisse comune, ne risulterebbero completamente trasformati la nostra vita sociale e il nostro sistema politico, il che non deporrebbe a favore della mia tesi, dato il perfetto funzionamento dell'una e dell'altro, oggi. E so anche bene una cosa forse più seria, che una dottrina di questo genere provocherebbe una diminuzione delle entrate dei chiaroveggenti, dei bookmakers, dei vescovi e di tutte quelle persone che vivono sulle speranze irrazionali di coloro che non hanno fatto nulla per meritarsi una buona sorte in questo o nell'altro mondo. Ma nonostante questi gravi argomenti in contrario, sono convinto che sul mio paradosso vale la pena di aprire la discussione, ed è appunto questo che cercherò di fare.
Bertrand Russell, Saggi scettici (1956)


San Cataldo, Palermo

Ma oltre a perseguire la verità, bisogna avere anche il dono dell'onestà: 
"Onesto é colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla Verità. Disonesto é colui che cambia la Verità per accordarla al proprio pensiero"
Proverbio arabo.

lunedì 24 marzo 2014

Disinformazione



Il potere della (Dis)informazione nell’era della grande credulità
Una ricerca svela: in Rete sempre più difficile distinguere tra notizie reali e menzogne





Fonte: La Stampa . Walter Quattrociocchi e Gianni Riotta


La Camera Alta della Repubblica ha stanziato la cifra con 257 voti a favore e 165 astensioni. Come capirete, in questa stagione di corruzione politica e sdegno popolare contro i privilegi della «casta » l’improvvida iniziativa del senatore Cirenga ha sollevato online, nel cosiddetto «popolo del web», un’ondata di proteste. In oltre 36 mila condividono l’appello per denunciare Cirenga, la sua pagina Facebook, con tanto di foto, è consultata con irritazione, peccato però che non ci si accorga - Google sta lì per questo - che nessun senatore si chiama Cirenga, che il sito del Senato non reca notizia della legge, che la somma dei voti è 422, mentre i senatori son 315 (più i senatori a vita). 134 miliardi di euro sono un decimo circa del Prodotto interno italiano, cassaforte eccessiva perfino per l’ingordigia dominante.

Perché in tanti abboccano a una notizia palesemente falsa, «una bufala » in gergo, come mai la Rete diffonde e discute sui siti un’ovvia finzione, come si informano online gli utenti e come distinguono tra testate con un controllo professionale dei testi e homepage dove invece ciascuno posta quel che gli aggrada senza controlli? Secondo una ricerca 2014 del World Economic Forum, curata dalla professoressa Farida Vis dell’Università di Sheffield, tra i dieci pericoli maggiori del nostro tempo c’è «la diffusione di false notizie», capaci di disorientare il dibattito politico dai temi reali, la Borsa e i mercati dall’economia concreta e sviare l’opinione pubblica su miti come l’Aids non legato all’Hiv, i vaccini che diffondono autismo, le scie chimiche degli aerei seminatrici di morte.

 Come dunque individuare le fonti inquinate dell’informazione e chi sono i cittadini più esposti alle fole? Se lo chiede un team di studiosi della Northeastern University di Boston, dell’Università di Lione e del Laboratory of Computational Social Science (CSSLab) del Centro Alti Studi Imt di Lucca (Delia Mocanu, Luca Rossi, Qian Zhang, Màrton Karsai, Walter Quattrociocchi) in una ricercadal titolo rivelatore: «Collective Attention in the Age of (Mis)information», l’attenzione collettiva nell’età della (dis)informazione (http://goo.gl/6TxVfz). Dai risultati, purtroppo, si evince che l’attenzione pubblica è scarsa e la disinformazione potente al punto che spesso è considerata dai cittadini pari all’informazione classica.

Per molti utenti della Rete il tempo dedicato ai miti e quello speso analizzando i fatti si equivalgono. Chi comincia a bazzicare siti dove complotti, false notizie e deformazioni vengono creati in serie, rapidamente si assuefà e perde senso critico. Lo studio conferma una delle caratteristiche più infide del nostro tempo online: su testate satiriche o forum aperti, i «trolls», utenti anonimi che diffondono battutacce, menzogne, grossolane e comiche esagerazioni, vengono spesso equivocati per fonti autorevoli e il loro teatrino scambiato per realtà. Un esempio recente, quando la voce dell’enciclopedia Wikipedia relativa al filosofo Manlio Sgalambro è ritoccata nelle ore della sua morte, rendendo l’austero studioso «autore di “Madama Doré” e “Fra Martino Campanaro”». All’assurda «trollata» credono persone comuni e autorevoli testate. Lo studio ha seguito oltre 2.300.000 persone su social media come Facebook durante la campagna elettorale politica italiana del 2013 e i risultati negano la tesi popolare dell’«intelligenza collettiva» che animerebbe la Rete, provando invece l’esistenza di un iceberg grigio di «credulità collettiva». I seguaci delle «teorie del complotto» credono che il mondo sia controllato da persone, o organizzazioni, onnipotenti, e interpretano ogni smentita alle proprie opinioni come una manovra occulta degli avversari.

La ricerca prova come la dinamica sociale di Facebook, mischiando in modo apparentemente neutrale vero e falso, finisca per affermare le menzogne sulle verità. Gli attivisti online via Facebook evitano di confrontarsi con fonti che contraddicono le loro versioni, persuasi che spargano falsità per interessi spregevoli. Il dibattito langue, le versioni diverse non trovano una sintesi, i «trolls» spacciano sarcasmi per notizie. Preoccupazione suscita la par condicio online tra fonti prive di autenticità e siti professionali, chi cerca informazioni finisce per dedicare la stessa attenzione a bufale tipo «Senatore Cirenga» e alla vera riforma del Senato, spesa pubblica, governo. «Ex falso sequitur quodlibet» è massima della logica tradizionale, attribuita spesso al filosofo Duns Scoto, ma in realtà di autore ignoto: da premesse fasulle potete far derivare sia proposizioni «vere» che «false», con la terribile conseguenza di non potere distinguere bugie e realtà. Il web, dimostra la ricerca sulla (Dis)informazione, può trasformarsi in guazzabuglio «Quodlibet» alla Cirenga.

E un cittadino, quando si avvia per la strada dei miti online, tende a perdersi nel labirinto delle bugie: chi è disposto a comprare la bubbola dell’Aids che non deriva dal virus Hiv, deduce poi che l’Aids è stato creato dal governo americano per decimare gli afroamericani, e così via via per l’11 settembre, il Club Bilderberg che controlla l’economia mondiale, le scie chimiche: date uno sguardo al web, edicole e talk show...

Vedi anche: Bufale in internet

Referendum e altro ancora




Inquietanti analogie




Prima di conoscere i risultati del referendum secessionista (on line) Grillo era già partito alla rincorsa, inneggiando pittorescamente al lombardo-veneto, al regno delle due Sicilie, alla fuga dall'euro, ecc. 

Mala tempora currunt: gli strateghi delle bufale informatiche si inseguono, sfruttando l'ingenuità, l'irrazionalità e il mal di vivere della gente. Milioni di clik, rigorosamente non certificati, gonfiano le statistiche dell'una e dell'altra parte.

Così può accadere che da un giorno all'altro si debba pagare il caffè con un "scheo" e questa é la farsa, molto apprezzata in Ucraina si dice, ma può accadere anche di peggio, ma questa é una tragica realtà. Può accadere ad esempio che da un giorno all'altro militanti seri, appassionati e "legati al territorio"  vengano messi alla porta, solo perchè hanno una testa, perchè non possono tollerare lesioni alla dignità personale e alla verità, perchè poco conformisti 2.0 (o perché troppo a sinistra?).

I casi di Napoli e di Palermo sono emblematici. Chi ha votato Grasso al Senato, per non avere Schifani, è stato in un primo tempo perdonato, ma poi la longa manus della ditta ha fatto il suo corso.
Se un Buccarella si permette di votare liberamente, cioè secondo costituzione, sul reato di immigrazione clandestina, gli si fa gentilmente notare che di quel passo il movimento raggiungerebbe prefissi da teleselezione.

Se un Pizzarotti minaccia di alzare la cresta, viene subito sedato. 
Se un portavoce o un cittadino non sta ai diktat ci pensano gli incappucciati del web. 

Storia vecchia:  gli opportunisti, sempre presenti nella storia italiana, alleati con gli integralisti, si fanno avanti e rischiano di prevalere a danno non della democrazia interna al M5S, che sarebbe già grave, ma non irrimediabile, ma a danno della democrazia tout court e soprattutto delle speranze e delle aspirazioni di molti.

Grillo, intanto,  con modestia, dichiara di contare sempre meno nel movimento e che i deputati devono vedersela con Casaleggio (intervista a Repubblica non ancora smentita) e dopo qualche ora lancia nell'etere, questa volta tramite un odiato pennivendolo di La7, una inedita teoria del complotto: Bersani, povero pirla, giocato da Letta. Continuiamo così, l'Italia ha bisogno di ridere: l'ha detto anche Berlusconi. 
   

domenica 23 marzo 2014

L'enigma della domenica, 2






L'indovinello di Einstein 








Vedi anche:  l'enigma n.1


Ci sono 5 case di 5 colori differenti e in ogni casa vive una persona di diversa nazionalità. Queste 5 persone bevono una certa bibita, fumano una certa marca di sigarette e hanno un tipo di animale. Nessuno ha lo stesso animale, fuma le stesse sigarette o beve la stessa bibita. Sapendo che: L'inglese vive nella casa rossa. Lo svedese ha dei cani. Il danese beve tè. La casa verde è a immediatamente a sinistra della bianca. L'abitante della casa verde beve caffè. La persona che fuma Marlboro alleva uccelli. L'abitante della casa gialla fuma Dunhill. L'abitante della casa al centro beve latte. Il Norvegese vive nella prima casa. La persona che fuma Blend vive accanto a quella che ha gatti. La persona che ha cavalli vive accanto a quella che fuma Dunhill. La persona che fuma Camel beve birra. Il tedesco fuma Pall Mall. Il Norvegese vive accanto alla casa blu. La persona che fuma Blend ha un vicino che beve acqua. Sapreste dire con precisione chi ha i pesci?


Una traccia per la soluzione:
Per risolvere l'enigma ordinare tutti gli oggetti e le persone in una tabella:
-Gialla, norvegese, acqua, gatti, Dunhill 
-Blu, danese, te, cavalli, Blend 
-Rossa, inglese, latte, uccelli, Marlboro 
-Verde, tedesco, caffè, pesci, Pall Mall 
-Bianca, svedese, birra, cani, Camel

fonte: thetotalsite.it

sabato 22 marzo 2014

Discorso di Pericle agli ateniesi



Il nostro governo favorisce i molti e non i pochi..
la giustizia è uguale per tutti..
rispettare i magistrati e le leggi non scritte..
un cittadino che si distingue sarà chiamato a servire lo Stato come ricompensa..
un ateniese non si occupa dei pubblici affari per risolvere sue questioni private..
un uomo che non si interessa allo Stato lo consideriamo inutile..
è per questo che la nostra città é aperta al mondo: noi non cacciamo mai uno straniero..
Che dire di più?







Pericle visse dal 495 al 429 avanti Cristo, ad Atene, di cui fu guida dal 461 al 431 (notare l'età d'inizio della carriera politica!!), sottostando annualmente a libere elezioni. Messosi al sicuro con Sparta attraverso la firma di una pace trentennale si dedicò all'abbellimento di Atene, costruendo tra l'altro il Partenone. Promosse l'attuazione di una maggiore giustizia sociale coi sussidi statali agli invalidi e agli orfani dei caduti in guerra. Ma non è tutto ora quello che riluce: di fatto alla fine dei suoi anni iniziò una disastrosa guerra con Sparta che impoverì tutti i greci e fu l'inizio della decadenza di Atene. Il discorso letto nel video é un frammento, tramandato da Tucidide, dell'epitaffio pronunciato in commemorazione dei caduti ateniesi dopo il primo anno di guerra.

venerdì 21 marzo 2014

Le risposte di Tsipras




Le risposte di Tsipras Italia 

alle cinque domande








Fonte: Huffington  post

1) La lista “L’Altra Europa con Tsipras” è nata dall’appello “L’Europa al bivio. Con Tsipras una lista autonoma della società civile”, sottoscritto il 18 gennaio scorso da Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Luciano Gallino, Marco Revelli, Barbara Spinelli e Guido Viale. Queste sei persone, insieme allo stesso Alexis Tsipras, hanno successivamente assunto il ruolo di “garanti” della lista, stabilendo sia i criteri delle candidature sia la composizione delle liste, e oggi continuano a ricoprire questo ruolo per vigilare sulla coerenza dell’operato della lista e dei candidati nei confronti del progetto che avevano lanciato, consapevoli del fatto che hanno messo il loro nome e la loro faccia a garanzia di questo tentativo ambizioso.
Esiste poi un comitato operativo, composto da firmatari dell’appello, attivisti di movimenti e reti sociali e rappresentanti di forze politiche, come Sinistra Ecologia Libertà e Rifondazione Comunista, che porta avanti quotidianamente la gestione della raccolta firme e della campagna elettorale, sotto la supervisione dei garanti. Abbiamo 73 candidati e candidate, che hanno messo la propria storia a disposizione del nostro progetto. Si tratta di storie bellissime di impegno e partecipazione, legate alle battaglie e alle iniziative più alte e importanti degli ultimi anni, dal movimento studentesco al referendum sull’acqua, dai No Tav alla difesa del posto di lavoro. La miglior rappresentazione della lista “L’Altra Europa con Tsipras” è data proprio dai candidati: storie diverse, di partito e di movimento, da cittadino o da realtà associata, che si mettono insieme per un obiettivo comune, quelli di cambiare l’Europa. 
Ed esistono, soprattutto, centinaia di comitati locali, nati in tutta Italia nelle scorse settimane, in cui militanti di partito, attivisti e cittadini che partecipano per la prima volta alla politica danno il loro contributo per il cambiamento dell’Europa, mettendo a disposizione da volontari le proprie idee e le proprie energie.
A cantare vittoria se la lista dovesse ottenere un buon risultato saranno soprattutto loro: quelli che vivono le scelte politiche ed economiche dell’Unione Europea sulla propria pelle, sotto forma di tagli al welfare, di perdita del posto di lavoro, di grandi opere inutili che devastano il territorio. Lo vediamo già oggi, raccogliendo le 150 mila firme necessarie a poterci presentare, in migliaia di banchetti nelle strade e nelle piazze di ogni città italiana: è dalle persone che partecipano, da loro, e da chi si unirà a loro, che dipenderà il nostro successo.
2) Non avremmo alcun problema a rendere conto dei soldi che abbiamo, se solo ne avessimo. Scherzi a parte: la campagna elettorale non è ancora iniziata, e quindi, esattamente come tutte le altre liste che parteciperanno alle elezioni del 25 maggio, non abbiamo ancora iniziato la corrispondente rendicontazione. Ma non abbiamo alcun problema a iniziare a essere trasparenti fin da ora, ben prima di tutti gli altri: per ora abbiamo raccolto, attraverso tante piccole donazioni da parte di singoli cittadini, poco più di 20 mila euro, che sono stati utilizzati per l’affitto di un ufficio a Roma e per le prime spese. Nelle prossime settimane, entro l’inizio della campagna elettorale, renderemo conto nel dettaglio di entrate e uscite, in corrispondenza dell’inizio della nostra campagna di autofinanziamento, che avrà bisogno del contributo di tanti e tante: dalle tradizionali cene di sottoscrizione al crowdfunding, vogliamo mettere in campo tanti strumenti diversi per una politica che non dipenda dal sostegno dei grandi gruppi economici. Per chi, come noi, non ne dispone, la risorsa più importante è la partecipazione volontaria degli attivisti, e la disponibilità dei cittadini a mettere il proprio lavoro e anche un po’ di soldi al servizio del cambiamento.
3) La vicenda legata al ritiro della candidatura di Antonia Battaglia è ben illustrata dallo scambio di mail tra i garanti della lista e la stessa Battaglia, che abbiamo pubblicato sul nostro sito, e lo diciamo anche con un certo orgoglio, dato che non siamo a conoscenza di altre forze politiche che rendano trasparenti le scelte delle candidature al punto di pubblicare online la corrispondenza con i candidati. Le prese di posizione di Antonia Battaglia su Sel e sull’amministrazione Vendola sono note e pubbliche e non da oggi, quindi ci pare difficile capire come fosse possibile occultarle. Ma nonostante questo ritenevamo che anche chi ha dissensi importanti sulle responsabilità relative alla gestione della vicenda Ilva, cioè Sinistra Ecologia Libertà da una parte, e Antonia Battaglia dall’altra, potesse fare una battaglia comune su un tema che ci unisce tutti, cioè l’inversione di rotta nelle politiche europee.
Quando si fa, come abbiamo fatto noi, una lista di cittadinanza aperta e composita, è impossibile che tutti i candidati concordino su tutto: l’importante è che concordino sui temi europei e sui 10 punti di Tsipras per cambiare l’Europa. Sarebbe stato quindi controproducente, nonché contrario ai principi da cui è nata la lista, permettere veti reciproci. È per questo che Antonia Battaglia ha ritirato la sua candidatura, una scelta che ci dispiace molto, come ha testimoniato lo stesso Alexis Tsipras con una lettera pubblica, ma che rispettiamo. Noi siamo stati coerenti con i nostri principi di apertura e inclusività, lei con la propria intransigenza. In ultima istanza, ci sembra una pagina pulita di politica, una volta tanto.
Sarebbe bello, permetteteci di dirlo, che i media dessero alle 73 candidature che oggi sono in campo lo stesso spazio che hanno dato alle 3 che non lo sono più. E non lo diciamo solo per interesse, ma anche e soprattutto perché sono belle storie, di impegno e partecipazione. Sono un’Italia migliore di quella che siamo abituati a vedere raccontata sui giornali. E anche di quella che siamo abituata a vedere nelle liste di Pd, Pdl ed M5S. 
(Nota della redazione: la prima candidata rom in lista alle europee: Dijana Pavlovic)
4) In questo caso non c’è nessuna incoerenza, dato che i candidati che, nel caso, subentreranno, saranno stati a loro volta scelti con le preferenze da parte dei cittadini, e non da qualche segreteria di partito.
La scelta di Barbara Spinelli, Moni Ovadia ed Adriano Prosperi di annunciare prima ancora dell’inizio della campagna elettorale che le loro sono candidature “di servizio”, per sostenere la lista e non per andare a Strasburgo, è una scelta di trasparenza che, a nostra memoria, non ha precedenti nella politica italiana. Negli ultimi anni Pd e Pdl hanno candidato capilista identici in tutte le circoscrizioni e hanno trattato il Parlamento europeo come un parcheggio temporaneo per star televisive o leader da far rientrare dopo pochi mesi in Italia. Noi, invece, manderemo al Parlamento europeo persone che hanno deciso di dedicarsi a quell’impegno, in maniera completa e senza riserve, per 5 anni. Chi non lo intende fare, lo annuncia prima, in modo da dare agli elettori e alle elettrici tutti gli elementi per compiere la loro libera scelta. La differenza ci pare significativa, e da che parte stiano coerenza e trasparenza lo è altrettanto.
5) Evidentemente ricorda male: hanno indicato il nome del proprio leader nel simbolo anche il Pd (Veltroni), il Pdl (Berlusconi) e tanti altri. Accusare di personalismo noi, quando abbiamo un presidente del consiglio che ha licenziato il suo predecessore in quattro e quattr’otto per prenderne il posto, caccia ministri e compagni di partito con semplici battute in conferenza stampa e fa comizi in diretta televisiva illustrando con infinite slide un progetto di legge che è l’unico a conoscere, ci sembra davvero ironico. Ma non ci sottraiamo e rispondiamo.
Alexis Tsipras non è “il leader” della nostra lista. È il candidato che vogliamo sostenere alla presidenza della Commissione europea, insieme a tante altre forze di sinistra in tutta l’Unione. Il Parlamento europeo ha dato precisa indicazione affinché tutti i partiti, europei e nazionali, rendessero più evidente possibile il candidato da loro sostenuto. Per ora, in Italia, noi siamo gli unici a farlo.
Non è difficile capire perché: è imbarazzante, per Silvio Berlusconi, che ogni giorno tuona contro il rigore imposta dalla Germania, far sapere ai cittadini che un voto dato al Pdl sarà un voto dato al suo candidato presidente, cioè Jean-Claude Juncker, che da presidente dell’Eurogruppo ha benedetto tutte le politiche di austerity che abbiamo subito in questi anni. È altrettanto imbarazzante, per Matteo Renzi, che teoricamente è a capo di un partito di centrosinistra, far sapere agli elettori che un voto dato al Pd sarà un voto dato al suo candidato presidente, cioè Martin Schulz, che in Germania è al governo insieme alla stessa destra di Angela Merkel che in Europa dovrebbe combattere. Ed è imbarazzante, per Beppe Grillo, far sapere ai suoi elettori che non esiste nessuna prospettiva di incidere a livello europeo per il Movimento Cinque Stelle, che per ora ha scelto l’isolamento.

Noi, invece, lo diciamo perché ne siamo orgogliosi: il nostro candidato alla presidenza della Commissione europea è Alexis Tsipras, il simbolo della resistenza del popolo greco contro la violenza dell’austerity e della volontà di riscatto dei cittadini di tutta Europa. C’è molto più popolo e molta più collettività dietro al nome di Alexis Tsipras, che in tutti i simboli degli altri partiti messi insieme.

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