domenica 23 febbraio 2020

Una scuola elementare a Bamako




Conoscere Boubacar servirebbe a molti per cancellare ogni tipo di  pregiudizio. Io ho avuto la fortuna di incontrarlo quando, ormai sei anni fa, aiutavo un gruppo di uomini e di ragazzi appena arrivati da Pozzallo ad imparare i primi elementi dell'italiano. 
Boubacar era uno di questi, partito dal Mali quando la Libia aveva appena smesso di essere un miraggio di benessere e di lavoro per le popolazioni sub sahariane. Nel 2014 ancora le condizioni dei migranti in Libia provenienti dai paesi al sud dell'equatore non erano pesanti come adesso: qualcuno arrivava già con il denaro per ottenere l'imbarco, qualcun altro se lo procurava lavorando. Boubacar non racconta esperienze particolarmente drammatiche legate all'attraversamento del deserto, alla permanenza in Libia e al passaggio del Mediterraneo, ma sicuramente anche allora non si trattava di una passeggiata né di una gita turistica. 

Fatto sta che Boubacar, lasciato un lavoro di trasportatore in giro per l'Africa, non più possibile a causa delle sempre più frequenti incursioni degli estremisti islamici, decide di tentare la fortuna emigrando. 
Arrivato a Pozzallo ha la fortuna di essere smistato a Padova e di venire a contatto con la comunità di sant'Egidio, con cui lui, profugo, si prodiga per aiutare i senza tetto di Padova con coperte e bevande calde per l'inverno.
Boubacar è musulmano, un musulmano caritatevole, aperto alle altre religioni, come è uso nel suo paese dove cristiani e musulmani spesso festeggiano insieme le rispettive feste;  un bravo ragazzo, insomma, come quelli di una volta, che si affianca alle migliaia di volontari padovani.
Presto si integra, diventa a sua volta operatore di un centro di accoglienza, talvolta andando anche oltre ai suoi compiti e spingendosi a socializzare ed aiutare gli anziani del quartiere. Posso testimoniare che alla commemorazione per la morte di sua madre parteciparono diverse signore del quartiere in cui lavorava.  
Un bravo ragazzo, ma molto attento alla realtà che lo circonda, capace di comprenderne i risvolti positivi e negativi e capace di coglierne le opportunità di ogni tipo: a Padova, tra l'altro si sposa con una ragazza italiana e si circonda di molti amici da cui riceve ed a cui dà molto.
Raggiunta una certa tranquillità lavorativa ed economica non smette di pensare alla sua terra d'origine e matura il desiderio di agire, di costruire: cosa meglio di un luogo per accogliere i bambini che altrimenti resterebbero per strada o  nelle scuole coraniche diventando talibè?
Acquista quindi un terreno in un piccolo comune agricolo vicino a Bamako e avvia la costruzione di un piccolo edificio.
Ma la storia è appena iniziata. Tra i tanti amici di Boubacar c'è Massimo Sommacampagna, un funzionario di banca padovano. Con lui Boubacar parla del suo sogno di ingrandire il progetto iniziale, già avviato e di farlo diventare una vera e propria scuola elementare.
Massimo ad un certo punto si ammala gravemente e dopo pochi mesi, assistito da Boubacar lascia questa terra.
Le conversazioni tra i due però non erano restate lettera morta; subito dopo la scomparsa di Massimo, Boubacar apprende che era ferma volontà del defunto collaborare al suo sogno. E da lì parte la ricerca di ulteriori fondi e di appoggi bancari, nonché l'elaborazione del progetto edilizio per una scuola vera e propria, capace di accogliere 800 alunni.
Tralascio le mille incombenze burocratiche in Italia e nel Mali e vi racconto solo una piccola curiosità, che aiuta a comprendere quali siano le reali condizioni dell'istruzione in Africa e il retrostante livello economico. Un primo progetto, elaborato in Italia prevedeva classi per 40 bambini; una supervisione fatta da un ingegnere maliano suggeriva di portare il numero sino a 70/80 per classe! questi i numeri ordinari per una classe elementare a 20 chilometri da Bamako, con qualche possibilità di essere poi fornita di insegnanti regolari!

In conclusione faccio un appello a tutti gli amici e non che hanno figli in classi "pollaio" con 25 alunni, a quelli per i quali il principio di "aiutarli a casa loro" è uno stile di vita e non uno slogan, a chi ha qualcosa che gli avanza, anche poco (10-50 euro in Mali sono una fortuna!), a chi ha molto che gli avanza..a chi crede nell'istruzione come elemento di liberazione dell'umanità dalla schiavitù e dalla povertà, agli  uomini e alle donne di scuola, ai genitori, ai dirigenti scolastici, ai volontari, agli operatori del sociale, ai semplici cittadini che vogliono resistere all'imbarbarimento della società: appena sarà aperta la piattaforma ad hoc, di cui vi daremo presto notizia, donate quanto potete senza paura, mai un euro sarà stato così ben speso! (Segue)

Per saperne di più sul Mali:
Profughi, clandestini o? esseri umani..

La vita quotidiana nel Mali, filmato

Informazioni

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. Parte delle immagini, loghi, contributi audio o video e testi usati in questo blog viene dalla Rete e i diritti d'autore appartengono ai rispettivi proprietari. Il blog non è responsabile dei commenti inseriti dagli utenti e lettori occasionali.