martedì 26 maggio 2015

Elezioni regionali Veneto 2020. La legge elettorale





Le  famigerate modifiche all'art. V della Costituzione del 1999 (Governo D'Alema) e del  2001 (Governo Berlusconi) che hanno permesso alle Regioni  di divenire delle ignobili superfetazioni della burocrazia statale, hanno regalato agli italiani un'altra piccola chicca: stravolta la legge Tatarella, che aveva introdotto il sistema maggioritario e presidenziale per tutte le regioni, adesso ognuno fa per conto suo. C'è chi come la Toscana ha di recente introdotto il ballottaggio, sulla scorta della sentenza nazionale della Consulta, chi ha una soglia di sbarramento e chi un'altra, chi ha le quote rosa e chi no (come il Veneto), chi ha un certo premio di maggioranza e chi un altro. Insomma il vero federalismo anarchico. Qualcuno, nell'era della globalizzazione,  mi deve ancora spiegare la differenza tra federalismo e  moltiplicazione della burocrazia, del clientelismo, della corruzione, delle corti e dell'affarismo locale.

Ma fermiamoci al Veneto: 
Nel marzo 2015, durante una caotica e rissosa seduta del consiglio regionale sono state apportate importanti modifiche alla legge elettorale del 2010. 
In sintesi:
Non è previsto un ballottaggio: vince il candidato che prende più voti. Basta un solo voto in più degli avversari per essere eletti governatori del Veneto. 
Premio di maggioranza: se la coalizione raggiunge almeno il 50% dei voti avrà il 60% dei seggi; se raggiunge un numero di voti compreso tra il 50% e il 40% avrà il 57,5% dei seggi; se ottiene meno del 40% dei voti, avrà il 55% dei seggi. Sono previste le preferenze: gli elettori potranno votare sulla scheda elettorale sia per il Presidente sia per i membri del Consiglio Regionale. 
Gli elettori, prendete buona nota, potranno anche esprimere un voto disgiunto, cioè il voto a un candidato presidente e, contemporaneamente, a una lista a lui non collegata

Altre novità, introdotte dalla legge del 2015:
i consiglieri regionali passano da 60 a 49 (oltre al presidente eletto e al candidato presidente miglior perdente);
è introdotto (ma solo per il futuro) il limite di due mandati sia per il presidente che per gli assessori, nonché  per i consiglieri regionali;
le liste dovranno essere composte in misura eguale da candidati di sesso maschile e femminile, alternati tra loro (50% dei candidati di ciascuna lista dovrà essere di genere femminile);
a livello provinciale, le liste di ogni partito saranno composte da un numero di candidati pari ai consiglieri da eleggere in ogni circoscrizione; è stata però introdotto un correttivo per le Province di Belluno e Rovigo che essendo meno popolose si trovano a eleggere un minor numero di consiglieri. In queste Province il numero di candidati per ogni lista potrà arrivare fino a 5 (in modo da rendere possibili eventuali sostituzioni in caso di dimissioni o impedimenti degli eletti);
a differenza che in altre Regioni non è stata innalzata la soglia di sbarramento: sono ammesse al riparto dei seggi sia le coalizioni (insieme di partiti che appoggiano lo stesso presidente) che ottengono il 5 % dei voti di coalizione, sia le coalizioni composte da  almeno un partito (gruppo di liste presentate in più province con lo stesso simbolo) che hanno ottenuto il 3% dei voti di lista.

In queste elezioni regionali saranno ben nove i candidati che correranno alla poltrona di presidente del Veneto.

Tra questi quattro sono rappresentanti di partiti politici presenti su tutto il territorio nazionale, mentre gli altri cinque rappresentano liste civiche presenti solo in Veneto o in poche altre regioni.

In corsa abbiamo il sempre verde e impomatato presidente uscente Luca Zaia, sostenuto daLega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, e dalle due liste civiche Zaia Presidente e Lista Veneto Autonomia. 

Il centrosinistra presenta un candidato atipico come Arturo Lorenzoni, entrato in politica nel 2017 come vicesindaco di Padova e appoggiato da Partito Democratico, Europa Verde, +Veneto in Europa – Volt, Il Veneto che vogliamo (lista che include Articolo Uno, Sinistra Italiana e Possibile) e dagli autonomisti di Sanca Veneta.

Il Movimento 5 Stelle candida l’ex senatore Enrico Cappelletti, mentre la senatrice di Italia Viva Daniela Sbrollini correrà sostenuta dalla lista Daniela Sbrollini Presidente, che comprende al suo interno Italia Viva, Partito Socialista Italiano, Partito Repubblicano Italiano e Civica per il Veneto.

Per chiudere, troviamo gli autonomisti del Partito dei Veneti, che candidano il consigliere regionale uscente Antonio Guadagnini;  l’ex parlamentare Simonetta Rubinato, fuoriuscita dal Pd nel 2019 e candidata a presidente della regione con una lista fai da te:  Veneto – Simonetta Rubinato per le Autonomie.

L’estrema sinistra è rappresentata da Paolo Benvegnù, in corsa con la lista Solidarietà Ambiente Lavoro (SAL!) che comprende al suo interno il Partito Comunista Italiano e il Partito della Rifondazione Comunista.

Patrizia Bartelle è invece candidata con il partito Italia in Comune, che in Veneto si presenta con il nome di Territori in Comune – Veneto Ecologia Solidarietà e dulcis in fundo anche il   Movimento 3V – Libertà di Scelta troviamo con tale dott. Paolo Girotto, medico "veterinario". 






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