martedì 20 agosto 2013

Nessuna strada

Severino Proserpio




Nessuna strada conduce ad un albero senza frutti











Vagando per i bassifondi di FB, ogni tanto si possono fare scoperte illuminanti, che ti fanno capire come e quanto l'approccio al problema della povertà, del terzo e quarto mondo e dell'emigrazione, possa essere diverso dagli stereotipi. Allora tocchi con mano la sterilità della  contrapposizione tra buonisti ad ogni costo e sedicenti padani che irridono al presidente Napolitano, tra nordisti cattivi, preoccupati della propria partita IVA e meridionali buoni che accolgono sempre e comunque a braccia aperte. A quest'ultimo proposito basti pensare ai fatti di Rosarno di qualche anno fa.

Il problema è squisitamente politico, è il paradigma della contrapposizione tra una visione della vita e del mondo, aperta, accogliente, ma anche laica e pragmatica e una concezione diametralmente opposta, chiusa all'altro, se non appartenente alla propria contrada.
Quando in tale contrapposizione si inserisce per anni chi lucra, politicamente e no.., sulle paure della gente e sulle esitazioni di esecutivi dalle grandi parole, ma operativamente imbelli, il risultato è quello che si vede su internet: lo scatenamento di opposte tifoserie, con il linguaggio adeguato appunto alle curve da stadio.

Fortunatamente in Italia esistono anche altre posizioni, altre azioni, altri modi di vedere che preparano il futuro. E così qualche giorno fa mi sono imbattuto in Severino Proserpio1  e 2, attraverso un commento su FB:  

Severino Proserpio scrive:
Io vivo da quasi 11 anni in un villaggio di pescatori di un Paese africano per il 95% mussulmano, dove non ci sono conflitti religiosi, oggi è giorno di festa ma non conoscono il termine “ferragosto”, per i senegalesi, oggi si celebra l’Assunzione della Vergine Maria, ci sono molti matrimoni misti (per ciò che concerne le culture religiose e cimiteri misti. Però qui sussiste una economia di sopravvivenza con un tasso di mortalità neonatale ed infantile ancora altissima. Nel nostro villaggio non vi è denutrizione; c’è il pesce e con un po’ di riso, sopravvivi. Se non ne hai proprio puoi contare sulla solidarietà del villaggio. Però si sviluppano molte patologie legate alla malnutrizione, molte volte anche letali e un bambino (e non solo) si ammala, te lo ricoverano solo se fornisci alla struttura sanitaria: medicinali, flebo con accessori, garze, cerotti, guanti chirurgici, fiale, siringhe,ecc. Vale a dire: se hai risorse vieni curato oppure ci lasci le penne. In questi casi, è importante avere un padre, un fratello, un parente, in Europa, regolare o meno, in grado di inviarti tramite Western Union o similari, i 50 euro che salvano una vita. Tutto ciò per dirvi, che lo sviluppo della società multiculturale (certamente problematica) può piacere o non piacere, non sta più nelle nostre scelte. Si possono promettere nuove e più rigorose iniziative di contrasto che si riveleranno del tutto inutili e chi le promette fa semplicemente demagogia. Occorre affrontare nel merito, il problema dell’immigrazione smettendo di utilizzarla nel mercato politico. Ciò che si rende indispensabile è iniziare ad elaborare, con le opportune mediazioni, un possibile impianto di convivenza armonica (se volete chiamatela, integrazione). L’alternativa a questo sarà un progressivo sviluppo dei conflitti ed un crescente abbassamento dei livelli di sicurezza.

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