venerdì 25 ottobre 2013

Voto di scontro, segnalazione




Voto di scontro 
di GiovanniNiccolò Valentini










Che cosa accade in una famiglia, quando un padre sessantacinquenne, elettore critico del centrosinistra, si confronta con un figlio trentatreenne attivista militante del Movimento 5 Stelle? Ne vien fuori uno scontro fervido e fecondo tra visioni radicalmente opposte della vita pubblica, tra realismo e utopia, fede e ragione, purezza e ricerca del compromesso, partecipazione e autorevolezza.
Il padre incalza, critica il linguaggio intimidatorio verso la stampa, le epurazioni interne, lo strapotere di Grillo e Casaleggio. Il figlio non si tira indietro, cerca di svelare quelle che ai suoi occhi sono mistificazioni, evidenzia la coerenza del movimento, esalta la democrazia interna, ribadisce la necessità di abbattere prima di costruire. E aggredisce. In primo luogo il mondo da cui proviene il padre, il giornalismo, incapace di capire i nuovi mezzi di comunicazione, assuefatto alle connivenze con la politica e alla consuetudine del potere. Ma dietro la rabbia e le provocazioni, dietro l’adesione totale e rivendicata alle parole d’ordine del movimento, emerge la frustrazione di fronte a un popolo immancabilmente pronto a innamorarsi di un nuovo uomo del destino; l’orgoglio ferito di chi vorrebbe più spazio per la propria generazione, ma poi la scopre impaurita e impreparata; il disappunto verso una nazione incapace di formare le nuove classi dirigenti e di favorire il ricambio tra vecchi e giovani, verso un Paese in cui ogni reale cambiamento sembra poter avvenire solo tra le macerie lasciate da chi ci ha preceduto.

Dalla prefazione di Stefano Rodotà:
“Questo libro non appartiene al genere letterario del dialogo tra padri e figli, con annesse incomprensioni generazionali (…) È un’altra cosa. È un confronto tra contemporanei di età diversa, forse addirittura tra ragione e fede (…) Forse Niccolò, con i suoi giudizi impietosi su giornali e giornalisti, non sarà d’accordo con me se dico che solo un giornalista come suo padre Giovanni poteva portare a compimento una impresa così difficile, a metà tra una intervista e un lavoro di introspezione, quella che Giovanni ha giustamente definito una “autoanalisi reciproca”.
“L’oggetto di questa impresa è l’irruzione nella politica italiana di Beppe Grillo e del suo M5S. (…)
“Dalle risposte di Niccolò traspare una radicale e ruvida ripulsa del modo in cui la politica italiana si è venuta costruendo e presentando in questi anni, con caratteri sempre più marcatamente oligarchici (…) Ecco, allora, comparire nelle parole di Niccolo` la “morte della democrazia”, tema vero, che tuttavia lo porta ad aderire alla tesi estrema che vede possibile la resurrezione solo se il Movimento 5 Stelle avrà la maggioranza in Parlamento, anzi il 100% dei seggi (…)
“Niccolò insiste sulla necessità di dare a tutti diritto di parola – di più, di partecipazione – attra – verso il ricorso alle molteplici opportunità offerte dalla Rete. Ma questa giusta indicazione esonera dall’obbligo di coltivare il bene della distinzione, dunque di non condannare in blocco i giornali e i giornalisti, i politici e i partiti?
“La forza e la capacità attrattiva del M5S sarebbero forse incrinate dal riconoscimento di qualche virtù nei campi diversi dal proprio, o questa diffidenza finisce con il rivelare una debolezza, una mancanza di sicurezza politica per cui ogni contatto con l’altro, quale che esso sia e quale ne sia la ragione, diviene contaminazione? (…)
“Perché trasformare una importante, e talora determinante, presenza parlamentare in una sorta di campagna elettorale permanente per il raggiungimento di quell’obiettivo? Le distorsioni determinate da questo atteggiamento sono già visibili, com’è accaduto in agosto, con l’improvvisa conversione alla difesa della legge elettorale Calderoli, con una mossa dichiaratamente motivata da un calcolo elettorale. (…)
“Seguendo il fitto scambio di opinioni che struttura questo libro, mi pare che emerga, come vero nucleo della discussione, quello che definirei come il confronto tra l’unico e il plurale. Giovanni non si stanca di incalzare il suo interlocutore con domande specifiche, che hanno però un nucleo comune: può esservi democrazia senza pluralismo, senza l’accettazione della discussione pubblica, senza pluralità di opinioni e di modalità diverse di organizzare la presenza politica e civile?
“A questa domanda corrisponde una serie di risposte che, nella sostanza, portano verso la conclusione, estrema e discutibile, per la quale il pluralismo organizzato e molteplice della democrazia che abbiamo conosciuto dovrebbe accettare non tanto una moratoria fino a quando non sarà mondato dai suoi vizi, ma cedere integralmente a una unica forma organizzativa e a una logica che non è tanto quella della democrazia diretta, ma di una partecipazione senza confini.
“La questione della democrazia in Rete deve essere affrontata seriamente. Invece, è già divenuta preda di una cultura approssimativa, aggravata dal fatto che nella discussione politica viene messa in campo una sorta di pregiudiziale polemica, per cui ogni critica al M5S finisce con il portare con sé anche la ripulsa di ogni diverso modo di organizzare la vita politica e sociale (…)
“La linea di discussione tracciata da Giovanni, dunque, porta in molte direzioni, e ci consegna una serie di questioni aperte, che lo sono ancora di più quando si arriva allo sfogo finale di Niccolò. Qui ricompare un male italiano di questi anni, il disincanto e la disillusione che hanno accompagnato le speranze variamente riposte nei movimenti.
“Qui la critica dura riguarda direttamente gli eletti del M5S, una loro incapacità di trovare il passo giusto nella loro azione parlamentare, ma pure il residuo di una cultura che, trasformando in una ossessione un tema politico essenziale come quello dell’uso corretto del denaro pubblico, ha bloccato azione e discussione, riducendole “a farsi i conti per quattro spicci”.
“Ma questa reazione, a suo modo esasperata, non deve essere considerata una ennesima manifestazione di un vizio italiano, quello della “vittoria tradita”, ma come l’emergere di un problema ineludibile, che non può essere liquidato riferendosi solo alla inadeguatezza delle persone. È il problema dell’incontro con la politica, al quale non ci si può sottrarre identificandola con i cattivi o pessimi attori che hanno occupato la sua scena in questi anni o rinviando l’assunzione delle responsabilità al momento in cui il 100% dei voti esonererà dalla responsabilità della discussione e del confronto. Introdurre dosi massicce di cambiamento, di cui il sistema politico italiano ha un bisogno disperato, dovrebbe portare con sé anche la consapevolezza del fatto che tutto questo può venire anche da una intelligente e vigile azione quotidiana”.

Sempre di Giovanni Valentini: Brutti, sporchi e cattivi, una disincantata e non lacrimevole storia del meridionalismo.

3 commenti:

  1. Ci ho dato un'occhiata: é come una discussione con i testimoni di Geova, convinti al 100%, impossibile scalfire la loro fede. Carlo M.

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  2. E' VERO, noi elettori di sinistra siamo tropo legati alla fede, dovremmo essere più attenti ai fatti, a quello che combinano i nostri rappresentati in parlamento, in regione, in comune. Peccato perché le nostre idee sono buone. La sinistra oggi è il movimento 5 s. Napolitano ecc sono molto a destra per come penso io .

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  3. e in mezzo c'è marione !

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