martedì 30 dicembre 2014

Menzogna, amnesia e politica, una variabile genetica?



Menzogne e genetica
un'ipotesi rivoluzionaria





Premio Nobel e persona orribile, come taluni lo hanno definito, James Watson, scopritore della struttura del DNA e padre della biologia molecolare, torna alla ribalta della cronaca per un'ulteriore scoperta che, se confermata, potrebbe mutare radicalmente il corso delle cose, anche di quelle politiche. 

La recentissima pubblicazione di James Watson su PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), ripresa anche dall'italiana ResearchGate, va ben oltre alle caustiche intuizioni di 300 anni fa di Swift e Arbuthnot

Nella prestigiosa rivista scientifica americana, infatti, Watson e la sua équipe di genetisti molecolari, in collaborazione con il gruppo di Schwartz (chi non conosce il mitico "Fondamenti delle neuroscienze e del comportamento?)  evidenziano una stretta correlazione tra l'attitudine a convincere l'uditorio con la facilità nel narrare e sostenere elementi di non verità. La menzogna e la verità si fondono nella mente stessa del mentitore, creando, a detta degli autori, la forma più pericolosa: il mentitore che crede alle sue stesse menzogne e poi dimentica la verità e sorvola sui nessi logici e ciò in maniera del tutto indipendente  dalle qualità intellettive.
Sin qui niente di nuovo sotto il sole. Già il sentire comune aveva riconosciuto nei soggetti dediti alla politica le caratteristiche evidenziate dalla recente ricerca. Per i cittadini politica è sinonimo di menzogna, di affermazioni non veritiere rese con estrema spudoratezza e noncuranza.  Quasi tutti, ormai, vedono, il marcio, anzi il  lercio dappertutto, molto spesso a ragion veduta. 
Lo aveva detto già Pasolini: "Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia."
Ma anche Cavour lo sosteneva sottilmente: "Ho scoperto il modo di ingannare i diplomatici. Io dico la verità, e loro non mi credono mai."
Che dal sentire comune si sia passato alla dimostrazione scientifica dell'assunto e soprattutto alla localizzazione dell'anomalia genetica che lo sottende, è però novità delle ultime settimane. 
Il legame tra le due inscindibili qualità risiederebbe nel gene ShhTPh53, di origine extra cromosomica, probabilmente mitocondriale. Questo almeno fa sperare che la condizione non sia ereditaria.


Ovviamente gli autori non fanno direttamente riferimento alle attitudini politiche, ma il nesso, ad una attenta lettura, appare evidentissimo: il politico se vuole emergere deve convincere e deve saperlo fare, ma per convincere deve indossare  l'abito del mentitore.
Non è noto, essendo stato pubblicato per il momento  soltanto un Abstract, come siano stati acquisiti i dati sperimentali. 
E' possibile già sin da adesso rileggere alcuni eventi della nostra Italia contemporanea, grandi e piccoli alla luce di questa illuminante ipotesi di lavoro. 
Qualche anno fa, il caso più eclatante,  la famosa dichiarazione dell'allora cavaliere: quattro milioni di posti di lavoro, poi ridotti a un milione e mezzo e ulteriormente ridotti dall'attuale premier a soli ottocentomila

Di recente, l'occasione è stata data dall'approvazione della legge sul lavoro, dagli analfabeti di ritorno volgarmente detta Jobs Act, quando un  Renzi  serioso e non più funambolico, ha promesso una maggiore tutela per i non garantiti. 

Come non pensare alla ministra  Boschi che cita in aula un filosofico Fanfani, che avrebbe affermato che: "in politica le bugie non funzionano". 
O al sulfureo Beppe Grillo, predicatore della Resistenza 2.0, della scomparsa della destra e della sinistra che poi corre a Bruxelles a fare accordi con la destra più strong per poi volare anche ad Atene con lo stesso obiettivo.

Mille  le occasioni di verifica della teoria, anche nelle piccole realtà.
Chi non conosce un sindaco, un assessore o un semplice consigliere che promette e non mantiene, che si intesta meriti di altri o che si da veramente da fare, dimenticando quello che altri avevano fatto prima di lui o che egli stesso aveva fatto in un'altra posizione. Le varianti sono veramente infinite.
Ma questa, forse, è la forma più completa  della variante  ShhTPh53: la menzogna associata alla perdita di memoria e la presunzione che tutti gli altri (cioè chi non possiede il famigerato gene) siano un pò tonti.
Un terreno vergine per Watson e i prosecutori della dottrina di Schwartz.    

  

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