martedì 1 novembre 2016

Riforma costituzionale: Il diavolo si nasconde nei dettagli, 1


Il diavolo si nasconde nel dettaglio: maggioranze oscillanti per eleggere il capo dello Stato. 







Vedi anche: Smuraglia, le ragioni del NO

Nella sarabanda di votazioni, aggregazioni, disaggregazioni, voti di servizio, voti di soccorso, patti del Nazareno, mal di pancia della "minoranza" PD e conseguenti compromessi al ribasso, sono stati inseriti nel testo della modifica costituzionale numerosi loops, pronti a stringersi al cuore della Carta
, col rischio di fare piazza pulita del suo intero  impianto, parte prima inclusa. In questa serie di articoli ne vedremo alcuni da vicino.

Iniziamo dalle modalità di elezione del Presidente della Repubblica. 


"Vogliamo una democrazia che decida" sostiene il fronte del Sì. E su questo mantra rischia di essere immolata la sovranità popolare, cardine della prima parte della Costituzione.  La logica del chi vince prende tutto, sottesa all'ansia della stabilità, è con tutta evidenza la negazione della sovranità. Se si pensa, inoltre, che a decidere non sarà una maggioranza di elettori, ma la segreteria del partito vincente, si vede come il cappio alla rappresentatività inizi a stringersi. Ma qui si torna alla vexata quaestio del famigerato "combinato disposto".  
L'ansia e la fretta decisionista è stata inserita d'ufficio anche nell'art. 83.  Come il vecchio, il nuovo articolo 83 prevede che: "Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri". 
Ma c'è un ma.. In caso di vittoria del SI il Parlamento sarebbe composto dai 630 membri della Camera come ora (un'occasione perduta per procedere al tanto sventolato risparmio riducendo i numeri!), si aggiungano i 95 senatori nominati dai consigli regionali (non si sa ancora come, ma ci torneremo), si sommino infine i "circa" 5 senatori nominati dal Presidente pro tempore e i senatori di diritto e a vita in quanto ex presidenti della Repubblica.
Il totale è dunque attualmente:  630+95+5+2, cioè 732 elettori.

Con l'Italicum il partito vincente avrà con certezza 340 seggi alla Camera, e, diciamo, una maggioranza di 60 senatori (dato stimabile in modo empirico, proiettando a livello locale i risultati nazionali), per un totale di 400 voti.
Per i primi tre scrutini, come adesso, ci vorranno i due terzi, cioè 488 voti. Il partito di maggioranza non ce la fa e deve cercare una convergenza abbastanza ampia, per aggregare altri 88 voti. Dal quarto al sesto scrutinio il quorum scende a 440 (numero caro ai musicisti!), cioè tre quinti degli elettori e vuoi che quaranta verdiniani o scilipotiani non si trovino?
Ma sin qui siamo all'interno di normali giochi o giochini parlamentari. Dal settimo scrutinio bastano, udite udite, i tre quinti. Degli elettori pensate voi, no! i tre quinti dei votanti! Perchè dei votanti e non degli elettori?
Credo che chiunque voglia votare con cognizione di causa, senza lasciarsi irretire dalle opposte sirene pro o contro Renzi debba riflettere su questo punto in apparenza assai secondario, ma fondamentale per comprendere la logica che sottende l'intera manovra riformatrice. Un indizio non fa una prova, ma i molti che presenteremo anche nei successivi articoli, sì! Purtroppo adesso bisogna scendere nel dettaglio numerico.
L'articolo 64 della Costituzione, non modificato impone il numero legale. Nel nostro caso siamo a quota 367 e i tre quinti di 367 fanno 221. Questo significa che se si arriva al settimo scrutinio il partito di maggioranza potrebbe eleggersi da solo il presidente (con lettera minuscola!).
E a questo punto si aprono scenari  bizantini complicatissimi, fatti di giochi incrociati di assenze e presenze: una geometria variabile che consente un margine enorme alla peggiore politica, quella da corridoio parlamentare. Tutto ciò, a detta dei fautori del SI, per evitare stalli nell'elezione del presidente, che potrebbero danneggiare l'immagine del paese.
E voilà, lo spettro dei 101 franchi tiratori, manovrati allora da chissà chi, si ripresenta! Come? Basta che un centinaio o più membri della maggioranza, ufficialmente presenti, e quindi contribuendo al raggiungimento del numero legale, (367) non rispondano alla "chiama" e quindi non partecipino alla votazione...ecco spiegata l'alta ingegneria istituzionale della norma inserita nella riforma. 
Detto per inciso, Sandro Pertini, che non fu certo il peggiore dei presidenti, fu eletto al sedicesimo scrutinio!

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