venerdì 6 febbraio 2015

L'ANPI e il presidente Mattarella



Carlo Smuraglia* sul Presidente Mattarella e altro ancora..






* Il prof. Carolo Smuraglia è il presidente dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia

Una piccola eccezione alla regola di pubblicare solo materiale originale, ma le parole di Smuraglia sono troppo importanti per non essere diffuse. Mi rammarico solo di non averle scritte io. 



E’ doveroso premettere che la scelta del Presidente Mattarella è stata positiva, così come lo è stato il metodo seguito, che ha consentito di non ripetere la spiacevole esperienza del 2013.
Dopo di che, la figura del Presidente è stata illustrata su tutta la stampa; sono noti i suoi precedenti, alcuni suoi comportamenti positivi, così come è nota la sua cultura costituzionale.
Per il resto, è prematuro ogni giudizio. Bisognerà ascoltare il discorso di insediamento e osservare i primi passi del neo Presidente, soprattutto su due temi: le riforme costituzionali e la legge elettorale, da un lato, e i decreti fiscali (3% compreso) dall’altro. Non si tratta di materie sulle quali sia possibile un diretto intervento, ma di campi sui quali molto e bene può operare la moral suasion, che è lo strumento principale di un Presidente di garanzia. Non inseguirò, perciò, le illazioni di cui si compiace la stampa, né presterò particolare attenzione a questa o quella frase colta al volo, ad elezione ancora calda. Mi limiterò a due riflessioni specifiche.
La prima riguarda l’iniziativa di recarsi subito alle Fosse Ardeatine, giudicata dai più come un atto altamente positivo (compresa la scelta di utilizzare l’auto privata, che sa di rigore e carenza). Certamente, poteva anche essere doveroso un atto di ricordo e di rispetto commosso alle vittime di una strage tra le più orrende degli anni difficili della seconda guerra mondiale. Ma è possibile leggerci qualcosa di più; e va in questa direzione la nostra speranza.
E’ tempo ormai che una vicenda come quella delle Fosse Ardeatine venga inserita a pieno titolo in quella parte di storia comune (non necessariamente condivisa da tutti, ma almeno collettiva), per sottolineare e ricordare che la nostra non è e non può essere – come ha scritto un grande storico – soltanto la “Repubblica del dolore”. La barbarie, la prepotenza dei tedeschi e quella dei fascisti che si comportarono da servi fedeli, sono parte della storia di una guerra per la liberazione del Paese e per la creazione di una vera democrazia. Su questo, tutti dovrebbero riconoscersi, se è vero che il 25 aprile è – per legge – Festa nazionale e il Paese si accinge ufficialmente (anche con iniziative del Governo) a celebrare il 70° anniversario della Resistenza e della Liberazione.
Sappiamo che, su questo piano, ci sono diverse resistenze in Italia, a differenza di quanto accade in altri Paesi. Lo pensavo quando – con commozione – ho visto e sentito, dopo gli orribili attentati a Parigi, il Parlamento francese cantare, tutto in piedi, la “Marsigliese”, evidentemente divenuto simbolo comune di libertà, quale che sia il giudizio che i singoli possono dare sui momenti, belli o brutti, di quella straordinaria vicenda. Così come è noto che il 14 luglio, in Francia, è intoccabile.
Se il gesto del Presidente, al di là del commosso ricordo, significasse anche che si intende procedere su questa strada anche in Italia, sarebbe certamente un fatto positivo. Una strada, ripeto, che non è quella della “pacificazione” a tutti i costi, o della parificazione di coloro che hanno combattuto per conservare la dittatura rispetto a quelli che hanno combattuto per la libertà. Ma è “storia”, collettiva e comune, che come tale dovrebbe essere riconosciuta, fatta conoscere, insegnata nelle scuole, dove poco si sa di Resistenza, di liberazione e di impegno per la libertà ed altrettanto poco della barbarie e delle atrocità dei tedeschi, ma anche dei fascisti della Repubblica di Salò.
Spesso, ci siamo riconosciuti nell’inno di Mameli, anche se non tutti (ricordate che cosa avrebbe voluto fare, Bossi, con la bandiera italiana?). Ci manca ancora qualcosa di più; riconoscersi davvero tutti nell’inno nazionale e forse abbandonare ogni esitazione, come sta accadendo in altri Paesi, nel cantare “Bella ciao” come simbolo della libertà.
Due parole ancora sulle riforme costituzionali e sulla legge elettorale. Qua e là sono state riportate parole del Presidente, sulla Costituzione, sulla possibilità di innovarla, “con ponderazione”, “per non tradirne lo spirito”. Se non sono parole d’occasione, strappate al momento, ci fanno riflettere, soprattutto perché le condividiamo. Noi siamo gelosi custodi della Costituzione, ma certo non siamo contrari alle innovazioni che l’esperienza rende necessarie e che restino in linea con l’ispirazione di fondo della Carta costituzionale. Di “ponderazione” – al riguardo – ce n’è stata ben poca, in questi mesi. Se il Presidente si
adopererà perché ce ne sia in abbondanza e perché la Costituzione, nei suoi princìpi e nei suoi valori venga trattata con rispetto, saremo con lui continuando autonomamente il nostro impegno e la nostra battaglia al riguardo, ma accompagnati da una nuova speranza. 
Non aggiungo altro. I fatti parleranno ben presto; i banchi di prova sono già pronti. Il Presidente avrà il suo da fare e speriamo che corrisponda a ciò che la sua storia personale promette.

Postilla Ho terminato ora di ascoltare il discorso di insediamento del Presidente Mattarella.
L’ho trovato importante e rassicurante. Mi ha colpito il continuo e non rituale richiamo alla Costituzione ed ai suoi valori fondamentali, ai bisogni della gente, alle esigenze dei giovani ed alle loro prospettive, al lavoro ed ai diritti. E non posso sottacere il fatto che ho sentito parole purtroppo inusitate in molti dei discorsi politici abituali: in particolare un forte richiamo alla mafia ed all’impegno necessario e collettivo per sconfiggerla anche negli insediamenti non tradizionali; e soprattutto un richiamo forte alla Resistenza, al sacrificio dei caduti per la libertà ed al 70° anniversario della Liberazione. Anche questo è un modo di garantire il rispetto vero (e l’attuazione) della Costituzione. Un discorso, insomma, che fa ben sperare per il futuro.


► Si sta verificando, temo, ciò che abbiamo considerato come un’ipotesi da scongiurare. Si avvicina il 20 febbraio, quando saranno presentati i famosi decreti fiscali e dentro vi sarà ancora, a quanto pare di capire, il famoso 3% di condono, perfino per i colpevoli di frode fiscale. Alcune dichiarazioni di questi giorni, anche di Ministre (“non cambieremo il 3% , che riguarda tutti gli italiani, solo perché riguarda anche una specifica persona”), ci preoccupano e ci allarmano, come ci aveva preoccupato – del resto – anche il rinvio al 20 febbraio. Non sono valse, a questo punto, le proteste, gli articoli sulla stampa, le denunce relative al modo con cui una “manina” avrebbe inserito quella disposizione, all’insaputa degli altri membri del Governo. Non sembrerebbe essersi reso conto, il Governo, della gravità di concedere un condono fiscale persino ai frodatori, in un Paese afflitto dalla povertà, dalla disoccupazione e da mille problemi social. E non si è ancora acquisita – evidentemente - la certezza che tutto il Paese penserebbe ad una legge ad personam.
Speriamo che prevalga, alla fine, la ragione; e magari, chissà, si faccia sentire con discrezione anche il nuovo Presidente. Altrimenti dovremo reagire in tutte le forme consentite dalla democrazia.

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