martedì 8 dicembre 2015

La visita pastorale del Vescovo, 2


Il coraggio di dirlo e poi ...di farlo (2)









Segue da Visita pastorale, 1


Allora cosa fare?

Il punto fermo è che a decidere sono gli organi collegiali della scuola, ai quali la legge demanda i criteri generali per l'organizzazione e la realizzazione di ogni attività scolastica, parascolastica ed extrascolastica. Quindi non gli insegnanti, nè il dirigente, nè i genitori da soli. E questi organi nella loro autonomia devono essere messi in grado di deliberare, senza subire le intimidazioni di una sempre possibile gogna mediatica, spesso bipartisan, come la vicenda di Rozzano ha mostrato. E, aggiungo, io devono essere loro stessi in grado di prevenire le strumentalizzazioni, evitando la diffusione di motivazioni superficiali, tipo "per rispettare tutti", per "non mettere a disagio nessuno" ecc. L'unico argomento valido in questi casi può e deve essere: la scuola è laica e aconfessionale, è la scuola di tutti e tutti devono potere partecipare a tutte le  attività; ci sono le condizioni per la partecipazione di tutti?
Se si persegue non solo la tolleranza ma l'integrazione, questa va a braccetto con il confronto e la parità. Cioè: "io non mi privo di alcunché e non privo te di alcunché delle tue tradizioni; partecipiamo insieme". Posso assicurare che pochissimi si sottrarrebbero a questa impostazione. Tornando ai nostri vescovi, non più attesi sulla porta della chiesa...
Da escludere senz'altro la celebrazione di funzioni religiose o di altre manifestazioni collegate, come la preghiera e la benedizione. 
Sulla visita pastorale molto dipende dalla situazione concreta. Posto che tra i doveri del vescovo c'è la visita delle scuole cattoliche, non si comprende bene perchè dovrebbe estendersi anche alle scuole pubbliche che per definizione sono aconfessionali, ma in realtà bisogna fare i conti con le situazioni concrete. Il caso limite, ormai del tutto teorico, è quello di una scuola con il 100% di cattolici e di avvalentisi. Negare la visita, in nome di una neutralità laica, sarebbe una bella presa di posizione teorica, coerente e corretta sul piano ideale, ma del tutto incongrua in pratica. Ma si tratta di una situazione del tutto teorica, la realtà è molto più varia: alle altre religioni, talvolta minoritarie, talvolta no, si affiancano un gran numero di studenti e famiglie che alla laicità e all'indipendenza ci credono e ne fanno un punto educativo molto importante. 

Non è certo una questione di numeri, ma sicuramente questi aiutano. Se nella scuola la percentuale di non avvalentisi è fisiologica (intorno al 10%) si può perseguire una via alternativa, da un lato per non privare i credenti di un evento che per loro potrebbe essere significativo (anche se fuori dalla scuola avrebbero ben altre e più raccolte occasioni per parteciparvi) e dall'altro per non imporre agli altri una presenza non percepita come rilvante. 
Ma visto che la presenza di un vescovo in zona, disponibile a passare qualche ora con gli alunni e a rispondere alle loro domande,  è un'occasione di arricchimento culturale e umana non indifferente, perchè non sfruttarla?
Nella mia esperienza lavorativa ho suggerito agli organi collegiali questa strada: non è il vescovo che arriva a scuola, ma è la scuola che lo invita su alcuni temi specifici, come la pace e il dialogo tra le religioni.  Devo dire che l'intelligenza del vescovo pro-tempore e dei sacerdoti locali mi hanno molto aiutato, rendendo possibile alla scuola di organizzare un'esperienza veramente arricchente per tutti e foriera di dialogo e comprensione reciproca.
Mons. Mattiazzo se l'è cavata benissimo, dando a bere ai ragazzi di essere stato un missionario, lui che aveva frequentato solamente le nunziature apostoliche, parlando in arabo e in tante altre lingue. Una sola caduta di stile, quando, in una sede decentrata e quindi meno soggetta a sguardi indagatori, si mise inaspettatamente a parlare di aborto a bambinetti che per fortuna non capirono niente. Sospiro di sollievo alla fine del giro: niente articoli di stampa o gogna mediatica nè da una parte nè dall'altra.
Naturalmente di li a poco ospitammo un imam musulmano, anch'egli disponibile al dialogo con gli studenti...per essere conseguenti all'impostazione data.

Se la condizione locale è diversa, cioè in presenza di una fortissima presenza di appartenenti ad altri culti, la risposta può e deve essere diversa. Si potrebbero chiamare insieme rappresentanti delle varie religioni per mostrare sul campo la possibilità di un dialogo e di un confronto, oppure declinare l'invito e trovare altre strade di collaborazione come si può leggere nel link seguente: Le buone  pratiche  
Ogni strada è buona se riesce a sottrarre la scuola alle strumentalizzazioni politiche falsamente identitarie molto di moda oggi.



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