lunedì 16 ottobre 2017

Controcorrente: il referendum del 22 ottobre, 3



L'asino di Buridano








Segue da Il trivio irrisolto


Nel novembre del 2012 inizia il balletto istituzionale autonomia-indipendenza: il Consiglio Regionale Veneto approva la "Risoluzione 44”, un odg che impegna il Presidente del Consiglio regionale e il Presidente  della Giunta  “ad attivarsi, per avviare urgentemente con tutte le Istituzioni dell'Unione Europea e delle Nazioni Unite le relazioni istituzionali che garantiscano l'indizione di una consultazione referendaria al fine di accertare la volontà del Popolo Veneto in ordine alla propria  autodeterminazione”. Bum!

Per due anni non se ne sente più parlare sinchè sotto la spinta del primo referendum fasullo (quello dei Serenissimi che dichiarano 2.360.235 votanti, pari al 73% degli aventi diritto al voto con 2.102.969 di sì, l'89 percento del totale, record da far invidia a Zivkov) il 19 giugno 2014,  il  Consiglio Regionale approva la Legge n. 15 “Referendum consultivo sull'autonomia del Veneto”.

All’art. 1 si legge "autorizza il Presidente della Giunta ad instaurare con il Governo un  negoziato volto a definire il contenuto di un referendum consultivo finalizzato a conoscere la volontà degli elettori del Veneto circa il conseguimento di ulteriori forme di autonomia della
Regione del Veneto” e all'art. 2 si ingiunge che “Qualora il negoziato non giunga a buon fine …, il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad indire un referendum consultivo per conoscere la volontà degli elettori del Veneto in ordine ai seguenti quesiti:
1) “Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”;
2) “Vuoi che una percentuale non inferiore all'ottanta per cento dei tributi pagati annualmente dai cittadini veneti all'amministrazione centrale venga utilizzata nel territorio
regionale in termini di beni e servizi?”;
3) “Vuoi che la Regione mantenga almeno l’ottanta per cento dei tributi riscossi nel territorio regionale?”;
4) “Vuoi che il gettito derivante dalle fonti di finanziamento della Regione non sia soggetto a vincoli di destinazione?”;
5) “Vuoi che la Regione del Veneto diventi una regione a statuto speciale?”.
Una legge inutile e palesemente incostituzionale, in quanto tutti sanno che dal punto 2 in poi nulla possono dire le regioni: pura propaganda a spese dei contribuenti che pagano lo stipendio a questi cosiddetti consiglieri.


Ma non basta:  nello stesso giorno il Consiglio, colto da una irrefrenabile frenesia legislativa, approva anche la Legge n. 16,  “Indizione del referendum consultivo sull'indipendenza del Veneto”.
Qui all’art.1 si legge: "Il Presidente della Giunta regionale del Veneto indice un referendum consultivo per conoscere la volontà degli elettori del Veneto sul seguente quesito: “Vuoi che il Veneto diventi una Repubblica indipendente e
sovrana? Si o No?”.
Povero asino di Buridano, stretto incerto tra  due greppie o tra due baratri!
Il 29 giugno 2015 la Corte Costituzionale dichiara  ovviamente:
1. L' illegittimità costituzionale della legge n.16 e quindi del referendum sulla indipendenza in quanto proponente un quesito contrario al principio costituzionale dell'unità della Repubblica Italiana.
2. L' illegittimità costituzionale di una parte della legge n.15 per gli stessi motivi con cui viene bocciata la legge n.16 e, per quanto riguarda i quesiti fiscali, perché in contrasto con lo stesso Statuto del Veneto che (art.27, comma 3) che  non ammette referendum in materia tributaria. Che geni i legislatori regionali!
3. Dichiara l'ammissibilità del solo art.2, comma 1, 
numero 1 della legge 15. Su questa parte della legge il referendum può quindi svolgersi ed è quello che si voterà il 22 ottobre. 



Resta la strada della negoziazione, che per altro era stata già percorsa dal bieco  Galan già nel 2006, con l'approvazione della delibera di Giunta avente come titolo:   “Avvio del percorso per il riconoscimento di ulteriori forme e condizioni di autonomia alla Regione del Veneto, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione”.

Si specifica che “le competenze che possono costituire oggetto di richiesta di attribuzione di ulteriori poteri alla Regione andranno individuate sia tra le materie di potestà legislativa esclusiva dello Stato, sia tra le materie di potestà concorrente della Regione. Tale individuazione non potrà che partire da quei settori, di maggiore impatto sui cittadini e sulle imprese, in cui la Regione del Veneto da sempre sente l'esigenza di esercitare una maggiore
autonomia”.


Nel 2007 la Regione procede in questo percorso con successivi provvedimenti della Giunta (DGR n.88 del 17 luglio 2007)  e del Consiglio (DCR n.98 del 18 dicembre 2007) che, raccolte le opinioni delle autonomie locali e di altre associazioni, individuano le materie in cui
chiedere competenze rafforzate, affidando al Presidente della Regione il mandato di aprire il negoziato con il Governo. Sin qui un minimo di coerenza e di competenza istituzionale. 
Il 18 gennaio 2008 il Presidente Galan scrive al Presidente del Consiglio Prodi per conoscere la data di avvio della negoziazione. 
Il governo cade però poche settimane dopo e la documentazione con la richiesta viene inviata al Presidente Berlusconi e al Ministro Bossi.
Il governo Berlusconi rinvia l’apertura del confronto al dopo approvazione della legge sul federalismo fiscale, fatto che avviene il 5 maggio 2009 con la Legge n. 42 “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione" a cui seguiranno, fino al 2013, numerosi provvedimenti di legge applicativi (Decreti legislativi).
Il percorso però si ferma qui e la richiesta di un tavolo di confronto Governo-Regione rimane lettera morta. 

E' bene conoscere questo dettaglio "storico" per chiudere preventivamente la bocca a coloro che imputano lo stallo delle relazioni regione/Stato alla contrapposizione politica tra centro e periferia.

Ma torniamo all'asino di Buridano.

Un anno dopo la sentenza della Corte Costituzionale – il 15 marzo 2016 - la Giunta Regionale approva  il decreto n.315 “per attivare il negoziato con il Governo al fine del referendum regionale per il riconoscimento di ulteriori forme di autonomia…”.
L’obiettivo primario della legge è quello negoziare con il Governo il quesito del referendum consultivo previsto dalla legge regionale 15/2014.
Accanto a questa richiesta primaria si aggiunge un allegato dove vengono elencate le materie nelle quali si chiede maggiore autonomia.
L’elenco comprende due materie di competenza esclusiva statale: le norme generali sull'istruzione  (!!) e la tutela  dell’ambiente e dei beni culturali e nove materie (tutte) a competenza concorrente: tutela della salute, istruzione, ricerca scientifica, governo del territorio, valorizzazione dei beni culturali e ambientali, promozione attività culturali, rapporti internazionali e con la UE, protezione civile, coordinamento finanza pubblica.


Due giorni dopo, il 17 marzo 2016, il Presidente Zaia richiede formalmente al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro per gli Affari regionali l’avvio del negoziato sui contenuti del referendum.  Ecco la lettera: 




Due mesi dopo, il 16 maggio 2016, il Ministro per gli Affari regionali, Enrico Costa, mette per iscritto la disponibilità del governo ad avviare la procedura negoziale sull'autonomia. Ecco la risposta: 



Quanto al referendum consultivo per il quale Zaia aveva chiesto una trattativa sui contenuti, come si legge nella lettera il ministro ricorda che la Corte Costituzionale ha rilevato, sempre nella sentenza 118/2015 che esso “si colloca in una fase anteriore ed esterna al procedimento relativo all’art.116 e qualora avvenisse non è derogatorio ad alcuno degli adempimenti costituzionali necessari, ivi
compresa la consultazione degli enti locali”. In sostanza il Ministro chiarisce che il referendum consultivo non ha alcuna rilevanza nel percorso che porta alla maggiore autonomia. Il Ministro Costa torna a scrivere al Presidente Zaia il 17 febbraio del 2017 confermando la disponibilità del Governo ad avviare il negoziato e aggiungendo che, nel frattempo, le proposte pervenute dalla Regione Veneto (contenute nella DGR n.315) sono state trasmesse alle singole  amministrazioni interessate e i cui rappresentanti si sono riuniti individuando le modalità per sviluppare il rapporto con la Regione. 
Ecco la seconda lettera del ministro Costa:


Riassumendo: da una parte la Regione Veneto insiste per trattare con il Governo sui contenuti del referendum consultivo, dall’altra il Governo si dice pronto a negoziare questa richiesta di autonomia indipendentemente dal referendum, rimarcando però che i contenuti del quesito sono già stati indicati dalla Corte Costituzionale nella sentenza 118/2015 (e di conseguenza non possono essere oggetto di trattativa).

La risposta alla lettera del Ministro è affidata ad un comunicato stampa (CS n.674 del 16/05/2016) nel quale il Presidente Zaia contesta l’indisponibilità del Governo a trattare sui contenuti del referendum e dichiara quindi che l’unica strada rimasta, come prescritto dalla legge 15/2014, è quella di indire il referendum con il quesito indicato dalla Corte Costituzionale.

La Giunta Regionale a febbraio 2017 approva la legge n.7 che modifica in due punti l’art. 3 della legge n.15/201411.
Le modifiche riguardano:
1. Il giorno delle elezioni, previsto nella prima legge in concomitanza con la prima scadenza elettorale regionale, nazionale o europea, c.d. election day e che viene invece fissato per il 22 ottobre 2017;
2. L' organizzazione di una apposita campagna informativa;
3. Il finanziamento della campagna con una somma pari a 12 milioni di euro (precedentemente la norma finanziaria prevedeva oneri per 3,95 milioni di euro).

Ad aprile 2017 il Presidente Zaia, con il decreto n. 50, indice il “referendum consultivo sull’autonomia del Veneto”12.
Nel decreto il Presidente riconosce che il governo ha dato sì disponibilità ad avviare la procedura negoziale e di carattere concertativo di cui all’art. 116 della Costituzione, ma non quella di concordare il contenuto consultivo del referendum consultivo “a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale (che) con la sentenza n. 118/2015, ha superato il vaglio di costituzionalità il quesito individuato dall’articolo 2, comma2, numero 1 della legge regionale 19 giugno 2015 n.15”.
Pertanto, in ossequio al disposto della stessa legge  regionale, procede alla indizione del referendum consultivo “nei termini consentiti dalla Corte Costituzionale nella sentenza citata…”.
I costi per lo svolgimento del referendum consultivo sono indicati dall’art. 4 della legge regionale n.15/2015 “in complessivi euro 3.950.000” e dall’art. 4 della legge  regionale n.7/2017 “in euro 12.000.000”.

Cioè un totale di 16 milioni di euro.. sufficienti per costruire almeno 8 scuole di medie dimensioni o per aumentare le corse di autobus e di treni per i pendolari, per ridare fiato ad una sanità d'eccellenza tutta sulle spalle degli operatori,  o per qualsiasi altro progetto che la virtuosa regione Veneto avesse voluto implementare. 

Non vanno dimenticati, infine, i costi indiretti. Si calcola che un'ora di lezione nelle scuole di ogni ordine e grado costi circa 60 euro; per far svolgere i referendum le classi interessate alla chiusura delle scuole sono circa 3900, calcolate per difetto; ogni classe perde 10 ore di lezione, per un costo indiretto di 600 euro causato dal servizio non erogato, ma ugualmente oneroso. Il totale è di 2.600.000 euro! 
Segue in: Tutti al mare! 

Fonte delle immagini e dei riferimenti normativi: Dossier referendum, CISL


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