Storia di un rapporto
secolare e contrastato
Forse non tutti sanno che a Nardò si trova un museo della Memoria e dell'Accoglienza, inaugurato nel 2009. Ma la storia inizia da lontano e vale la pena di ripercorrerla sia pure per sommi capi.
Sino al 1540 la terra d'Otranto, così come Taranto, Ostuni, Oria, Lecce, Copertino, Gallipoli era abitata da una numerosa colonia ebrea.
Una di queste viveva a Nardò che nella sua lunga storia ha avuto diversi punti di incontro e di scontro con la comunità ebraica. Il primo risale al 1500, quando Nardò veniva descritta dagli storici come un centro di approvvigionamento di tutte le città salentine e dei comuni rurali; Nardò era, infatti, centro di produzione di libri, di grano, di vino, di carne, di pesce di frutta e ortaggi e di tutti gli altri generi necessari e godeva, allora come adesso dei due sbocchi al mare: san Cesareo e santa Maria al Bagno.
Nel "Pittagio" San Paolo, dove erano concentrati gli ordini produttivi e più umili della città, con un'ampia presenza di semplici domus, apothecae e cellaria, orti e giardini, si trovava anche una fiorente colonia ebraica, definita la "Iudecca" o "Iudayca" dai documenti dell'epoca. Questa comunità era organizzata con un proprio luogo di culto e nel 1469 contava 50 famiglie. Ulteriori testimonianze sulla Colonia ebraica sono fornite da un atto riguardante l'inventario dei beni immobili dell'ospedale di S. Caterina in Galatina e la descrizione del feudo delle Cenate, in cui si fa menzione di un certo Acheiron de la Phisica, "Ebreo di Nardo'", proprietario di terreni confinanti con il casale di Agnano.
Nel 1465 il vescovo de Pennis ricorre contro il demanio regio per il recupero della giurisdizione sulla colonia ebraica, ciò suffraga l'ipotesi di una consistente comunità.
Prima della fine del secolo, sembra che gli ebrei neritini, abbiano "subito anche la confisca dei beni" come si desume da un documento del dicembre del 1501. Anche a Nardò, come già a Lecce la sinagoga venne convertita in tempio cristiano.
Una prima espulsione avvenne nel 1510, ad opera del vicerè Raimondo di Cardona, che poi fu costretto a decretare un loro parziale ritorno a causa di necessità economiche, mentre quella definitiva avvenne nel 1540 ad opera del vicerè don Pedro da Toledo che così la giustificò: "divoravano coll'usure le sostanze dei poveri".
E' bene fare attenzione alle motivazioni, che maledettamente ricorreranno anche in tempi successivi e a noi vicinissimi.
Allora, come per altro secoli dopo, la caccia all'ebreo era uno sport molto diffuso nelle civilissime contrade europee, dalla Spagna, che aveva cacciato gli ebrei già dal 1492, a Nardò, che tutto sommato dipendeva dalla casa madre.
Passeranno più di 400 anni e Nardò, a causa dell'irrisolta questione ebraica, avrà un nuovo contatto con questa comunità. (segue)
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