giovedì 8 marzo 2018

Contrordine compagni?


No, grazie!
Il dialogo impossibile a Roma può partire a livello locale.












Capisco tutti, io! Per primi  i poveri residui attivisti del PD.  Non hanno certamente gioito in questi ultimi cinque anni, soprattutto da quando hanno puntato tutte le carte sul cavallo fiorentino allora vincente.  Si sono visti sottrarre ogni residua possibilità dialettica, si sono visti letteralmente chiudere le sedi, sostituite dalla più mediatica e scintillante Leopolda, si sono visti impallinare prima Rodotà, poi Prodi e infine Letta. Hanno dovuto mandare giù di tutto: il Nazzareno, Berlusconi, Verdini, Angelino Alfano; i veneti hanno dovuto mandare giù anche la Moretti contro Zaia,  potete immaginarvi!
Lo strazio era iniziato cinque anni fa di questi tempi con l'impareggiabile  sceneggiata dello streaming del 2013 tra il troppo paziente Bersani (che di lì a poco subi un aneurisma) e le raffinate menti politiche  del M5S, Roberta Lombardi (quella del fascismo buono) e Vito Crimi. Preistoria! 
Poi, per cinque anni, si sono sentiti definire pidioti, mafiosi, corrotti, inciucisti, sinistroidi, snob, venduti, buffoni, affettuosità tutte accompagnate da generose quantità di vaffa'. E non è che i loro dirigenti o rappresentanti li abbiano aiutato molto a tenere dritta la schiena e la rotta: quanti indagati, quanti arrestati, quanti impresentabili tra di loro?



Ma capisco anche i poveri grillini della prima e della seconda ora, quelli dalla fede tutta d'un pezzo, incrollabile di fronte a qualsiasi evidenza. Quelli che si bevevano tutto, che credevano in tutto: nella democrazia 2.0., nella Casaloggia e associati, nell'uno vale uno, nella piattaforma, nel no all'euro, nel no all'Europa, nel no a tutto ma sì a Farage. Capisco anche quelli  che si informavano diligentemente alle sacre fonti e che ieri hanno visto il loro idolo scrivere sull'odiata Repubblica. 
Li compiango: loro che erano stati addestrati a definire benevolmente pentastellofobo e mentitore seriale chiunque si mostrasse anche solo pacatamente critico nei loro confronti. Loro che avevano la verità in tasca, una spiegazione pronta per ogni amenità, per ogni giravolta; loro che esaltavano Pizzarotti per poi scoprire che era un traditore e  poi inneggiavano al bagarese incorruttibile (P. Cinque) per poi scoprire che "teneva famiglia" anche lui. Loro che partecipavano con fede ardente alle consultazioni in rete, alle comunarie, alle regionarie, alle parlamentarie per poi scoprire sulla propria pelle che la mitica piattaforma Rousseau diventava sempre più Truffaut e che i candidati, come nel PD, nel CDx e in LEU venivano scelti e smistati dall'alto. 

Ebbene ora i primi e i secondi si trovano di fronte ad un bivio, anzi un trivio, irrisolvibile.
Qualcuno vorrebbe che le due armate sin qui acriticamente contrapposte si confrontassero per giungere ad un'unione attualmente contro natura. Qualcuno se lo augura in buona fede, per evitare il peggio del peggio, cioè la congiunzione 5 stelle-lega, qualcun'altro con sadismo cinico per veder scomparire definitivamente il PD, qualcun' altro per nobili motivi (noi siamo diversi e siamo gli unici che possano salvare la faccia all'Italia e... poi tanti dei nostri hanno votato cinque stelle. Già, ma perchè?), qualcun'altro semplicemente per avere una visibilità perduta dopo l'ultima sconfitta in casa.
Certo se non ci fosse altra possibilità, un equilibrato senso di responsabilità verso il Paese non guasterebbe, ma le possibilità ci sono, eccome! ed è compito di chi ha vinto percorrerle sino in fondo. Un appunto, però: come mai quella di Bersani con la maggioranza già pronta a Montecitorio fu una "non vittoria", mentre quelle di Gigino e Matteo II sono una vittoria? 
Un bivio quindi che i cosiddetti vincitori devono percorrere sino in fondo. Ma si prospetta subito un terzo corno del dilemma e forse anche un quarto: 
  • rivotare subito e con quale legge? e qui finalmente la politica del bene comune dovrebbe avere il sopravvento se qualcuno almeno ha imparato la lezione.
  • e se Mattarella lanciasse un governo tecnico del presidente? anche in questo caso gli italiani potrebbero misurare quale veramente è una forza politica e quale un coacervo di interessi e propaganda.
Quindi niente unioni contro natura, a livello nazionale no di certo. Ma a livello locale sicuramente il dialogo cinquestelle-sinistra potrebbe veramente partire, sulle persone, che qui contano più che al nazionale, e non  sugli schieramenti.
La storia insegna che per vent'anni i socialisti al governo con la DC amministravano localmente, il più delle volte in modo egregio,  assieme al PCI che a Roma stava all'opposizione. E per non andare così lontano, domenica scorsa alla regione Lazio, Zingaretti ha preso 350.000 voti in più del PD al nazionale. Questo dice qualcosa ai soloni della direzione del Nazareno e della ditta di Milano?
Ricominciare a dialogare dal territorio si può; gli onesti non sono solo da una parte. Il sud ha votato contro, come è solito fare da vent'anni, disilluso da qualsiasi ricetta rivelatasi sempre clientelare, non per il reddito di cittadinanza. Questa è solo una parola d'ordine per gli allocchi e statisticamente è molto improbabile che al sud lo siano tutti. 
Ma senza scendere agli inferi, siamo sicuri che nel profondo nord tutti siano contenti a livello locale di camarille, famiglie influenti, arrivisti dalle scarpe a punta, autonomisti da operetta? forse l'aria nuova piovuta dalle stelle dovrebbe seriamente dialogare con l'aria nuova che è sempre esistita nel volontariato, nelle associazioni e persino  nella sinistra di base, sempre soffocata dalla mefitica aria fascioleghista  e dai suoi stessi caporioni locali. 
Quello che manca agli uni, talvolta l'esperienza, può averla l'altro, e quello che manca agli altri, magari l'umiltà e la capacità di dialogo e di penetrazione in diversi strati sociali, possono averla i primi. Lo spazio è infinito, un tabù può essere infranto, ma andiamoci piano. A ciascuno, prima, le proprie responsabilità e magari un sommesso: "scusateci, abbiamo un po' esagerato.."  e subito dopo: "è vero che la sinistra e la destra non esistono più, ma esistono sensibilità diverse verso il sociale, verso il mondo.."
Questo sarebbe un buon punto di partenza: c'è chi la chiama sinistra, basta mettersi d'accordo sui termini..

Il parere di Norberto Bobbio


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