giovedì 3 luglio 2014

Rom e rumeni, rom e italiani



Pregiudizi e realtà








L'immaginario collettivo, pungolato ad arte da tutti quelli che mestano  
nel torbido per lucrare consensi elettorali (e a Padova di recente se ne trova un tristissimo esempio) ha dei Rom un'immagine stereotipata: ladri, sfruttatori di bambini, sporchi, incapaci di qualsiasi interazione con la popolazione residente, sempre in movimento e soprattutto stranieri. L'ultima grossolana semplificazione, dovuta a un equivoco lessicale, é l'equazione ROM= Rumeno.

Non provate a dire quest'ultima cosa a un rumeno! in questo si mostrerà più razzista degli italiani e aggiungerà che in Italia  c'è  troppa  accondiscendenza e loro in Romania sapevano bene come fare!

  In realtà i rom dello stereotipo descritto (gli zingari) sopra sono al massimo un quinto di quelli realmente presenti in Italia, la maggior parte dei quali ha cittadinanza italiana, é diffusa in ogni regione ed ha origini, vicine o lontane, spesso molto diversificate.

In tutte le regioni ci sono i giostrai di origine Sinta che viaggiano
ovunque continuamente; chi conosce la realtà delle scuole sa che quando c'é  la sagra del paese, con le giostre arrivano a scuola anche 4-5 ragazzini con il loro quadernetto dove sono segnate tutte le tappe del loro peregrinare. Inutile dire che questa scelta di vita, fatta un pò per tradizione e un pò per necessità (meglio questo che andare a rubare!) crea degli studenti non proprio modello, anzi per la verità dei futuri residui analfabeti. Solo i più svegli di loro emergono da questa giungla di spostamenti, gli altri soccombono: facile prevedere che per una minoranza (concetto difficile da far capire a chi é prevenuto) all'isolamento familiare e culturale si accompagna spesso la devianza sociale.

Ma ci sono anche Sinti semi-sedentari che abitano in Piemonte, Lombardia, Veneto, Alto Adige e Tirolo, Emilia e Marche e fanno solo piccole fiere o non hanno alcun mestiere.

Dei proprietari di circo di origine Rom, che hanno fatto fortuna al pari di altri  rom e sinti famosi , tutti conoscono i nomi.

I  Romje dell’Italia meridionale (Puglia, Basilicata, Calabria, Campania) abitano nelle case, vestono e parlano come la gente dei paesi nei quali vivono. Abitano in casa anche i Rom abruzzesi, ma vestono ancora i loro costumi tradizionali e non cercano affatto di nascondere la propria identità, della quale si mostrano anzi orgogliosi.

I Rom calderai, quelli che ancora viaggiano molto, fanno grandi feste e sono fieri delle loro usanze, sono discendenti dei Rom che furono schiavi nei paesi dell’Est europeo fino al 1850. Loro si avvicinano parecchio allo stereotipo del ROM.

Nell’Italia settentrionale e, in minor numero centrale, ci sono gruppi di Romora che sono venuti dall’Istria, dalla Croazia e dalla Slovenia durante la seconda guerra mondiale. Internati nei campi profughi in particolare di Padova e Tossicia vicino a Teramo, hanno optato per la cittadinanza italiana alla fine della seconda guerra mondiale. Ora sono abbastanza sedentari in case o terreni di proprietà (ne troviamo anche a Padova dietro l'aeroporto o a Brusegana), in campi sosta attrezzati o in luoghi dove la sosta è tollerata.

E veniamo così all'ultima ondata migratoria degli anni ottanta-novanta: i Romà  di Serbia, Bosnia, Montenegro, Macedonia, Kossovo che fuggono dalle guerre della ex-Jugoslavia.
In Italia c’è stata una forte resistenza a riconoscere l’attributo di profughi ai rom di tutti questi gruppi, non in quanto cittadini dell'ex Iugoslavia, ma in quanto Rom.

Ai primi anni 90, in coincidenza con la caduta del muro e dei regimi comunisti, arrivano in Italia i primi gruppi  di Rom provenienti dalla Romania da una situazione di povertà ed emarginazione talmente forte da far tentare loro il riconoscimento dello status di profughi o di rifugiati.
Ma non c'é stato nulla da fare: le maglie della legge Bossi-Fini sono troppo strette, considerando gli immigrati come forza lavoro e rendendo difficili i ricongiungimenti familiari (cosa essenziale per una popolazione che ha il suo punto di forza nella famiglia). 

Bosniaci, Kossovari e Rumeni sono quindi gli unici a non avere la cittadinanza italiana e formano le sacche di emarginazione più spinta, sicuramente terreno fertile per il reclutamento della manovalanza delinquenziale.

Nei decenni precedenti erano venuti in Italia anche altri gruppi meno numerosi, come i Kaolie, chiamati anche arabi o tripolini, o i Rumuni, venditori di rose, che non parlano una lingua romani.

Rom e Sinti, secondo il loro modo di far cultura, hanno assunto la religione del paese in cui vivono.

In Italia vivono Sinti e Rom cristiani - cattolici che hanno espresso anche i propri ministri di culto, ortodossi, pentecostali - e Rom musulmani, secondo il paese di provenienza.
Alcuni musulmani appartengono al gruppo dei dervisci, che organizzano in proprio sia i momenti di preghiera che il luogo di culto.
Nell’ultimo ventennio si è imposto, in ambienti prima cattolici, il movimento evangelico pentecostale zigano, portato in Italia da predicatori zigani francesi e diffuso poi attraverso pastori zigani locali.

In conclusione una comunità viva, eterogenea, che si evolve come le altre, ma ancora troppo emarginata  per miopia politica, e per pregiudizi che non fanno altro che perpetuarne gli aspetti più negativi e pericolosi per la società. 


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