Un pezzo di storia italiana,
rimosso per troppi anni
La legge 92 del 2004 istituisce il «Giorno del ricordo» in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale. Voluta dall'allora Alleanza Nazionale, ma poi sostenuta e votata da tutti i gruppi politici, prevede che " La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale."
Per comprendere sino in fondo gli orrori delle foibe, gli errori di valutazione e le ipocrisie della sinistra italiana di allora e le simmetriche strumentalizzazioni della parte opposta, la complessità di una situazione di confine con le sue interconnessioni familiari, sociali e linguistici, bisogna partire da molto lontano.
Dalla dominazione austriaca, paradossalmente più rispettosa delle diversità di quanto non sarebbero stati poi gli italiani, si passò alla dissennata opera di italianizzazione e fascistizzazione operata negli anni 20, che maturò i suoi frutti devastanti un quarto di secolo dopo.
Le parole di Boris Pahor, triestino di lingua slovena, sopravvissuto poi ai campi di sterminio nazisti, ne scolpiscono l'avvio:
"...Già in gioventù ogni illusione ci era stata spazzata via dalla coscienza a colpi di manganello e ci eravamo gradualmente abituati all'attesa di un male sempre più radicale, è più apocalittico. Al bambino a cui era capitato in sorte di partecipare all'angoscia della propria comunità che veniva rinnegata e che assisteva passivamente alle fiamme che nel 1920 distruggevano il suo teatro nel centro di Trieste, a quel bambino era stata compromessa per sempre ogni immagine di futuro. Il cielo color sangue sopra il porto, i fascisti che dopo aver cosparso di benzina quelle mura aristocratiche, danzavano come selvaggi attorno al grande rogo: tutto ciò si era impresso nel suo animo infantile traumatizzandolo. E quello era stato solo l'inizio, perché in seguito il ragazzo si ritrovò a essere considerato colpevole, senza sapere contro chi o contro che cosa avesse peccato. Non poteva capire che lo si condannasse per l'uso della lingua attraverso cui aveva imparato ad amare i genitori e cominciato a conoscere il mondo. Tutto divenne ancora più mostruoso quando a decine di migliaia di persone furono cambiati in cognome e il nome e non soltanto ai vivi, ma anche agli abitanti dei cimiteri. Ed ecco che quella soppressione, durata un quarto di secolo, raggiungeva lì nel campo il suo limite estremo, riducendo l'individuo a un numero..." Boris Pahpr, Necropoli- Fazi editoreLa legge 92/04 completa
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