Venti di guerra.
Dopo le incaute reazioni a caldo di Gentiloni sull'affare Libia, un Renzi finalmente meno gasato ha rimesso le cose un pò a posto. Ma la tentazione di risolvere con le armi i conflitti che ci possono riguardare da vicino o da lontano resta ancora alta.
Certo se fosse vero che la nostra civiltà è concretamente minacciata, chi potrebbe tirarsi indietro, ma prima i passi da compiere sono numerosi, lunghi e faticosi, forse ancora più pesanti e pericolosi della guerra.
Certo se fosse vero che la nostra civiltà è concretamente minacciata, chi potrebbe tirarsi indietro, ma prima i passi da compiere sono numerosi, lunghi e faticosi, forse ancora più pesanti e pericolosi della guerra.
Di per sè gli interventi armati, soprattutto nel medio oriente hanno solo portato disastri, al punto che qualcuno inizia a dire: meglio Gheddafi, meglio Saddam. Pensarci prima, no?
L'Isis usa le armi fabbricate in occidente, forse anche in Italia, i suoi adepti possono trovarsi anche tra di noi (non sui barconi, tranquilli), i suoi nemici non sono tutti nostri amici e i nostri amici (Arabia Saudita, Qatar per es...) non sono propriamente candidi e disinteressati democratici.
L'intervento armato può e deve essere solo un estremo atto difensivo, senza nessuna illusione di sistemare le cose, nè tanto meno di portare la democrazia. Ma quale, poi, quella delle banche e della finanza mondiale?
Non si può stare a guardare certamente, quando si vedono le distruzioni e la barbarie, ma per il momento l'unica soluzione saggia è mettere in condizione di difendersi chi è direttamente minacciato e soprattutto... cercare di capire cosa sta succedendo.
Poi, solo poi, varrà la pena di difendere più che una civiltà, un modo di vivere, un modo di sperare.
Intanto ascoltiamo i versi di saggezza di Ivano Fossati, caso mai ce ne fossimo dimenticati.
Il disertore
L'originale di Boris Vian
L'interpretazione di Serge Reggiani, l'italien
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