Sogni nel cassonetto: Silvio, la prossima volta che fondi un partito chiamalo Sfiga
Il crollo di Forza Italia verrà ricordato come la catastrofe più veloce dopo l’affondamento del Titanic. Già: il sogno pop dell’uomo di Arcore, l’inventore della swinging Brianza, è durato un solo anno, e la sua disfatta si è consumata in tre giorni, tra un tonfo elettorale e un avviso di garanzia. Ma quei dodici mesi sono bastati per cambiare il costume di un paese grigio e conformista e capovolgere i tradizionali modi di pensare: da quando è apparsa Forza Italia, Bossi sembra un faro della sinistra e Fini una persona affidabile. Ora l’epopea forzitaliota sta per essere consegnata alla Storia, sempreché la Storia non la rispedisca al mittente. A noi posteri il gravoso compito di gestirne l’ingombrante mito.
La decadenza di Forza Italia è stata così rapida che dopo una settimana è già archeologia. E come avviene dopo il crollo di ogni ideologia totalitaria, sta nascendo un fiorente traffico di souvenir. Decine di tombaroli stanno setacciando le ex sedi dei club azzurri a caccia di uno scudetto tricolore, di un labaro o di un ritratto firmato del leader. Individuare i club è un’impresa, visto che quasi tutti, dopo i risultati elettorali, si sono rapidamente convertiti in bar, istituti di podologia e sale massaggi. Ma a volte si possono fare interessanti scoperte nei luoghi più impensati. Un cacciatore di reperti ha scovato nel fienile di una casa colonica un “kit del presidente” in buono stato di conservazione. Mancava solo la cravatta di Forza Italia, distrutta dai contadini perché, a loro dire, spaventava le mucche. Gli anziani agricoltori proprietari della casa erano perfettamente al corrente del valore degli oggetti: li usavano infatti per la fermentazione del letame. Ora il “kit del presidente”, dopo un paziente restauro, è pronto per essere messo all’asta, prezzo di partenza centocinquanta lire. Ma gli esperti sanno che la cifra lieviterà. In occasione dell’ultima vendita, un eccentrico collezionista si è portato via l’ultima copia autografa del famoso “White Album” berlusconiano (le venti pagine del suo programma, completamente bianche) per due milioni. «E’ andata bene – commenta soddisfatto il banditore – gli altri clienti per togliermi dai piedi quel ciarpame pretendevano almeno il doppio». Prezzi alle stelle anche da Christie’s: il pezzo «Vittorio Feltri» era battuto a cento lire, ma per «un ceffone a Vittorio Feltri» c’è stata una valanga di offerte.
RUDERE PER RIDERE. Per fortuna, a interessarsi al periodo forzitaliota non cisono solo avidi trafficanti, ma anche archeologi di chiara fama. Un’equipe dell’università di Berlino sta scavando I monumenti più complessi, come il Governo Berlusconi, un manufatto che aveva subito attirato l’attenzione degli storici, essendo già una rovina appena nato. La ricerca non è riuscita a restaurarlo in tutti I particolari. I volti dei ministri azzurri, ad esempio, sono ancora un mistero. «A causa di un sorprendente fenomeno degenerativo, – spiega un archeologo – tutti hanno perso la faccia fin dai primi mesi del loro mandato. Non sorprende, visto che erano costruiti con materiali d’accatto. Unica eccezione, Gianni Letta: l’abbiamo trovato perfettamente imbalsamato dalla lacca per capelli.» Ora però le indagini presentano alcuni problemi. Solo un occhio esperto, ad esempio, riesce a non confondere gli avanzi di Forza Italia con quelli della precedente era craxiana. Del resto la distinzione fra le due epoche è puramente convenzionale, tanto che alcuni ricercatori tendono a considerare l’una la decadenza dell’altra.
«Bisogna fare attenzione – avverte un ricercatore – mi è capitato più di una volta di trovare un manufatto berlusconiano per scoprire che si trattava di un vecchio arnese del periodo socialista, appena mascherato da una sottile patina di vernice. Ma spesso i ruderi risalgono addirittura a epoche più antiche. Ora, per esempio, stiam studiando un ministro del Lavoro del governo Berlusconi, Clemente Mastella. Esaminato al carbonio-14, si è rivelato un ferrovecchio paleo-demitiano, malamente riciclato.» Giuliano Ferrara, antico portavoce dell’ex premier, è addirittura un rompicapo per la stratigrafia, come le mura di Troia. Gli esami hanno dimostrato che lo strato più antico del vasto e proteiforme manufatto risale ai tempi del Pci, il secondo è in pretto stile craxiano, il terzo è un monumento a Berlusconi, il quarto, attualmente visibile, collabora a Repubblica. «Pensiamo di adibirlo a parco archeologico, come i Fori Imperiali, – continua lo studioso – a mo’ di monito per le generazioni future.»
DUCI ARTIFICIALI. Accanto a iniziative di chiaro valore scientifico non mancano trovate di dubbio gusto, volte a solleticare gli amanti del macabro. Al Museo delle Catastrofi di Nagasaki è stata ricostruita con nipponica meticolosità una riunione di simpatizzanti di Forza Italia poco prima della fine. La scena fissa l’attimo preedente all’irruzione dei carabinieri: il televisore acceso su Retequattro, una copia recente di «Noi» aperta sul tavolo, il Pannella che gracchia dl suo trespolo. Tutto appare così aderente al vero che sembra poter riprendere vita da un momento all’altro: infatti gli spettatori, atterriti, si dànno subito alla fuga. Molte persone escono in lacrime, mormorando «Mai più, mai più». Per ora i forzitaioti sono rappresentati da fantocci di cartapesta, ma i curatori della mostra non sono ancora soddisfatti: «L’attività mentale di un manichino è nettamente superiore a quella di un seguace di Berlusconi. Per rappresentarlo ci vorrebbe un grosso pietrone di fiume o una stalagmite di guano. Il fatto è che a volte la ricerca storica deve arrendersi: per noi è difficile immaginare l’aspetto di un essere talmente fesso da riporre la propria fiducia in un nano piduista.»
E c’è di peggio. La figura di Berlusconi, rinnegata dall’Italia perbene, all’estero sta diventando oggetto di culto negli ambienti underground. A Londra un sulfureo gruppo punk suscita l’ira e il ribrezzo degli spettatori con una mise ispirata al leader di Forza Italia (fronte pelata, completo blu, cravatta a pallini, faccia a culo). «Il nostro scopo – ammette Silvio Vicious, pseudonimo del bassista della band, – è farci odiare dal pubblico civile e onesto. Una volta bastava tatuarsi una svastica sul petto per scandalizzare la gente, ma roba del genere oggi non fa più schifo a nessuno. Emilio Fede invece sì.» Durante i concerti il cantante Mick Onsenta estrae una lametta da barba e, di fronte agli occhi atterriti del pubblico, si rasa accuratamente il cranio. Poi, con accento brianzolo, lancia un allucinante proclama: «Sono convinto che si tratta di un incidente di percorso, Non mi dimetterò dalla carica che, in forza del voto popolare, mi è stata affidata dal capo dello stato e dalla fiducia del Parlamento. Fuck y’all!» Molti gli svenimenti e le crisi di nausea in platea. Uno spettatore confessa: «Sono sconvolto. Mi aspettavo qualcosa di più tradizionale: una pisciata sul pubblico, uno stupro in diretta. Ma questo è veramente troppo.»
Purtroppo il pezzo non è di adesso, ma del 1996: apparve su Cuore dopo la sconfitta elettorale di Berlusconi. In quell'occasione mister B. perse una battaglia, per poi, complici avversari inetti, gioiose macchine da guerra, inciuci vari, leggi ad personam, elettori miopi o interessati, vincere alla grande la guerra...contro l'Italia.
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