Laura Walter, scrittrice
Forse non tutti sanno che Mestrino ha avuto ed ha tra i suoi cittadini diversi scrittori e musicisti quotati a livello locale e nazionale. Oggi ne presentiamo una tra le più affermate: Laura Walter, conosciuta da anni per le sue numerose opere per bambini e ragazzi, dalle quali sono stati tratti spettacoli teatrali e un cartone animato.
L'ultimo suo lavoro é "DUIULAIC, tredici mesi di lessico familiare e storia d'Italia".
Il libro sarà presentato giovedì 12 dicembre, alle 18, presso la Corte dei Leoni, in via Boccalerie 8 a Padova.
Presenta Davide Tollin, libraio. Durante l'incontro, lettura di alcuni brani del libro.
Per saperne di più:
Laura Walter e ‘Duiulaic’
A tu per tu con la scrittrice che ha vinto, con il suo secondo romanzo – Mistica Maëva e l’anello di Venezia – il Premio Libri Infiniti — Critici in Erba 2007 e attualmente nelle librerie con ‘Duiulaic. Tredici mesi di lessico familiare e di storia d’Italia’.
Sono tredici i mesi di lessico familiare: Laura Walter, con un ironico sbuffo sul ciuffo sulla fronte, sembra ricollegarsi, per diretta continuità, al romanzo della Ginzburg. Scanzonata, quanto mai ribelle, ecco che sulla scena appare la generazione del Sessantotto: non è solo ‘peace and love’, ci sono le tragedie affrontate con compostezza, Aldo Moro, il «teremoto», il malore di Enrico Berlinguer durante il comizio padovano, la strage di Bologna… ma nel loro piccolo anche le strade hanno un nome, c’è la via della zia, dei Ballarin, le cose assumono una fisionomia particolare al lettore come la Divina nello studio del nonno o il vestito di perline nel garage. Ecco che si casca come «pàndoli», ogni giorno è una sorpresa, anche se l’anno è scandito dalle tradizionali feste, Natale, Pasqua e la Sagra dei santi Antonio, Pietro e Paolo: catapultata in un universo che ora è scivolato via con i sospiri del tempo, complice la malattia dell’Alzheimer, impronunciabile perchè «tedesca», Laura Walter taglia «el nebiòn» con il «corteo» per fare luce, attraverso spiragli di memoria, sulle sue vicende d’infanzia, non cronologicamente ordinate, ma per associazione, per simpatia. «Varda che casìn» verrebbe da dire, quando si inizia a districare la matassa, ma il bello è proprio questo, ogni mese è un contenitore di storie che lancia le sue reti indietro nel tempo e ripesca quello che abbocca all’amo. Questo libro è come un uovo di Pasqua, bisogna scartarlo poco per volta, c’è qualche «strafanto» ma la vera sorpresa, in argento, la si trova in fondo, con un taglio da precisione chirurgica. State attenti, non perdetevela, l’anima degli anni Settanta vi è racchiusa.Ciao Laura ecco qui un po’ di domande.
Molte persone conoscendoti come la ‘mamma’ del personaggio di Mistica Maeva cascheranno come ‘pàndoli’ quando leggeranno questa buffa cronistoria della tua infanzia. Come sei arrivata a concepire l’idea di un diario – memoriale dei tempi andati?
E’ bello sentire che per qualcuno di molto giovane si tratta di “tempi andati”, per una narrazione a cavallo tra gli anni Settanta ed Ottanta. Il libro è nato come tutti i miei scritti, e come tutti gli scritti, che, a mio parere, possono ambire ad avere qualcosa da trasmettere. E’ nato da un’urgenza emotiva di tradurre in parole mie emozioni, per emozionare anche gli altri. Così ho ripescato tra i ricordi indelebili della mia infanzia e adolescenza, quelli che potevano avere un minimo comune denominatore anche con il lettore, dai rituali che scandiscono lo scorrere dell’anno, diversi da ogni famiglia, ma simili nel loro perpetrare una tradizione privata, come l’allestimento dell’albero di Natale, il pranzo, l’inizio della scuola, unitamente a quelli che, al contrario, sono rimasti impressi per il loro carattere eccezionale, come i grandi avvenimenti della storia italiana.
Molte persone conoscendoti come la ‘mamma’ del personaggio di Mistica Maeva cascheranno come ‘pàndoli’ quando leggeranno questa buffa cronistoria della tua infanzia. Come sei arrivata a concepire l’idea di un diario – memoriale dei tempi andati?
E’ bello sentire che per qualcuno di molto giovane si tratta di “tempi andati”, per una narrazione a cavallo tra gli anni Settanta ed Ottanta. Il libro è nato come tutti i miei scritti, e come tutti gli scritti, che, a mio parere, possono ambire ad avere qualcosa da trasmettere. E’ nato da un’urgenza emotiva di tradurre in parole mie emozioni, per emozionare anche gli altri. Così ho ripescato tra i ricordi indelebili della mia infanzia e adolescenza, quelli che potevano avere un minimo comune denominatore anche con il lettore, dai rituali che scandiscono lo scorrere dell’anno, diversi da ogni famiglia, ma simili nel loro perpetrare una tradizione privata, come l’allestimento dell’albero di Natale, il pranzo, l’inizio della scuola, unitamente a quelli che, al contrario, sono rimasti impressi per il loro carattere eccezionale, come i grandi avvenimenti della storia italiana.
Tutti noi ci ricordiamo dove eravamo e cosa stavamo facendo al momento dell’attacco alle Torri Gemelle: per la mia generazione, anche il rapimento Moro, il terremoto del Friuli, la Strage di Bologna sono stati scansione del tempo di analoga valenza evocativa. Pur rammentando questi episodi tragici, come ben hai detto nella domanda, il libro ha toni lievi e buffi, prevalentemente divertenti e divertiti. Un Amarcord nel quale altri si possono rispecchiare
.Nel libro troviamo molte rivelazioni sul paese natale della tua famiglia avvolto da un ‘nebion’: per Meneghelli era Malo, per te è Schio. Quali brutti ricordi vorresti esorcizzare con la scrittura? Spiegaci il tuo ‘libera nos’.
Che bella domanda! Non ci sono brutti ricordi da esorcizzare: il libro è nato dall’urgenza di trasformare la dolorosa esperienza di vedere mia madre andare progressivamente alla deriva, sulla barca capitanata dal Padrone delle Nebbie del tempo, il Signor Alzheimer. Si è trattato dunque dell’urgenza di vincere, di ritrovare chi mamma è stata, chi siamo stati come famiglia, per permetterci un nuovo inizio.
Libera nos è l’esortazione in latino del Padre Nostro, ma, come dice la mamma nel libro, parlando orgogliosa della Liberazione di Schio dal Nazifascismo, in cui la cittadina si è ribellata e i partigiani hanno fatto firmare la resa ai fascisti e al Comando Nazista, senza l’aiuto degli americani, “noialtri se semo liberà da soli”.
Ecco: il libro è un modo per liberarsi da soli, per trasformare e distillare il meglio, e portare questo prezioso distillato di affetti e ricordi nel presente e nel futuro.
La bisnonna era un’appassionata lettrice di giornali, il nonno un onorevole, il padre un professore, il fratello ingegnere: mi sembra che i Walter (con la doppia w, non come i parenti francesi) si siano distinti per l’interesse verso il mondo della cultura. Cos’hai ereditato da loro? Qual è la tua componente Walter?
Per onore del vero, la bisnonna non era una Walter, ma veniva dalla famiglia della mamma: la cultura ha accomunato i miei genitori, che si sono incontrati e innamorati nel primissimo dopoguerra, quando l’Italia fremeva di speranza e di riscatto, tempi ben diversi da quelli di adesso. La Cultura è innanzitutto bellezza, amore, passione, espressi con tutti i mezzi che l’uomo conosce per comunicarli agli altri, per sentirsi e vibrare insieme: la scrittura, la pittura, il teatro, la musica, ma anche l’arte di saper fare bene il proprio mestiere, ripagati da un giusto compenso in danaro, ma soprattutto dall’intima soddisfazione di aver creato valore, con il proprio lavoro. La bisnonna era operaia, il nonno, divenuto poi deputato, un abile calzolaio e un astrofilo appassionato. Cosa ho preso dai Verona (famiglia di mamma) e dai Walter? La passione.
Spiega Mistica Maeva a un mondo di adulti e il legame che ti lega alla città di Padova: forse molti di noi conoscono la torre di stelle.
Mistica Maeva è una ragazzina sveglia, con i pensieri come i suoi capelli, folti e aggrovigliati. Insieme al suo amico Giaki, alla sua nonna lettrice di tarocchi, la Super, al Professor Brusegan, e a Baicolo e Pastrocio, ovvero il rosso gatto di casa e il suo amico piccione per turisti, salva Venezia dall’acqua alta. Due anni dopo, invece, verrà a Padova, sulle tracce di un misterioso cannocchiale esoterico, l’Occhio dell’Anima, che potrà trovare solo dopo aver scovato sette chiavi concatenate, in una rocambolesca caccia al tesoro che coinvolge i principali monumenti della città.
“Mistica Maeva e la Torre delle Stelle”, che vede entrare nuovi personaggi rispetto al primo romanzo, soprattutto un’intera banda di gatti randagi che hanno il loro covo sotto la Specola, è però giocato su un gioco continuo di specchi, per cui quello che si crede essere, spesso si rivela infondato. La torre delle stelle, dunque, è senz’altro nota ai Padovani, ma per scoprire quale realmente sia, tra i monumenti che ornano la nostra bella città, occorre addentrarsi nell’Avventura narrata dal libro. Cosa aspettate?
.Nel libro troviamo molte rivelazioni sul paese natale della tua famiglia avvolto da un ‘nebion’: per Meneghelli era Malo, per te è Schio. Quali brutti ricordi vorresti esorcizzare con la scrittura? Spiegaci il tuo ‘libera nos’.
Che bella domanda! Non ci sono brutti ricordi da esorcizzare: il libro è nato dall’urgenza di trasformare la dolorosa esperienza di vedere mia madre andare progressivamente alla deriva, sulla barca capitanata dal Padrone delle Nebbie del tempo, il Signor Alzheimer. Si è trattato dunque dell’urgenza di vincere, di ritrovare chi mamma è stata, chi siamo stati come famiglia, per permetterci un nuovo inizio.
Libera nos è l’esortazione in latino del Padre Nostro, ma, come dice la mamma nel libro, parlando orgogliosa della Liberazione di Schio dal Nazifascismo, in cui la cittadina si è ribellata e i partigiani hanno fatto firmare la resa ai fascisti e al Comando Nazista, senza l’aiuto degli americani, “noialtri se semo liberà da soli”.
Ecco: il libro è un modo per liberarsi da soli, per trasformare e distillare il meglio, e portare questo prezioso distillato di affetti e ricordi nel presente e nel futuro.
La bisnonna era un’appassionata lettrice di giornali, il nonno un onorevole, il padre un professore, il fratello ingegnere: mi sembra che i Walter (con la doppia w, non come i parenti francesi) si siano distinti per l’interesse verso il mondo della cultura. Cos’hai ereditato da loro? Qual è la tua componente Walter?
Per onore del vero, la bisnonna non era una Walter, ma veniva dalla famiglia della mamma: la cultura ha accomunato i miei genitori, che si sono incontrati e innamorati nel primissimo dopoguerra, quando l’Italia fremeva di speranza e di riscatto, tempi ben diversi da quelli di adesso. La Cultura è innanzitutto bellezza, amore, passione, espressi con tutti i mezzi che l’uomo conosce per comunicarli agli altri, per sentirsi e vibrare insieme: la scrittura, la pittura, il teatro, la musica, ma anche l’arte di saper fare bene il proprio mestiere, ripagati da un giusto compenso in danaro, ma soprattutto dall’intima soddisfazione di aver creato valore, con il proprio lavoro. La bisnonna era operaia, il nonno, divenuto poi deputato, un abile calzolaio e un astrofilo appassionato. Cosa ho preso dai Verona (famiglia di mamma) e dai Walter? La passione.
Spiega Mistica Maeva a un mondo di adulti e il legame che ti lega alla città di Padova: forse molti di noi conoscono la torre di stelle.
Mistica Maeva è una ragazzina sveglia, con i pensieri come i suoi capelli, folti e aggrovigliati. Insieme al suo amico Giaki, alla sua nonna lettrice di tarocchi, la Super, al Professor Brusegan, e a Baicolo e Pastrocio, ovvero il rosso gatto di casa e il suo amico piccione per turisti, salva Venezia dall’acqua alta. Due anni dopo, invece, verrà a Padova, sulle tracce di un misterioso cannocchiale esoterico, l’Occhio dell’Anima, che potrà trovare solo dopo aver scovato sette chiavi concatenate, in una rocambolesca caccia al tesoro che coinvolge i principali monumenti della città.
“Mistica Maeva e la Torre delle Stelle”, che vede entrare nuovi personaggi rispetto al primo romanzo, soprattutto un’intera banda di gatti randagi che hanno il loro covo sotto la Specola, è però giocato su un gioco continuo di specchi, per cui quello che si crede essere, spesso si rivela infondato. La torre delle stelle, dunque, è senz’altro nota ai Padovani, ma per scoprire quale realmente sia, tra i monumenti che ornano la nostra bella città, occorre addentrarsi nell’Avventura narrata dal libro. Cosa aspettate?
Camilla Bottin
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