la trattativa
La trattativa Stato-mafia.
Due visioni a confronto.
Marco Travaglio é sicuramente un personaggio scomodo, lingua tagliente, ironia glaciale, il sorriso degradato in ghigno permanente, antipatico, ma di bella presenza (secondo il pubblico femminile), picchia a destra, a sinistra, al centro, praticamente contro tutti. Talvolta si lancia in duelli in diretta, altre volte, come ne caso del mancato confronto televisivo con il presidente Grasso, si ritrae, per poi rilanciare a freddo il giorno successivo, con una scarica di accuse e controaccuse. Affiancato certamente da una agguerrita schiera di legali che suggeriscono sin dove ci si può spingere e poi lo difendono, spesso con successo, dalle inevitabili accuse di diffamazione, si lancia spesso in battaglie dall'esito incerto, che finiscono anche in tribunale .
Sicuramente tra la cascata di proiettili scagliati quotidianamente, qualcuno genuino c'è, come nel caso di quanto sostenuto il 6 giugno, con l'editoriale "una mafia lava l'altra" a proposito della trattativa Stato-Mafia. Al di là della convinzione di Travaglio sul complotto universale, gli intralci a quel processo, le resistenze, le connivenze ci sono state e ci sono: coinvolti politici di ogni parte, silenzi e ritrosie delle più alte cariche istituzionali, mille cose da chiarire, ormai forse più storicamente che per via giurisdizionale.
Tra tutti: il mistero della scomparsa dell'agenda rossa di Borsellino, che cosa il giudice aveva intuito nei suoi ultimi giorni di vita, le vere motivazioni della strage che lo annientò e le motivazioni dei diversi depistaggi che hanno accompagnato le indagini e i processi sulla strage di via D'Amelio.
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Giovanni Fiandaca |
Ma nello stesso tempo non si può non vedere che ci sono state accelerazioni imprudenti da parte di alcuni giudici e fondati timori di elementi di debolezza nell'impianto accusatorio, come sostenuto da Giovanni Fiandaca nel saggio pubblicato su "Criminalia".
Il prof. Fiandaca,ordinario di diritto penale presso l'università di
Palermo, riconosciuto come maestro anche dal dott. Ingroia, non è un nemico
giurato della procura di Palermo, come Il Foglio di Ferrara che ne ha
usato in modo strumentale le argomentazioni logiche e dottrinali.
Il nucleo del suo saggio, analizza la validità delle ipotesi di reato ravvisate dai pubblici ministeri. In particolare sostiene che la configurazione del concorso criminoso nel reato di violenza o minaccia a un corpo politico (art. 338 del codice penale) é, dal punto di vista tecnico-processuale, difficilmente sostenibile. L'intero impianto accusatorio, che, a suo parere possiede maggiori valenze storiche e sociologiche che giuridiche, rischia quindi di crollare alla verifica dell'aula.
Tra le righe si trova anche un approfondimento della vicenda delle intercettazioni del Quirinale e delle diverse posizioni in merito alla loro liceità.
Una lettura difficile, ma doverosa per chi vuole comprendere i reali argomenti del contendere e prevedere, senza abbattersi, i probabili esiti giudiziari della vicenda.
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Dal primo artificiere in via Caetani novita' su quel 9 maggio.
RispondiEliminaAgenzia ANSA 29 giugno, 15:00
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Non sono mai stati interrogati e se ne lamentano perché hanno molto da raccontare gli antisabotatori che per primi arrivarono all'R4 rossa, con il corpo di Moro nel bagagliaio, in via Caetani, il 9 di maggio di 35 anni fa. Uno di loro, Vitantonio Raso, ha scritto un libro, 'La bomba Umana', nel quale da' dettagli che modificano la storia per come finora nota.
Lui ed il suo collega Giovanni Circhetta -sentiti dall'Ansa e dal sito www.vuotoaperdere.org- spostano l'ora del ritrovamento dell'auto e del cadavere dello statista a prima delle 11, mentre era delle 12.30 la famosa telefonata delle Br che annunciava l'uccisione di Moro ed il luogo dove trovarne il corpo. Alle 11, infatti, gli artificieri arrivarono in via Caetani per controllare che l'R4 non fosse una trappola esplosiva.
Fu Raso il primo ad entrare nella macchina ed a trovare sotto la coperta il corpo di Moro. Poco dopo arrivo' anche Francesco Cossiga, che finora si sapeva essere giunto in via Caetani solo poco prima delle 14 e quando Raso,sceso dalla macchina, comunicò che dentro il bagagliaio c'era Moro, non vi fu alcuna reazione da parte Cossiga e da chi lo circondava. "Sembrava che sapessero già tutto",dice Raso. Dal Maresciallo Giovanni Circhetta l'altra novità: sul sedile anteriore della R4 c'era una lettera. Circhetta è sicuro e si chiede che fine abbia fatto.
curiose analogie...
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