Il
bambino artigiano
di Marco Carsetti
di Marco Carsetti
All’improvviso la invase quel
senso di stupore che ciascuno di noi dovrebbe
provare almeno una volta nella vita: i bambini sono uomini nel pieno
delle forze e nella breve stagione dell’infanzia hanno più resistenza di quanta
Dio non gliene conceda in futuro. I bambini sanno sopportare.
(Davis Grubb, La
morte corre sul fiume, Adelphi)
Non far bere
l’acqua di cui non si ha voglia
Leggendo Le nuove tecniche didattiche di
Bruno Ciari (Edizioni dell’asino) si ristudia Freinet di cui Ciari fu
sperimentatore e poi divulgatore. E rileggendo Freinet ci si imbatte in una
determinazione, una forza, una motivazione così incisive che rimandano a un
uomo mosso e sostenuto nel suo cammino da una profonda fede.
“Ci sarebbe bisogno di una fede, quella stessa fede che riesce a
smuovere le montagne. Ma dove la possiamo ancora trovare?”, si
domandava.
Questa spinta, se ha ancora
qualcosa da insegnarci, non è solo dal punto di vista operativo contro ogni
didatticismo, ma dal punto di vista morale perché la motivazione della sua fede
era riposta direttamente nei bambini, nei ragazzi i cui vizi e difetti, diceva,
non sono i loro ma causati da altro, tra cui la scuola: la pedagogia del
cavallo che non ha sete.
“Spesso la scuola pretende di far bere l’acqua
di cui il ragazzo non ha voglia;
soprattutto pretende l’astrattismo, il verbalismo, la passività; esigendo
silenzio impersonalità dei compiti e delle lezioni, essa riesce a togliere al bambino il gusto dello studio, ne soffoca il
desiderio di conoscere, distrugge la sua sana curiosità”.
Felici i pochi, invece, che per
strani e diversi motivi hanno potuto almeno una volta toccare con mano la
fiducia che viene dal vedere agire l’energia dei ragazzi, controllata da loro
stessi, all’interno di una comunità vivente orientata “in un certo modo” e “da
un certo modo di essere”. Freinet, a guardare la sua motivazione
inesauribile, era uno di questi.
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