mercoledì 18 febbraio 2015

Parole di scuola: O come Orario



L'orario: variabile indipendente? 







A, come analfabeta; B come banco,bidelli C come collegio docenti, consiglio d'istituto, continuità, complessi, la scuola di Edipo e di Narciso la scuola di Telemaco,  D come dirigenteE come etica, empatia, esami; F come finanziamenti; G come Genitori; H come handicap;
 I come insegnante, le tre I; L come LIM
M come media;   N come numero; O come opportunità, orario; P come professoreP come presideQ come qualità; R come ripetenteriforma, responsabilità
S come semi; T come terremoto; U come unico; V come valigia; Z come zaino, zerbino.




Studentelli di liceo del 1967: due-tre quaderni, un libro al massimo sottobraccio, le ragazze, più diligenti, qualcosina in più, legata da un elastico e mollemente appoggiata sul fianco.





Studenti della scuola dell'autonomia, 2015: zaino, cartelline varie, sacco con il ricambio, tablet, telefonino e... mamma al posteggio in attesa dell'uscita.

Nel '67 era ammessa, anzi incoraggiata la socializzazione dei libri di testo, almeno di quelli strettamente necessari per seguire la lezione, che erano veramente pochi, perchè per la quasi totalità del tempo si assisteva a delle vere e proprie conferenze dei docenti. 

Per gli esercizi di matematica e la lettura dei classici, visto che erano necessari, si faceva ugualmente bene con un libro ogni due: accordi ferrei, impossibile modificarli in assenza di telefonini, in caso di assenza  del compagno di banco, qualche ragazza soccorrevole che portasse qualcosa in più si trovava sempre.



Gli orari delle lezioni a quei tempi erano molto ristretti, almeno per i licei: 25-28 ore al massimo; molte di più per i tecnici ma con una forte percentuale di ore di officina o laboratorio, cioè una vera e propria formazione professionale, l'abitudine al fare con le proprie mani per poi guidare e organizzare gli altri.
Si  favoleggiava, con qualche dose di verità, che ingegneri, medici e biologi, in fabbrica o in laboratorio, avessero qualcosa da imparare dai cosiddetti "periti" formati da alcuni istituti particolari.

Nella scuola dell'autonomia, invece, gli ultimi anni hanno visto una delle più folli rincorse all'improvvisazione didattica che la storia della scuola abbia mai attraversato.

Qualche esempio.
Prima che una mano caritatevole  mettesse fine alla sperimentazione selvaggia nella scuola secondaria di secondo grado, c'erano istituti con un carico di 40 ore di lezione, tutte teoriche, dalle otto alle 14 ogni giorno: un contenitore dove si accumulava di tutto, dalle tre lingue straniere, all'economia, passando per il latino e la filosofia. 
Negli stessi anni gli istituti professionali perdevano gradualmente la caratteristica del fare, per assimilarsi sempre di più ai tecnici, che avevano ben altra e nobile tradizione.


Scuole medie
Qui l'accumulo delle materie e quindi dei pesi degli zaini, sono andati di pari passo, giungendo sino alle 33 ore settimanali, i cui contenuti avevano perso di vista (come oggi del resto) la natura formativa e informativa di questo livello di scuola.
Una mano, questa volta non caritatevole (la Gelmini), ma spinta dalla manina nascosta di Tremonti (quello che  "con la cultura non si mangia") ridusse le ore da 33 a 30, assicurando la definitiva morte della seconda lingua straniera e il contemporaneo spezzettamento delle cattedre di lettere. 
La fuga

Il rimedio sarebbe stato tutt'altro: eliminazione dell'ora di religione (lo so ci sono i vincoli del concordato, la tradizione e tutto il resto, ma rendere l'ora di catechismo veramente opzionale ponendola in orari diversi, sarebbe stato possibile certamente per via ordinaria), ripristino della terza ora di seconda lingua, (altrimenti meglio non farla), ridimensionamento dell'orario di lettere (nove ore per classe, un insegnante ogni due classi, e meno perdita di tempo in chiacchiere).
Il tutto, ovviamente, rendendo più essenziali i programmi, reintroducendo la ciclicità dello studio della storia*, eliminando l'inutile doppione dell'educazione tecnologica. A conti fatti si sarebbe arrivati a 28 ore più la religione: meno di adesso e carichi più sopportabili e razionali.

Scuola primaria.
Anche qui la Gelmini, animata da eroico furore risparmiatore, ha ridotto l'orario, con ambigue formule che rendono possibile  tutto e di più: 25, 27,  30 o 40 ore, il supermercato delle offerte.
Da spiegare: come si può fare in 25 quello che si fa in 30 e viceversa. Delle due l'una: o sono poche 25 o sono troppe 30. Senza contare che qui le ore di catechismo, talvolta ben spese, talvolta proprio perse, sono ben due! 
La razionalità di questa impostazione, che tende sempre di più alla secondarizzazione, per colpa di dirigenti e insegnanti, è tutta da dimostrare. Intanto ha effetti collaterali molto forti: zaini, ormai divenuti carrellini, sempre più gonfi, massima creatività dei consigli d'istituto nella gestione degli orari e nella formazione delle classi.
Ma il massimo abominio viene raggiunto dall'attuale tempo pieno, dove sono andate perse le istanze fondanti (scuola aperta, scuola del fare, scuola della ricerca pedagogica) per fare posto ad un tempo non pieno, ma insopportabile, perchè preludio ai compiti per casa...

La settimana corta: l'ultima moda per devastare quello che resta della scuola. 
Comoda per i genitori che vogliono dormire al sabato, comoda per gli insegnanti che si vedono assicurato il sabato libero, senza più ricorrere alle lotte all'arma bianca di prima, vantaggiosa per i comuni che risparmiano (o credono di risparmiare) sui consumi energetici.

E gli alunni? gli studenti? i ritmi di apprendimento? i ritmi individuali? i favolosi tempi distesi della primaria? i  carichi di lavoro? i tempi di apprendimento? la capacità di concentrazione? la razionalità? la serietà della scuola?




 *Attualmente la storia dei romani viene fatta in quinta elementare, quando la capacità di astrazione e le strutture mentali per realizzarla non sono ancora pronte: nulla più o quasi alla media.









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