A come analfabeta; B come banco; C come collegio docenti, consiglio d'istituto, continuità; D come dirigente; E come etica, empatia, esami; F come finanziamenti; G come genitori; H come handicap; I come insegnante, le tre I; L come LIM; M come media; N come numero; O come opportunità;
P come professore, preside; Q come qualità; R come ripetente; S come semi; T come terremoto; U come unico; V come valigia; Z come zaino, zerbino.
P come professore, preside; Q come qualità; R come ripetente; S come semi; T come terremoto; U come unico; V come valigia; Z come zaino, zerbino.
Il prof Franco Salvo |
P come professore
Il liceo Umberto di Palermo, da sempre in competizione con il più blasonato Garibaldi e ora con l'avveniristico Meli, ha formato personaggi illustri in svariati campi. Basti ricordare Giovanni Falcone, Guido Lo Forte (PM al processo Andreotti), Renato Guttuso, Giorgio La Pira, Gigi Burruano (il padre nel film "I cento passi"), e anche Gianni Nanfa..
Ma il tesoro nascosto era nei suoi insegnanti, non tutti, per carità come accade in tutte le scuole del "regno", ma qualcuno veramente fuori dall'ordinario, amato dai propri studenti, guardati a loro volta con invidia dai compagni delle altre sezioni. Io ero tra chi sbirciava dalla porta accanto: mi è mancata una solida formazione storica e filosofica come quella che spargeva il prof. Franco Salvo. Dopo innumerevoli disordinate letture ancora oggi ne risento.
Ecco un profilo del "professore" Salvo, scritto da un suo studente; meglio di ogni altro discorso descrive come deve essere un vero professore: un maestro di vita.
Quando Franco Salvo insegnava al Liceo “Umberto I” di Palermo
di Rosario Ales (estratto)
A tanti anni di distanza dagli esami di maturità del 1979 al liceo classico statale “Umberto I”, il ricordo della serena calma riflessiva del professore Salvo mi ha accompagnato per tutta la vita, per essere stato un modello come insegnante e un esempio di coerenza nella vita pratica degli ideali in cui credeva.
Spesso, durante le spiegazioni di storia, diceva che le idee camminano sulle gambe degli uomini.
Franco Salvo è stato, anzitutto, un maestro di laicità, e per maestro intendo colui che sa andare oltre la professionalità dell’ insegnamento specifico, che è capace di affrontare i problemi infondendo una visione della vita basata su valori etici.
Mai come oggi è mancata la laicità nell’insegnamento, “[…] un metodo di studio che educhi a pensare criticamente, nel rispetto di tutte le convinzioni: solo nel confronto dialettico i vari orizzonti culturali possono svelare i propri limiti e giustificare la propria validità”, affermava Franco Salvo, nel suo testo di educazione civica per i licei.
Essere laici non vuol dire contrapporsi ai credenti (o ai cattolici), e neppure essere atei o agnostici. Laicità è un habitus mentale, come ci insegnava il nostro professore, la capacità di differenziare gli ambiti di ciò che è oggetto della ragione e ciò che è oggetto di fede. Ci insegnava quando ancora eravamo ragazzi il gusto per il ragionamento, la capacità di distinguere, il mettere in discussione le proprie certezze, argomentare senza essere condizionati da alcuna fede né ideologia.
“La logica della vita morale”, così si intitolava un suo libro all'inizio del suo insegnamento, era espressione di un modo di configurare la dinamica della soggettività, a partire da Aristotele per approfondirsi nel solco d’una tradizione spirituale da Agostino a Pascal, fino a Newman e Blondel; il tema rilevante dell’azione nel mondo storico (famiglia, società civile, stato, istituzioni), trovò esplicita concretezza, nell'adesione di Franco Salvo al marxismo in modo sempre critico, mai dogmatico, esaltando il valore della praxis umana e della processualità della storia, nella circolarità dinamica del rapporto tra concreto-astratto-concreto.
Il ricordo personale di ciò di cui ho potuto fare esperienza negli anni di liceo, è legato alla sua straordinaria capacità maieutica di insegnare, di interloquire con gli alunni con tono pacato.
Le lezioni come si suol dire erano esposizioni “a braccio”, espressione di una ricca interiorità che si estrinsecava in un linguaggio ordinato e fluido, senza concedere spazi alla retorica o a discorsi edificanti.
Si andava a scuola con il desiderio di apprendere la nuova lezione del giorno ed il professore argomentava, trasmettendo al contempo la “passione fredda” per le materie che insegnava.
Rispondeva sempre alle nostre domande o provocazioni, nel tacito presupposto che la domanda dovesse essere motivata nel discorso; rispettando il punto di vista altrui, nella risposta allargava l’orizzonte di comprensione dell’interlocutore.
Alcune sue frasi sono diventate quasi proverbiali nella memoria di noi alunni, come quella: “ è facile dirsi galileiani oggi, difficile era dirlo ai tempi di Galilei”, oppure “qual’è la differenza tra l’ignoto e il mistero?” o anche l’ incisiva espressione di Lessing: “se Dio tenesse chiusa nella sua destra tutta la verità, e nella sinistra l’impulso sempre vivo alla verità, la ricerca , e mi dicesse scegli! Io gli cadrei con umiltà alla sinistra, e direi: Padre, la pura verità è riservata a te solo!”.
La sua maniera di fumare, mai in aula, accompagnava l’elaborazione del suo pensiero, apparendomi quasi come un maestro Zen, per il gusto del paradosso e l’esercizio di parlare in modo misurato, sintetico e conciso, mai irato.
Non solo come docente, ma soprattutto come educatore, negli anni travagliati della nostra adolescenza formava le coscienze alla riflessione, alla responsabilità della propria libertà, all'impegno sociale e politico (ma anche nei riguardi di altri insegnanti della mia classe sono rimasto riconoscente, per le lezioni di umanità e di cultura che ci hanno comunicato, in particolare il Professore Ettore Tennerello, la Prof.ssa Sacco e Padre Neri).
Di lui il giudice Falcone, che fu suo alunno, in una intervista rilasciata nel 1986 disse: “più che professore fu per tanti della mia generazione maestro di formazione e di vita”.
Anche Filippo Basile, il dirigente dell’Assessorato Regionale all'Agricoltura assassinato nel 1999, di cui sono stato compagno di classe ed amico negli anni di liceo, riconosceva il contributo quasi ”paterno” del professore Salvo, alla sua formazione culturale e spirituale.
Quando Franco Salvo insegnava al Liceo “Umberto I” di Palermo
di Rosario Ales (estratto)
A tanti anni di distanza dagli esami di maturità del 1979 al liceo classico statale “Umberto I”, il ricordo della serena calma riflessiva del professore Salvo mi ha accompagnato per tutta la vita, per essere stato un modello come insegnante e un esempio di coerenza nella vita pratica degli ideali in cui credeva.
Spesso, durante le spiegazioni di storia, diceva che le idee camminano sulle gambe degli uomini.
Franco Salvo è stato, anzitutto, un maestro di laicità, e per maestro intendo colui che sa andare oltre la professionalità dell’ insegnamento specifico, che è capace di affrontare i problemi infondendo una visione della vita basata su valori etici.
Mai come oggi è mancata la laicità nell’insegnamento, “[…] un metodo di studio che educhi a pensare criticamente, nel rispetto di tutte le convinzioni: solo nel confronto dialettico i vari orizzonti culturali possono svelare i propri limiti e giustificare la propria validità”, affermava Franco Salvo, nel suo testo di educazione civica per i licei.
Essere laici non vuol dire contrapporsi ai credenti (o ai cattolici), e neppure essere atei o agnostici. Laicità è un habitus mentale, come ci insegnava il nostro professore, la capacità di differenziare gli ambiti di ciò che è oggetto della ragione e ciò che è oggetto di fede. Ci insegnava quando ancora eravamo ragazzi il gusto per il ragionamento, la capacità di distinguere, il mettere in discussione le proprie certezze, argomentare senza essere condizionati da alcuna fede né ideologia.
“La logica della vita morale”, così si intitolava un suo libro all'inizio del suo insegnamento, era espressione di un modo di configurare la dinamica della soggettività, a partire da Aristotele per approfondirsi nel solco d’una tradizione spirituale da Agostino a Pascal, fino a Newman e Blondel; il tema rilevante dell’azione nel mondo storico (famiglia, società civile, stato, istituzioni), trovò esplicita concretezza, nell'adesione di Franco Salvo al marxismo in modo sempre critico, mai dogmatico, esaltando il valore della praxis umana e della processualità della storia, nella circolarità dinamica del rapporto tra concreto-astratto-concreto.
Il ricordo personale di ciò di cui ho potuto fare esperienza negli anni di liceo, è legato alla sua straordinaria capacità maieutica di insegnare, di interloquire con gli alunni con tono pacato.
Le lezioni come si suol dire erano esposizioni “a braccio”, espressione di una ricca interiorità che si estrinsecava in un linguaggio ordinato e fluido, senza concedere spazi alla retorica o a discorsi edificanti.
Si andava a scuola con il desiderio di apprendere la nuova lezione del giorno ed il professore argomentava, trasmettendo al contempo la “passione fredda” per le materie che insegnava.
Rispondeva sempre alle nostre domande o provocazioni, nel tacito presupposto che la domanda dovesse essere motivata nel discorso; rispettando il punto di vista altrui, nella risposta allargava l’orizzonte di comprensione dell’interlocutore.
Alcune sue frasi sono diventate quasi proverbiali nella memoria di noi alunni, come quella: “ è facile dirsi galileiani oggi, difficile era dirlo ai tempi di Galilei”, oppure “qual’è la differenza tra l’ignoto e il mistero?” o anche l’ incisiva espressione di Lessing: “se Dio tenesse chiusa nella sua destra tutta la verità, e nella sinistra l’impulso sempre vivo alla verità, la ricerca , e mi dicesse scegli! Io gli cadrei con umiltà alla sinistra, e direi: Padre, la pura verità è riservata a te solo!”.
La sua maniera di fumare, mai in aula, accompagnava l’elaborazione del suo pensiero, apparendomi quasi come un maestro Zen, per il gusto del paradosso e l’esercizio di parlare in modo misurato, sintetico e conciso, mai irato.
Non solo come docente, ma soprattutto come educatore, negli anni travagliati della nostra adolescenza formava le coscienze alla riflessione, alla responsabilità della propria libertà, all'impegno sociale e politico (ma anche nei riguardi di altri insegnanti della mia classe sono rimasto riconoscente, per le lezioni di umanità e di cultura che ci hanno comunicato, in particolare il Professore Ettore Tennerello, la Prof.ssa Sacco e Padre Neri).
Di lui il giudice Falcone, che fu suo alunno, in una intervista rilasciata nel 1986 disse: “più che professore fu per tanti della mia generazione maestro di formazione e di vita”.
Anche Filippo Basile, il dirigente dell’Assessorato Regionale all'Agricoltura assassinato nel 1999, di cui sono stato compagno di classe ed amico negli anni di liceo, riconosceva il contributo quasi ”paterno” del professore Salvo, alla sua formazione culturale e spirituale.
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