Parole di scuola: collaboratori scolastici (Bidelli)
A come analfabeta; B come banco, bidelli; C come collegio docenti, consiglio d'istituto, continuità; D come dirigente; E come etica, empatia, esami; F come finanziamenti; G come Genitori; H come handicap; I come insegnante, le tre I; L come LIM;
M come media; N come numero; O come opportunità; P come professore, P come preside, P come primo giorno; Q come qualità; R come ripetente, Riforma; S come semi; T come terremoto; U come unico; V come valigia; Z come zaino, zerbino.
Preside, dobbiamo fare i turni per il mese di malattia", esordì il portavoce della delegazione di bidelli (allora si chiamavano così) all'inizio dell'estate in un paesino del profondo veneto, che di li a poco sarebbe diventato la culla della nascente Liga Veneta.
Facile la risposta, dopo il primo momento di stupore: ma di che state parlando, chi si è ammalato?
Controreplica (tradotta): "vede lei è nuovo, ma se durante l'estate la gente ci vede tutti qui che non facciamo niente, pensa male; abbiamo sempre fatto così."
Ovviamente quell'estate non ci furono malattie, dietro minaccia di denuncia degli indisposti e dei relativi medici.
Ma la realtà del mondo dei bidelli, divenuti nel frattempo collaboratori scolastici, non può essere liquidata con questo aneddoto, nè con le prevedibili controstorie dei bidelli di Siano (il più grande bidellificio del mezzogiorno).
Nel ricordo di tutti c'è sempre un signor bidello, in giacca e cravatta, che vigila discretamente sulle intemperanze liceali, pronto ad aiutare, a consigliare e, all'occorrenza, anche a fungere da delatore per evitare guai peggiori.
Ma c'è anche una bidella Candida, che tiene alla pulizia e all'ordine di una scuola elementare, come e di più di quella di casa propria.
Anche questa l'ho conosciuta: centrini sui tavoli, tendine fatte a mano alle finestre, fiori freschi nei vasi, proprio quello che i colleghi più scansafatiche consideravano una pericolosa ostensione di attivismo.
In realtà il ruolo dei collaboratori, ex bidelli, è importantissimo nei rapporti e nella gestione quotidiana delle scuole.
Quello che non funziona sono le complicazioni procedurali, le rigidità nelle assunzioni,l'impossibilità di interventi sanzionatori o premiali, la difficoltà di organizzare il lavoro razionalmente e produttivamente a causa di norme maniacalmente restrittive, ma soprattutto la retribuzione bassa e dequalificante.
Non ultima, tra le cause delle disfunzioni, la folle organizzazione tutta italiana di microscuole, sparse nel territorio: uno spreco di risorse, materiali e umane.
Detto questo, non posso non ricordare un'aspirante bidella, una lavoratrice "socialmente utile" di origine rumena, l'unica che qualche anno fa ero riuscito ad avere come supporto ad un organico sempre più ristretto. Gli altri, indigeni e no, avevano declinato la chiamata, sicuri di farla franca e di continuare a percepire l'indennità di disoccupazione.
La signora in questione, che evidentemente possedeva una dignità innata, mi disse: "lo stato mi da 700 euro e io me li voglio guadagnare!".
Meritava la cattedra di filosofia morale, più che una scopa!
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