lunedì 22 luglio 2013

Referendum indipendenza

Il tanko alla conquista di Venezia!


Consiglio del 25 luglio,  

odg. 2
Veneto indipendente, mozione in discussione al consiglio comunale del 25 luglio.
Il parere del comitato di giuristi nominato da Zaia

Nella notte tra l'8 e il 9 maggio del 1997, piazza san Marco fu invasa dai serenissimi che così volevano ricordare il bicentenario della caduta della Repubblica Serenissima per mano di Napoleone. Anacronistici e velleitari contestatori dello stato italiano e dell'idea bossiana di padania, finirono in carcere per molti anni, perché il "tanko" era fasullo, ma le armi e la resistenza ai reparti speciali del tutto realistica.

A distanza di 16 anni, un'ulteriore gesto di propaganda, questa volta  in chiave pacifica e moderna, ma con tutta evidenza anticostituzionale (come sostengono anche i giuristi interpellati dal presidente Zaia) si impone all'attenzione dell'opinione pubblica e purtroppo anche delle assemblee elettive sotto ricatto dei cosiddetti "indipendentisti" che portano voti.  

Il  25 luglio, quindi, anche il consiglio comunale di Mestrino sarà costretto a discutere di un ordine del giorno che appoggia la cervellotica richiesta. 

E' legittimo chiedersi se questa inutile discussione costituisca o meno un costo per l'amministrazione locale?  

Sia chiaro, nulla da dire contro lo strumento del referendum, purchè sia applicato a cose serie e non costituisca una pura leva di propaganda, a spese della collettività. Non a caso gli stessi giuristi del presidente  Zaia paventano un'incriminazione per danno erariale.

Ma forse è il caso di sentirli direttamente, i giuristi.

COMMISSIONE GIURISTI SU RISOLUZIONE N. 44/2012
Verbale riassuntivo dell’attività svolta dalla Commissione giuristi costituita in esecuzione della Risoluzione n. 44/2012 del Consiglio regionale del Veneto e stato dell’arte al 16 luglio 2013.

Risoluzione n. 44/2012
Nella 139° Seduta pubblica di mercoledì 28 novembre 2012, il Consiglio regionale del Veneto, con Deliberazione n. 145 ha approvato la Risoluzione n. 44 con la quale impegna il Presidente del Consiglio regionale del Veneto ed il Presidente della Giunta regionale del Veneto ad attivarsi, con ogni risorsa a disposizione del Consiglio regionale e della Giunta regionale, per avviare urgentemente con tutte le Istituzioni dell’Unione europea e delle Nazioni Unite le relazioni istituzionali che garantiscano l’indizione di una consultazione referendaria al fine di accertare la volontà del Popolo Veneto in ordine alla propria autodeterminazione, avvalendosi a tale scopo del parere consultivo di un’apposita Commissione di giuristi senza alcun onere a carico della Regione, impegnando altresì il Presidente del Consiglio regionale del Veneto ed il Presidente della Giunta regionale del Veneto a tutelare, in ogni sede competente, nazionale ed internazionale, il diritto del Popolo Veneto all’autodeterminazione.



Costituzione Commissione giuristi
In esecuzione della citata Risoluzione n. 44, è stata costituita la Commissione di giuristi composta dall’Avv. Prof. Mario Bertolissi, del foro di Padova, professore ordinario di diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Padova; dall’Avv. Prof. Luigi Benvenuti, del foro di Venezia, professore ordinario di diritto amministrativo presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia; dall’Avv. Luca Azzano Cantarutti, del foro di Rovigo, esperto della materia; dall’Avv. Prof. Andrea Favaro, docente incaricato presso la facoltà di diritto canonico “San Pio X” dello Studium Generale Marcianum di Venezia; dall’Avv. Maria Patrizia Petralia, dirigente della Direzione regionale Affari Legislativi e dall’Avv. Alessandro Rota, dirigente responsabile della Segreteria della Prima Commissione del Consiglio regionale.
Precedenti riunioni Commissione giuristi
Nella riunione di insediamento del 19 marzo 2013, nella Sala Giunta di Palazzo Balbi, alla presenza del Presidente della Giunta regionale, dott. Luca Zaia, è stato precisato il mandato affidato alla Commissione giuristi, ovvero quello di formulare agli organi regionali un parere consultivo sull’indizione della consultazione referendaria mirata ad accertare la volontà del “Popolo Veneto” in ordine alla propria autodeterminazione.
A tal fine sono stati individuati due ambiti di approfondimento dell’analisi giuridica. Un primo ambito diretto ad analizzare l’ammissibilità dell’indizione della consultazione referendaria cori riferimento all’ordinamento giuridico interno, l’altro diretto ad accertare se, nell’ambito del diritto internazionale, esistono strumenti giuridici che possano legittimare, comunque, il “Popolo Veneto’ ad esprimersi, previa consultazione referendaria, in merito alla propria autodeterminazione.
Nella seconda riunione del 7 maggio 2013, la Commissione ha condiviso l’esito della ricerca bibliografica e giurisprudenziale condotta, in autonomia dai singoli componenti, individuando un corposo indice di lavori predisposti da autorevole dottrina in merito all’ammissibilità o meno di una consultazione referendaria diretta ad accertare la volontà di un “Popolo” in merito alla propria autonomia nei confronti di un altro Stato di cui si trovi, per motivi storici, a far parte.
In particolare, per quanto riguarda il diritto interno, ampio spazio è stato dato all’analisi della Costituzione italiana del 1948 e delle norme che sanciscono l’indivisibilità della Repubblica (in particolare, art. 5), nonché della giurisprudenza costituzionale che ha avuto modo di esprimersi in merito alla possibilità di indire referendum della popolazione finalizzati ad ottenere maggiore autonomia a favore delle Regioni (in particolare Sentenza 24 novembre 1992, n. 470; Sentenza 14 novembre 2000, n. 496, entrambe riferite al Veneto).
Per quanto attiene al diritto internazionale, oltre all’analisi degli studi effettuati dalla dottrina sul principio di “autodeterminazione dei popoli” e di “integrità territoriale” e all’esame delle norme di diritto internazionale e pattizio, prima fra tutte la Carta delle Nazioni Unite, è stata oggetto di particolare analisi il parere (advisory opinion), reso dalla Corte Internazionale di Giustizia, sulla dichiarazione unilaterale di indipendenza fatta dalle istituzioni provvisorie di autogoverno del Kosovo nei confronti della Serbia, e il parere reso dalla Corte suprema canadese in ordine al diritto di secessione unilaterale del Québec dal resto del Canada, nonché il recente parere (maggio 2013)
dell’Università di Innsbruck (“Das Selbstbestimmungsrecht der Völker und seine praktische Anwendung – unter besonderer Berücksichtigung Südtirols”” a firma del Prof. Peter Hilpold (Ordinario di Diritto internazionale, diritto europeo e diritto pubblico comparato) relativo a temi simili, che afferma come non sia possibile dal punto di vista del diritto internazionale affermare l’illiceità della condotta posta in essere da parte di un popolo per vedere riconosciuto il proprio diritto alla autodeterminazione.
Nella riunione del 27 giugno 2013, i componenti della Commissione giuristi, con ampio dibattito si sono confrontati in merito all’esito delle diverse analisi effettuate sulla documentazione messa a disposizione, ed hanno ritenuto di dover svolgere ulteriori approfondimenti al fine di tentare di raggiungere una sintesi finale condivisa che tenga conto di tutte le opinioni espresse dai componenti.
Dal dibattito e dalla documentazione in merito al quesito posto dal Consiglio regionale, sono emersi i seguenti indirizzi:
lì avv. Azzano Cantarutti – Preso atto che l’art. 5 della Costituzione dichiara la Repubblica una e indivisibile, ne contesta la concreta applicazione da parte delle Istituzioni italiane, ricordando la problematica relativa alla firma del trattato di Osimo con il quale sono state cedute parti del territorio nazionale (“Territorio a sovranità italiana provvisoriamente amministrato dalla Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia” – Zona B – Istria) alla Federazione Jugoslava. Richiama l’art. 10 della Costituzione, ricordando che l’ordinamento nazionale si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute; “si conforma” significa che le recepisce tout court.
Pur dando atto della Sentenza n. 48/1979 della Consulta (secondo cui il recepimento delle norme del diritto intemazionale presuppone l’assenza di contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale) ritiene non condivisibile una interpretazione che, richiamandosi alla citata pronuncia, ritenga inammissibile il referendum. Rispetto alla citata sentenza (assai datata nel tempo), l’evoluzione attuale del diritto internazionale e la sua concreta applicazione da parte delle Istituzioni internazionali consentono l’applicazione del diritto “transnazionale”. Esiste oggi una gerarchia tra le norme del vigente diritto internazionale: al primo posto sono le norme e i principi sui diritti umani, in quanto norme dì jus cogens o di super-costituzione. I diritti degli stati sono subordinati a questi principi fondamentali; laddove esista contrasto tra diritti umani internazionalmente riconosciuti e diritti degli stati, i primi devono prevalere.
Quanto all’ipotesi di applicazione dell’art. 126 della Costituzione, con conseguente scioglimento del Consiglio regionale e rimozione del Presidente della Giunta, evidenzia come l’approvazione di una legge regionale che indice il referendum consultivo può, al più, essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale, come avvenuto con il giudizio conclusosi con la citata Sentenza 496/2000.
Nel caso di controversie giurisdizionali con il Governo italiano, evidenzia la possibilità di ricorrere alla Corte Internazionale di Giustizia (che già si è espressa in casi simili) per sostenere la legittimità del referendum.
Ritiene pertanto che il Consiglio regionale possa seguire il seguente iter:
o approvazione di legge regionale di indizione del referendum consultivo con quesito dal tenore pari: “Vuoi tu che il popolo Veneto eserciti la propria sovranità nelle relazioni con gli altri Stati?”;
o (eventuale) vaglio della citata legge proposto dinanzi alla Corte Costituzionale; o quanto al rischio del danno erariale, non si ritiene presente atteso che in il referendum si terrebbe dopo un eventuale vaglio di legittimità della Consulta e degli Organi internazionali (Corte Internazionale di Giustizia) ma, comunque, potrebbe essere escluso dall’indizione del Referendum consultivo in occasione di una prossima scadenza elettorale;
o qualora l’esito del referendum consultivo fosse a favore della autodeterminazione del popolo Veneto, l’Organo eletto (Consiglio regionale) dichiari l’indipendenza e prenda i contatti, in quanto rappresentante del nuovo soggetto politico, con gli organismi internazionali (ONU, EU, etc.) per il debito riconoscimento. Al di fuori del contenuto giuridico, al fine di riconoscere un maggiore coinvolgimento della società (che sempre è libera di auto-organizzarsi come ritiene), potrebbe essere utile fornire la possibilità alla stessa di organizzarsi in vista della celebrazione del referendum tramite anche donazioni modali o forme di volontariato ai seggi.
2) aw. prof. Benvenuti – L’ordinamento internazionale prevede il diritto all’autodeterminazione esterna dei popoli, non come regola bensì come eccezione alla regola della stabilità delle frontiere e, in ultima analisi, della Comunità Internazionale.
Ciò è evidenziato anche dalla prassi più recente (ad esempio la pronuncia della Corte Suprema del Canada nel caso del Quebec).
Il diritto di autodeterminazione esterna è previsto in caso limitati e precisi (anche qui il riferimento e’ ad esempio all’Assemblea ONU 1960 sull’indipendenza dei popoli coloniali e al 1970 sulle relazioni amichevoli degli Stati. Anche nel caso Timor Orientale del 1995 ci sono precise limitazioni).
Perché ci sia un’autodeterminazione esterna, ci vuole inoltre l’esistenza di un popolo. Sebbene gli strumenti internazionali (risoluzioni e trattati) che si occupano di autodeterminazione non definiscono la nozione di popolo, questa è intesa dalla pratica internazionale come “gruppo nazionale coeso”, il che non è per il popolo veneto.
Solo con attenzione ai diritti umani torna in primo piano la nozione di popolo.
Infine, nella concreta fattispecie oggetto del quesito, difetta l’ulteriore requisito dei dati temporali,
quali precisamente richiesti dalla prassi del diritto internazionale .
Per altro verso, quanto al versante interno, si ritiene sicuramente non percorribile la strada normativa per l’indizione di un referendum regionale consultivo (vedi Sentenze C.C. 470/92 e 496/2000, oltre che lo Statuto della Regione Veneto). A ciò osta il limite insuperabile di cui all’art. 5 della Costituzione.
Posizione del Consiglio regionale per via meramente amministrativa (nel caso di specie, mero atto amministrativo? atto di indirizzo?).
Anche qui, come nell’ipotesi precedente, va messo in conto la possibile o addirittura probabile impugnazione dello Stato avanti la Corte Costituzionale.
Potrebbero inoltre determinarsi altre negative conseguenze ai sensi dell’art. 126 della Costituzione. L’unica strada percorribile potrebbe essere tutt’al più quella tracciata dal comma 3 dell’art. 116 della Costituzione, che andrebbe eventualmente concordata nel rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e Regione.
Al proposito si concorda con la tesi della possibile ricerca di un percorso costituzionalmente orientato per la negoziazione di maggiori spazi di autonomia.
3)     avv. prof. Bertolissi – Partendo da un’indagine preliminare ampia ed approfondita circa l’applicabilità alle problematiche in discussione del principio di autodeterminazione dei popoli come elaborato nel diritto internazionale e dall’analisi della situazione di diritto pubblico interno, con particolare riferimento alle vicende relative alle Sentenze della Corte Costituzionale n. 470/1992 e n. 496/2000, conclude sul possibile non-da farsi e da farsi.
Quanto al non-da farsi suggerisce di non procedere attraverso referendum consultivo perché nel caso esso venga deliberato attraverso una legge regionale questa sarebbe esposta a una molto probabile dichiarazione di illegittimità costituzionale con possibile evenienza di dichiarazione di danno erariale da parte del giudice contabile; ed ove si procedesse con deliberazione amministrativa l’effetto sarebbe non dissimile in quanto il Governo potrebbe agire attraverso la via del ricorso giurisdizionale amministrativo oppure per conflitto di attribuzione davanti la Corte Costituzionale. Quanto al da farsi il suggerimento al Consiglio regionale è di approvare un ordine del giorno o analogo provvedimento di auspicio/incoraggiamento ai cittadini che vorranno progettare un sondaggio di opinione (o altra attività consultiva similare) attraverso il quale la cittadinanza (il popolo veneto) possa manifestare liberamente il proprio pensiero ai sensi dell’art. 21 della Costituzione in ordine alle problematiche autonomistiche di cui si tratta.
In tal modo si potrà fare una reale verifica della consistenza dell’aspirazione del popolo veneto all’ indipendenza o semplicemente ad una maggiore autonomia in seno all’ordinamento nazionale.
4)     avv. Prof. Favaro – Dopo una approfondita analisi del diritto interno e internazionale, rileva per punti che:
-         per il diritto interno, il referendum consultivo è un istituto previsto e disciplinato anche dal vigente Statuto della Regione Veneto (art. 27);
-         la Corte Costituzionale, con le Sentenze non più recenti n. 470/92 e n. 496/00 aveva ritenuto contrario alla Costituzione sottoporre a referendum modifiche costituzionali volte ad ottenere maggiore autonomia a favore delle regioni;
-         secondo gli arresti citati e reiteratamente criticati dalla dottrina per i loro evidenti limiti motivazionali, si dovrebbe andrebbe a collidere con i principi di sovranità, unità e indivisibilità sanciti nell’art. 5 della Costituzione;
-         l’esperienza giuridica repubblicana insegna che anche quando il Parlamento Italiano ha ratificato la cessione di intere parti del territorio nazionale a stati esteri, non è stato ritenuto violato l’art. 5 della Costituzione (cfr. Trattato di Osimo del 1975);
l’eventuale referendum non avrebbe ad oggetto modifiche della Costituzione vigente limitandosi alla verifica di una volontà popolare democratica in merito al generale principio di autodeterminazione;
-         d’altra parte, libertà di espressione dei membri di un ordinamento democratico costituisce il fondamento stesso della democrazia;
-         non si rinvengono limiti contenutistici a tale libertà di espressione del pensiero da parte del cittadino, come lo stesso ordinamento italiano assicura con il novellato art. 283 c.p. che legittima la condotta di chi, con atto non violento “commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di Governo”’ ovvero con il novellato l’art. 241 c.p., il quale prevede che chiunque possa compiere legittimamente atti non violenti diretti ed idonei a sottoporre il territorio dello Stato alla sovranità di uno Stato straniero o a menomare l’unità e l’indipendenza dello Stato;
-         non si vede perchè tale libertà di espressione garantita anche per questi temi specifici per il singolo cittadino non possa essere per un insieme di cittadini;
-         rimangono, quindi, leciti (e legittimi) tutti gli atti contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato che siano compiuti senza violenza, condotte che sono state quindi, per volontà del legislatore italiano, decriminalizzate e volte al riconoscimento concreto della piena libertà di espressione dei cittadini;
-         passando al diritto internazionale, lo Statuto delle Nazioni Unite pone la garanzia dell’autodeterminazione dei popoli come uno dei suoi “fini e principi” (art. 1), e varie convenzioni internazionali hanno riconosciuto nel tempo il diritto all’autodeterminazione dei popoli;
-         la volontà popolare che riconosce il principio di autodeterminazione, secondo il diritto internazionale può estrinsecarsi in forma libera, purché essa sia atta a garantire che detta volontà sia espressa in maniera democratica, libera e definita nei contenuti;
-         tale rilievo è stato confermato anche nel recente parere della Corte Internazionale di Giustizia nel 22 luglio 2010 relativo alla conformità al diritto internazionale della dichiarazione di indipendenza del Kosovo (che a sua volta si fonda su pronunce risalenti come la Sentenza “Lotus” [1927], la Sentenza “Nicaragua” [1986] e il Parere sulla “Liceità della minaccia o dell’uso di armi nucleari” [1996]);
-         la Corte Internazionale ha quindi affermato che in termini generali, e non solo per taluni casi storico-geografici, le dichiarazioni di indipendenza, al pari dei complessivi fenomeni di nascita o scomparsa degli stati, non sono proibite dell’ordinamento internazionale;
-         una dichiarazione di indipendenza (come pure gli atti prodromici alla medesima) può essere senz’altro considerata “in accordance” col diritto internazionale anche perchè, come pure nel caso del Veneto, non è in contrasto con il principio dell’integrità territoriale e dell’indipendenza politica che è applicabile solamente nelle relazioni internazionali tra gli stati (e non può vincolare i soggetti non statuali);
-         lo stesso principio è stato riconosciuto anche da una Corte Suprema nazionale, quella Canadese nel caso del Quebec la quale ha affermato nel 1998: “The continued existence and operation of the Canadian constitutional order could not he indifferent to a clear expression of a clear majority of Quebecers that they no longer wish to remain in Canada. The other provinces and the federai government would have no basis to deny the righi of the government of Quebec to pur sue secession. should a clear majority of the people of Quebec choose that goal so long as in doing so, Quebec respects the rights of others” (par. 151);
-         in tema di autodeterminazione, una certa importanza, specie per il passato, è stata ricoperta dal soggetto che richiede/pretende di autodeterminarsi;
-         porre l’accento sul popolo implica una sua definizione, ma per il diritto internazionale non vi è una definizione di concetto di popolo e la prassi ha evidenziato che “popolo” è quell’insieme di soggetti che si ritiene tale ed è in grado di affermarlo in un contesto di relazioni con altri soggetti istituzionali;
-         nell’odierna prassi del diritto internazionale, peraltro, non è stato nemmeno richiesto il requisito di “popolo” nel riconoscimento di soggetti che hanno preteso l’indipendenza;
-         difatti, circa il 60% degli Stati attualmente esistenti nel continente europeo ha conquistato l’indipendenza nel corso del Novecento e del primo decennio del XXI secolo;
-         la conquista dell’indipendenza nella formazione di nuovi attori statali è risultata essere la regola poiché, nel contesto europeo, la separazione fra Stati non è un atto straordinario, ma costituisce il normale strumento di ottenimento dell’indipendenza e della libertà politica nei tempi recenti (a far data recente almeno dalla separazione delle Norvegia dalla Svezia del 1905);
-         su 25 Stati europei formatisi nel Novecento, 21 (84%) sono nati da una secessione;
-         in tale contesto giuridico-politico, gli anni Novanta del Novecento hanno peraltro imposto una revisione circa i criteri di riconoscimento stabiliti sulla base del principio di autodeterminazione;
-         come già dedotto supra la stessa nozione di “popolo” non è stata necessaria per ottenere l’indipendenza di nuove formazioni statali e, difatti, hanno ottenuto l’indipendenza e il riconoscimento internazionale Paesi totalmente privi di omogeneità etnica interna e distinta (cfr. territori ex-Jugoslavia, Cecoslovacchia);
-         la stragrande maggioranza di queste formazioni statali ha ottenuto l’indipendenza in forma pacifica; delle 21 secessioni del Novecento solo 3 (14%) hanno avuto connotazioni violente
e in ogni caso, qualunque reazione violenta da parte degli Stati unitari è una violazione della Risoluzione 2625 (XXV) ONU; – di recente (maggio 2013) è stato prodotto un parere dell’Università di Innsbruck (“Das Selbstbestimmungsrecht der Völker und seine praktische Anwendung — unter besonderer Berücksichtigung Südtirols’” a firma del Prof. Peter Hilpold (Ordinario di Diritto internazionale, diritto europeo e diritto pubblico comparato) relativo a temi vicini, che ha confermato come non sia possibile dal punto di vista del diritto internazionale affermare l’illiceità della condotta posta in essere da parte di un popolo per vedere riconosciuto il proprio diritto alla autodeterminazione. Da un punto di vista dell’iter da seguire per adempiere alla Risoluzione n. 44 approvata dal Consiglio regionale possono essere seguiti i seguenti passi:
1.       approvazione di legge regionale di indizione del referendum consultivo con quesito dal tenore pari: ” Vuoi tu che il popolo Veneto eserciti la propria autodeterminazione nelle relazioni con gli altri Stati?”;
2.       (eventuale) vaglio della citata legge proposto dinanzi alla Corte Costituzionale;
3.       indizione del Referendum consultivo in occasione di una prossima scadenze elettorale (cfr. Europee 2014) al fine di limitare la (eventuale) responsabilità per danno erariale, che vedrebbe mancare dei suoi presupposti qualora fosse concessa la possibilità alla popolazione di partecipare alle spese necessarie tramite donazioni e/o forme di volontariato;
4.       qualora l’esito del referendum consultivo fosse a favore della autodeterminazione del popolo Veneto, l’Organo eletto (Consiglio regionale) provveda a sottoscrivere una “dichiarazione di indipendenza” che costituisce l’atto di rottura vero e proprio secondo quanto riconosciuto nel parere della Corte Internazionale di Giustizia sul caso Kosovo e che deve richiamare al suo interno il risultato del referendum (che costituisce il suo fondamento democratico);
5.       in seguito l’Organo eletto (che eviterà di qualificarsi “Consiglio regionale” e preferirà riconoscersi quale “Organo rappresentativo del popolo Veneto” dando riscontro così del volere di costituirsi quale nuovo soggetto sul piano internazionale) procede a prendere i contatti, in quanto rappresentante del nuovo soggetto politico, con gli organismi internazionali (ONU, EU, etc.) per il debito riconoscimento;
6.       in tale contesto l’Organo eletto è chiamato quindi a emanare le norme transitorie (anche per i rapporti con l’Italia).
5) aw.ti Petralia e Rota – Dopo un’attenta analisi alla luce del diritto costituzionale interno e della giurisprudenza della Corte Costituzionale (Sentenze n. 470/1992 e 496/2000) e dello Statuto del Veneto, concludono per l’impossibilità di indire un legittimo referendum consultivo sull’autodeterminazione del popolo veneto, ponendosi in contrasto con l’art. 5 della Costituzione e potendo determinare le conseguenze negative dell’applicazione dell’art. 126 della Costituzione, con conseguente scioglimento del Consiglio regionale e rimozione del Presidente della Giunta, per atti contrari alla Costituzione.
Nella prospettiva del diritto internazionale l’avv. Rota effettua un’analisi verificando se le fonti di diritto internazionale ed europeo obbligano il legislatore statale e regionale a prendere in considerazione l’eventualità di sentire le popolazioni interessate ad un evento di autodeterminazione. Da tali premesse, in condivisione con l’avv. Petralia, conclude ritenendo che il principio internazionale di autodeterminazione esterna è sempre bilanciato con il principio di integrità territoriale – di cui anche, sotto il profilo interno, all’art. 5 della nostra Costituzione – e che non sono rinvenibili elementi per dedurre l’esistenza di un diritto (internazionale) alla secessione. Conseguentemente, viene scartata l’ipotesi che tale principio possa essere legittimamente invocato per avallare aspirazioni secessionistiche di Regioni o di altre circoscrizioni territoriali. La proposta finale, indirizzata alla conciliazione del principio di autodeterminazione della sovranità popolare e della democrazia partecipativa, trae spunto dalla recente prassi internazionalistica e dalla decisione fatta propria dalla Corte Suprema canadese, che la recepisce: tale giudice evidenzia infatti come la comunità internazionale possa più facilmente legittimare una scelta indipendentista quando le parti conducano una negoziazione conforme ai principi costituzionali e senza irragionevoli intransigenze. Si richiede cioè che il processo di negoziazione venga condotto dalla maggioranza politica governativa e dalla maggioranza politica della Regione secessionista. In altri termini solo il consenso fra le parti coinvolte rappresenta un metodo democratico e legittimo di autodeterminazione che poi il diritto internazionale possa riconoscere. In tal senso si sono svolte infatti le vicende del Quebec e dell’autonomia scozzese. La conclusione è a favore di un percorso costituzionalmente orientato volto alla negoziazione di maggiori spazi di autonomia della Regione del Veneto nel quadro dell’attuale sistema costituzionale (art. 116); il negoziato potrebbe partire dalla determinazione del contenuto di un referendum diretto all’ottenimento di più autonomia, ai sensi dell’art. 116 della Costituzione, ma anche da una rilettura in chiave autonomista degli artt. 117 e 119. In definitiva, il regionalismo differenziato appare essere l’unico istituto che, in perfetta coerenza con la Costituzione italiana, possa portare alla realizzazione di una maggiore e legittima autonomia del Veneto.
Riunione del 16 luglio 2013 della Commissione giuristi
A seguito della riunione del 27 giugno u.s. i Commissari si sono riservati gli ultimi approfondimenti per concordare la sintesi finale della relazione.
Allo stato attuale alcuni Commissari hanno segnalato che, per giungere a tale sintesi, vi sono ancora alcuni aspetti da definire, perlopiù inerenti le motivazioni, strettamente giuridiche, delle diverse letture fatte dai singoli componenti in merito al quesito posto dal Consiglio regionale. In relazione all’opportunità, in vista degli imminenti lavori consiliari inerenti il tema, di fornire al Consiglio almeno un primo step delle analisi effettuate, il Presidente Zaia, per il tramite del Segretario di Giunta regionale, chiede ai Commissari di fornire ai Consiglieri la presente sintesi delle varie riunioni, nonché copia dei lavori consegnati dai singoli Commissari. Questo nell’intesa che la Commissione proseguirà nei propri approfondimenti. I presenti assentono.
Venezia 16 luglio 2013


Verbalizzante Il Segretario della Giunta regionale

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