Sicilia 1959
Milazzismo e riforma agraria
Milazzismo e riforma agraria
di Luigi Ficarra
Nel febbraio 1960, in Sicilia il governo di Silvio Milazzo, un grosso agrario di Caltagirone, cadde nell’ignominia della corruzione; era stato un governo che aveva rappresentato una delle pagine più arretrate e regressive della storia del M.O. italiano. (L’ignominioso fatto di corruzione fu il c.d. caso ‘Santalco’, in cui fu implicato un alto dirigente del PCI dell’epoca, oggi riformista dichiarato, lo stesso che nel 1983, al XVI congresso del PCI, definì un “povero cretino moralista” Diego Novelli, allora sindaco di Torino, già attaccato da Craxi per le denunce che aveva fatto di alcuni casi di corruzione di consiglieri comunali).
Quale fosse in quel tempo la tragica situazione economica e sociale della Sicilia occidentale è noto. I capitali si erano spostati dall’agricoltura all’industria dell’edilizia, in particolare nel settore degli appalti dei lavori pubblici, dove, usufruendo di notevoli agevolazioni-regalie regionali, venivano realizzati alti profitti. Pesante era la presenza della mafia anche in questo specifico settore e, quindi, ancor più elevato lo sfruttamento della forza lavoro. I rapporti sociali in agricoltura erano mutati per il superamento del latifondo e lo sviluppo, in alcune zone, del capitalismo nelle campagne; ma grave era rimasta la condizione di supersfruttamento della forza lavoro bracciantile e alcun reale beneficio apportò all’occupazione la riforma agraria del 1950 realizzata e gestita, sotto forma di ‘rivoluzione passiva’, dalla classe dominante. Infatti la conseguente trasformazione in senso capitalistico dell’agricoltura, generò, come spiega Renda, oltre duecentomila esuberi che diedero origine a una nuova grande ondata migratoria. Il settore minerario era in crisi, vittima di uno sfruttamento secolare da parte della rendita parassitaria del ceto proprietario nobiliare. - Il fatto nuovo, a partire dall’ottobre ’53, col ritrovamento dei primi giacimenti petroliferi a Ragusa da parte della Gulf, fu la calata in Sicilia di grossi gruppi capitalistici, quali la Montecatini, l’Edison, la Rasiom-Esso, la Snia Viscosa, e poi la grande industria capitalistica di Stato, l’Eni.
Macaluso, allora dirigente di primo piano del PCI in Sicilia, fu l’animatore della c.d. operazione Milazzo, che dall’ottobre ’58 al febbraio ‘60 portò alla costituzione - attorno a questo dirigente, democristiano da sempre, ed al nuovo raggruppamento da egli formato per scissione dalla DC, l’Unione Siciliana Cristiano Sociale - di una maggioranza formata da comunisti, socialisti, monarchici, fascisti, liberali, socialdemocratici e repubblicani, in mera funzione anti D.C.
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