giovedì 3 settembre 2015

Profughi, clandestini...o (2)







    esseri umani






Non ho suggerimenti da dare a nessuno. Mi limito a ricordare che esistono due grandi virtù: la tolleranza e il rispetto per la diversità.
È una lezione che abbiamo appreso a un prezzo molto alto e che non dovremmo mai dimenticare.”

(Claude Lévi-Strauss)


segue da: Profughi, clandestini.... o (1)

Dunque i Maliani, o i profughi provenienti da un qualsiasi altro paese africano in condizioni simili, giungono in modo fortunoso sulle coste della Sicilia, dopo aver attraversato il deserto, le forche caudine delle milizie libiche e il mare mai visto prima di allora. Da qui, se hanno la fortuna di non finire al CARA di Mineo, vengono suddivisi nelle varie regioni, che li accolgono a macchia di Leopardo, talvolta in modo dignitoso, talvolta in modo incivile. 
Qualcuno ci ha lucrato sopra o guadagnando soldi sulle loro sventure o cercando di intercettare voti e consensi sulla base della loro sola presenza e delle paure ancestrali che essa provoca. 
Cosa succede al richiedente asilo quando arriva alla commissione, che deve valutare la sua condizione di richiedente asilo? Intanto va detto che sino a qualche mese fa per il nord-est esisteva un'unica commissione con sede a Gorizia. I tempi di attesa dei richiedenti asilo andavano da un anno a un anno e mezzo. Da marzo ne è stata aggiunta anche una seconda a Padova: i tempi si sono ridotti a 3-4 mesi, ma sempre il triplo di quanto previsto per legge.
Il richiedente protezione internazionale quindi può restare in attesa molti mesi prima della decisione sul riconoscimento dello status di rifugiato o di altra forma di protezione e parcheggiato in questo limbo entra nel sistema di accoglienza. 

Ma qual'è la definizione esatta di  RIFUGIATO, a cui applicare la cosiddetta protezione internazionale? 

E' una persona che ha un timore fondato di essere perseguitata, nel proprio Paese di origine o, se non ha una cittadinanza, di residenza abituale, per motivi:
- di razza (ad esempio, per il colore della pelle o per la appartenenza a un gruppo etnico, a una tribù\comunità o a una minoranza);
- di religione (ad esempio, per il fatto di professare o di non professare una determinata religione o di appartenere ad un determinato gruppo religioso);
- di nazionalità (ad esempio, per la sua appartenenza ad una minoranza etnica o linguistica);
- di appartenenza ad un gruppo sociale (gruppo di persone che condividono una caratteristica comune o che sono percepite come un gruppo dalla società in base, ad esempio, a sesso, genere, orientamento sessuale, famiglia, cultura, educazione, professione);
- di opinione politica (ad esempio, per le opinioni politiche, per le attività politiche, per le opinioni politiche attribuite, per l’obiezione di coscienza);
e non vuole o non può ricevere protezione e tutela dallo Stato di origine o dallo Stato in cui abbia risieduto abitualmente.
Per persecuzione si intendono, per esempio, le minacce alla vita, la tortura, le ingiuste privazioni della libertà personale, le violazioni gravi dei diritti umani.
Per essere riconosciuti rifugiati, non è indispensabile essere già stati effettivamente vittime di persecuzioni.
Può essere riconosciuto rifugiato anche chi abbia fondati motivi per temere che, in caso di rimpatrio, si troverebbe esposto ad un serio rischio di persecuzione.
La definizione di rifugiato si trova nell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa
allo status di rifugiato, secondo la quale è rifugiato colui che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di siffatti avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.
In generale, le difficoltà economiche, anche se reali e in alcuni casi molto gravi, non costituiscono motivi per il riconoscimento dello status di rifugiato.

In subordine può essere accordata LA PROTEZIONE SUSSIDIARIA, che  è la protezione che viene accordata ad un cittadino non appartenente all’Unione Europea, o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che se tornasse nel Paese di origine, o nel Paese nel quale aveva la propria dimora abituale correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno, e il quale non può o non vuole,a causa di tale rischio, avvalersi della protezione di detto paese.

Ultimo caso previsto è LA PROTEZIONE UMANITARIA. Le questure possono rilasciare un permesso di soggiorno per motivi umanitari tutte le volte in cui le Commissioni Territoriali, pur non ravvisando gli estremi per la protezione internazionale, rilevino “gravi motivi di carattere umanitario” a carico del richiedente asilo.
Riepilogando:  cosa può fare la commissione?
La Commissione, attraverso decisione scritta:
1. può riconoscere lo status di rifugiato;
2. può non riconoscere lo status di rifugiato e concedere la protezione sussidiaria, se ritiene che sussista un rischio effettivo di un grave danno in caso di rientro nel Paese d’origine;
3. può non riconoscere lo status di rifugiato, ma ritenere che sussistano gravi motivi di carattere umanitario e, pertanto, chiede alla Questura che venga dato un permesso di soggiorno per motivi umanitari:
4. può non riconoscere lo status di rifugiato e rigettare la domanda.
5. può rigettare la domanda per manifesta infondatezza, quando ritiene palese l’insussistenza di qualsiasi presupposto per il riconoscimento della protezione internazionale, ovvero quando risulti che la domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento. In tal caso, un eventuale ricorso avverso la decisione della Commissione, non sospenderà l’efficacia del provvedimento impugnato. Tuttavia, si può chiedere al Tribunale la sospensione quando ricorrono gravi e fondati motivi, ed il Tribunale deciderà nei cinque giorni successivi.
In tutti gli altri  casi di denegazione è ammesso ricorso al TAR. 

Come si vede, nei casi "limite" come quelli dei maliani, non ci sono alternative: per la normativa attuale non sono profughi meritevoli dello status di rifugiato. Allora perchè vengono lo stesso? Come abbiamo visto nell'articolo precedente, nel loro paese non si vive certo in modo tranquillo...Basta questo per accoglierli? quale che sia la risposta a questa domanda, urgono strumenti per affrontare la situazione contingente e capire le motivazioni di chi arriva per eventualmente poi prevenire situazioni simili. In ogni caso resta il problema del dopo commissione, quando termina il dovere di accoglienza, ma per evidenti motivi non si può dare corso all'esecuzione del foglio di via. Quindi che fare? 

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