martedì 23 giugno 2015

Controcorrente, italietta fascista




Il fascismo del XXI secolo








Che l'Italia  non abbiano veramente superato il retaggio fascista, nella sua accezione più viscerale, è un dubbio che può cogliere del tutto legittimamente.
Certo non ci sono più i fasti delle mitiche battaglie africane come quella dell'altopiano di Amba Aradam, la cui gloria rimane solo nella corrispondente espressione colloquiale (ambaradan), nè ci sono più i preti di una volta come il cappellano Reginaldo Giuliani, che a quelle stragi partecipò in prima persona e al quale ancora oggi sono dedicate le vie (Firenze, Padova, Milano, Monza ecc.).
Non ci sono più le camicie nere, bensì quelle
verdi, non più i fasci littori, ma le ruspe, non più gli ebrei, mai i Rom, non più le adunate oceaniche, ma le cliccate oceaniche che fanno girare gli euro sui blog.



Non c'è più un duce, ma pallide controfigure che si succedono nel tempo. 
Il primo, a cui bisogna rendere il merito del copyright, é il cavaliere, che arringa il popolo contro il pericolo comunista (tipo D'Alema che gli lascia intatto il patrimonio televisivo), sale sui predellini, muta look a seconda delle occasioni, non più trebbiatore 
come l'originale ma operaio, ferroviere, militare in missione, minatore. Come il detentore del marchio di fabbrica, però, grande seduttore di masse femminilizzate e grande manipolatore, conosce i lati deboli del suo popolo: successo facile, scorciatoie pseudo legali, evasione ed elusione ("moralmente giustificato evadere"), amicizie pericolose (Putin, Gaddafi) di cui andare fiero. Tante amanti, a pagamento; l'originale, invece, una sola e disinteressata al punto da seguirlo sino al famigerato piazzale. 
Braccio teso ma dita aperte!
Poi é la volta del Grande Nuotatore, che sbarca in Sicilia, stravince e i siciliani si ritrovano Crocetta, senza alcun condizionamento. Il seguito isolano è noto: la conquista di Bagheria, evocando il democratico Luttwag come assessore, la conquista di Augusta e Gela (ma qui staremo a vedere). 
Sul palcoscenico nazionale, dopo il nuotatore, arriva il Rottamatore: grande successo di massa, ricchi premi e cotillon. Il partito, al quale ancora molti si immolavano ai tempi preistorici del romagnolo, diventa liquido, restano solide solo le clientele e i ras locali, i circoli più chiacchierati e dediti solo alla ricerca dei voti. Rispetto all'originale la metamorfosi è completa: dice cose di sinistra, alcune sembrano proprio "vere", ha un linguaggio terra terra, ma torrenziale, altrettanto immaginifico, ma senza pause sospensive. Ha un problema: non sarà troppo democristiano? 

Si comporta infatti da perfetto pugnalatore;
 di lui, oltre al successo ai quiz  e alle europee, rimarrà il mito del Partito della Nazione,
insultantemente ridefinito Partito del Nazareno. D'altra parte, anche l'originale, ateo e mangiapreti, non corre a fare il Concordato, come prima cosa? Si sa: l'Italia, oltre che in odore di fascismo era ed è anche in odore di incenso, anche se il francescano-gesuita rischia di mischiare le carte in tavola.


Dell'originale si ricorda ancora, perchè per molti aspetti ancora in vigore, la riforma Gentile, da dopodomani nessuno potrebbe più ricordare la "buona scuola", che rischia di travolgere nel ridicolo un intero governo o di imprimergli una sterzata pericolosamente autoritaria e ricattatoria, se si arriverà al voto di fiducia. 
E poi arriva sulla scena il ruspista: dalla camicia nera a quella verde. Un dritto che vuole fare dimenticare ai meridionali di averli  detestati per anni e adesso solletica il loro fascismo piccolo borghese, tipico di chi il fascismo ai tempi l'ha visto solo da lontano e sentito alla radio, senza neanche il riscatto parziale della resistenza. Non più  lotta alle "demoplutocrazie", ma lotta all'euro: portata sino in fondo la seconda non avrebbe effetti meno devastanti della prima. 
Tutti questi demagoghi e aspiranti tirannelli hanno potuto e possono contare su una unica e sola cosa: un fascismo strisciante, mai riscattato e condannato, che attraversa, sotto mentite spoglie la spina dorsale dell'Italia, l'aspettativa perenne dell'unto dal signore, piuttosto che dell'impegno e del rispetto delle regole. 
Eppure c'è tanta gente che lavora dalla mattina alla sera, che non ruberebbe un euro e se dovesse trovarlo per strada lo porterebbe all'ufficio oggetti smarriti, che aiuta i vicini, che accoglie i fratelli profughi, anche se sono neri, poverini, che dona il sangue senza farsi fotografare, che va in chiesa con partecipazione e non per immagine, che porta avanti con fatica una famiglia, regolare o "irregolare" e mai si affiancherebbe ai devastatori di Piazzale san Giovanni e soprattutto agli ambigui organizzatori (leggasi Adinolfi, Lupi e compagnia).  Ma che siano tutti tra il 50 per cento che non va più a votare? 
     

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