Il sindaco che fa cultura. Quando Sgarbi non basta per occultare chiusure xenofobe e visioni autoritarie della cultura
*ciabattino, non ti spingere oltre..
Oggi una piccola eccezione alla prassi di non pubblicare scritti di altri, non espressamente prodotti per questo blog: ma la lucida analisi del prof. Umberto Curi merita uno doveroso spazio di diffusione e di discussione.
UMBERTO CURI - CORRIERE DEL VENETO del 13 gennaio 2016
*ciabattino, non ti spingere oltre..
Oggi una piccola eccezione alla prassi di non pubblicare scritti di altri, non espressamente prodotti per questo blog: ma la lucida analisi del prof. Umberto Curi merita uno doveroso spazio di diffusione e di discussione.
UMBERTO CURI - CORRIERE DEL VENETO del 13 gennaio 2016
Un merito va certamente riconosciuto al sindaco di Padova, Massimo Bitonci. Con le sue iniziative – chiusura degli uffici di informazione per gli immigrati; cancellazione dei mediatori culturali; opposizione alla concessione di appartamenti ai richiedenti asilo; ostruzionismo verso i kebab o le moschee; incessante polemica con altre autorità cittadine, prime fra tutte il Prefetto e il Vescovo – ha spostato la discussione sull'immigrazione dal piano astratto delle dispute di principio, al terreno concreto delle pratiche dell’accoglienza.
Mentre il leader del suo partito, Matteo Salvini, continua ossessivamente a battere sul tasto degli arrivi (vale a dire sull'unico tema intorno a cui la discussione è perfettamente inutile, vista l’inesorabilità dei flussi migratori), Bitonci si concentra su ciò che accade a partire dal giorno successivo agli arrivi, quando si pongono drammatici problemi relativi alle case e al lavoro, all'assistenza sanitaria e alla scuola, alla convivenza religiosa e al dialogo interculturale. Con una linea complessiva coerente e ben definita, riassumibile nei termini seguenti: "Visto che non posso far nulla per evitare gli arrivi, impiegherò tutte le energie e ogni mezzo per rendere la vita impossibile, o almeno difficile, a chi arriva".
Se si riflette con un minimo di obbiettività, la “logica” insita nei diversi provvedimenti assunti dal sindaco è precisamente quella ora descritta. Mentre, infatti, non si capisce quale beneficio, sia pure indiretto, possa derivare ai cittadini padovani autoctoni dalla chiusura di un kebab o dalla sospensione del servizio di informazione per i migranti, il messaggio verso gli stranieri è forte e chiaro: sappiate che qui non siete benvenuti. Preparatevi a fronteggiare, giorno dopo giorno, una miriade di ostacoli piccoli e grandi, capaci di rendere complicata e impegnativa anche la sola semplice sopravvivenza. Bene. Quali esiti è possibile immaginare che possa avere il “modello Bitonci”? Quali conseguenze ne deriveranno nel medio-lungo periodo, fra una decina di anni, quando le stime prevedono che circa un quarto dei padovani saranno di origine straniera? Fino a qualche tempo fa, una risposta a questi interrogativi sarebbe stata affidata a congetture più o meno fondate. Quello che è accaduto nelle ultime settimane – fra il 13 novembre parigino e il Capodanno a Colonia – consente invece di dare una risposta molto più agganciata a dati di fatto verificabili. Se si lascia che una componente numericamente consistente, e in continua crescita, della cittadinanza si senta quotidianamente emarginata, con lo stillicidio di provvedimenti tendenti all'esclusione, si pongono le premesse infallibili per “allevare” all'interno della comunità una componente ostile, animata da sentimenti di rivalsa e di odio, capace di tradurre il proprio risentimento in azioni teppistiche, o anche di arrivare a vere e proprie iniziative terroristiche. Come si capirà, è questo un punto di fondamentale importanza, infinitamente più significativo delle chiacchiere televisive sugli accessi. Si tratta di decidere quale società si intende costruire per i prossimi dieci, vent'anni. Una società costruita intorno ad un progetto di integrazione, orientata a considerare la multiculturalità come una ricchezza che va valorizzata e protetta. Oppure una società spaccata in due, e per ciò stesso caratterizzata da una conflittualità che potrà esplodere nei modi più diversi e più pericolosi. Di questa alternativa si dovrebbe discutere oggi, anche alla luce degli avvenimenti recenti. Di questa alternativa dovrebbero essere chiamati a rispondere Bitonci e gli altri amministratori, di destra e di sinistra, che stanno letteralmente giocando col fuoco, ponendo le premesse per futuri, immancabili, conflitti. Di questa alternativa dovrebbero essere consapevoli anche coloro che hanno votato Bitonci e che tuttora lo sostengono. Potrebbero accorgersi delle conseguenze virtualmente devastanti di una amministrazione miope e irresponsabile quando ormai sarà troppo tardi.
Mentre il leader del suo partito, Matteo Salvini, continua ossessivamente a battere sul tasto degli arrivi (vale a dire sull'unico tema intorno a cui la discussione è perfettamente inutile, vista l’inesorabilità dei flussi migratori), Bitonci si concentra su ciò che accade a partire dal giorno successivo agli arrivi, quando si pongono drammatici problemi relativi alle case e al lavoro, all'assistenza sanitaria e alla scuola, alla convivenza religiosa e al dialogo interculturale. Con una linea complessiva coerente e ben definita, riassumibile nei termini seguenti: "Visto che non posso far nulla per evitare gli arrivi, impiegherò tutte le energie e ogni mezzo per rendere la vita impossibile, o almeno difficile, a chi arriva".
Se si riflette con un minimo di obbiettività, la “logica” insita nei diversi provvedimenti assunti dal sindaco è precisamente quella ora descritta. Mentre, infatti, non si capisce quale beneficio, sia pure indiretto, possa derivare ai cittadini padovani autoctoni dalla chiusura di un kebab o dalla sospensione del servizio di informazione per i migranti, il messaggio verso gli stranieri è forte e chiaro: sappiate che qui non siete benvenuti. Preparatevi a fronteggiare, giorno dopo giorno, una miriade di ostacoli piccoli e grandi, capaci di rendere complicata e impegnativa anche la sola semplice sopravvivenza. Bene. Quali esiti è possibile immaginare che possa avere il “modello Bitonci”? Quali conseguenze ne deriveranno nel medio-lungo periodo, fra una decina di anni, quando le stime prevedono che circa un quarto dei padovani saranno di origine straniera? Fino a qualche tempo fa, una risposta a questi interrogativi sarebbe stata affidata a congetture più o meno fondate. Quello che è accaduto nelle ultime settimane – fra il 13 novembre parigino e il Capodanno a Colonia – consente invece di dare una risposta molto più agganciata a dati di fatto verificabili. Se si lascia che una componente numericamente consistente, e in continua crescita, della cittadinanza si senta quotidianamente emarginata, con lo stillicidio di provvedimenti tendenti all'esclusione, si pongono le premesse infallibili per “allevare” all'interno della comunità una componente ostile, animata da sentimenti di rivalsa e di odio, capace di tradurre il proprio risentimento in azioni teppistiche, o anche di arrivare a vere e proprie iniziative terroristiche. Come si capirà, è questo un punto di fondamentale importanza, infinitamente più significativo delle chiacchiere televisive sugli accessi. Si tratta di decidere quale società si intende costruire per i prossimi dieci, vent'anni. Una società costruita intorno ad un progetto di integrazione, orientata a considerare la multiculturalità come una ricchezza che va valorizzata e protetta. Oppure una società spaccata in due, e per ciò stesso caratterizzata da una conflittualità che potrà esplodere nei modi più diversi e più pericolosi. Di questa alternativa si dovrebbe discutere oggi, anche alla luce degli avvenimenti recenti. Di questa alternativa dovrebbero essere chiamati a rispondere Bitonci e gli altri amministratori, di destra e di sinistra, che stanno letteralmente giocando col fuoco, ponendo le premesse per futuri, immancabili, conflitti. Di questa alternativa dovrebbero essere consapevoli anche coloro che hanno votato Bitonci e che tuttora lo sostengono. Potrebbero accorgersi delle conseguenze virtualmente devastanti di una amministrazione miope e irresponsabile quando ormai sarà troppo tardi.
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