Convegno internazionale sui diritti dei migranti
Per un palermitano la "carta di palermo" non può che evocare in prima battuta la visione dei nugoli di fogli di giornale, di cartacce e di "munnizza" in generale, sollevati periodicamente dal vento di scirocco o di tramontana, per la delizia alternata dei quartieri sud o nord. Nel mese di marzo, invece, la carta si è fissata sui tavoli dei cantieri culturali della Zisa, con impresse una serie di buone intenzioni, di volontà di base, che ridanno dignità a una città per altri versi dilaniata, ma che ha dimostrato, nell'emergenza, di poter dire la sua con dignità. Buonisti del...diranno i più raffinati esegeti del nord più retrivo, ma, tant'è, qualcuno deve dirle certe cose e metterle nero su bianco, in un'Europa che rincorre voti e consensi sfruttando paure ed incertezze del vivere quotidiano, come negli anni più bui della prima metà del secolo scorso.
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I partecipanti:
CONSULTA DELLE CULTURE DI PALERMO - ANCI SICILIA - ALTO COMMISSARIATO NAZIONI UNITE PER I RIFUGIATI- AMNESTY INTERNATIONAL - EMERGENCY - SAVE THE CHILDREN - LEGA ITALIANA DEI DIRITTI DELL'UOMO- COMUNITÁ SANT'EGIDIO -SOCIETÀ ITALIANA DI MEDICINA DELLE MIGRAZIONI- AGESCI -CROCE ROSSA - ASSOCIAZIONE NAZIONALE PRENDIAMO LA PAROLA
Il documento finale:
MOBILITA’ UMANA INTERNAZIONALE – CARTA DI PALERMO 2015
Dalla migrazione come sofferenza alla mobilità come diritto
umano inalienabile
Il diritto alla
mobilità come diritto della persona umana. Verso la cittadinanza di residenza.
Per l’abolizione del permesso di soggiorno.
I problemi legati alle ormai quotidiane migrazioni devono e
possono trovare soluzione solo se si inseriscono nella cornice della mobilità
come diritto. Bisogna cambiare approccio: dalla migrazione, appunto, come
sofferenza alla mobilità come diritto. Nessun essere umano ha scelto, o
sceglie, il luogo dove nascere; tutti devono vedersi riconosciuti il diritto di
scegliere il luogo dove vivere, vivere meglio e non morire. Il processo
migratorio è spesso un’emergenza, una drammatica emergenza. Ma è soltanto la
punta dell'iceberg dell'inevitabile ordinario spostamento di milioni di esseri
umani; tale fenomeno è connesso alla globalizzazione, alle crisi economiche e
politiche di lungo periodo.
Uscire dall'emergenza,
dalle tante emergenze, è necessario. Io sono persona.
È necessario evitare la cronicizzazione delle emergenze,
tutte riconducibili ad un dato strutturale: l’impossibilità di bloccare lo
spostamento di milioni e milioni di esseri umani. La soluzione alle emergenze,
presenti in tutto il mondo e non soltanto nel Mediterraneo, non può
prescindere, dunque, da una visione progettuale che abbia come elemento
centrale il riconoscimento del migrante come persona. Io sono persona.
Occorre
dunque riconoscere la mobilità di tutti e di ciascuno come un diritto umano
inalienabile. Ogni altro aspetto, ivi compreso il concetto di “sicurezza”,
troppe volte e impropriamente invocata, deve essere coerente con tale
impostazione. Allo stesso modo ogni soluzione legislativa, amministrativa,
organizzativa, comportamentale non può non partire dal presupposto che bisogna
riconoscere il diritto umano alla mobilità di tutte le persone. Questo impianto
ha ispirato il convegno di Palermo intitolato IO SONO PERSONA.
Accanto al titolo del Convegno di Palermo è inserita
un’impronta digitale: per ricordare che ogni esigenza, a partire da quella
della sicurezza, deve essere rispettosa del migrante persona umana e della
mobilità come diritto. Abolizione del permesso di soggiorno non è una
provocazione, non è uno slogan velleitario. È la conferma di una scelta
progettuale e valoriale, che impone l’eliminazione di apparati normativi
emergenziali e disumani.
La storia è piena di apparati normativi emergenziali
che pervertono il valore della sicurezza e il valore del rispetto della persona
umana. La storia è piena di una legalità disumana.
Basti citare la pena
di morte, che tuttavia persiste in numerosi Stati che pretendono di definirsi
civili e democratici, e la schiavitù, prevista da leggi che consentivano – è
soltanto un esempio - al grande Voltaire di arricchirsi comprando e vendendo
esseri umani. Un ruolo importante deve e può essere svolto dall'Unione Europea
che può attuare il compito di una visione che si fa concretezza e vita
quotidiana. L'Unione Europea - troppo spesso ne sottovalutiamo o ne
stravolgiamo il significato a causa di logiche contabili, speculative,
finanziarie - è un esempio straordinario di volontà di convivenza e coesione a
partire dal suo essere una “unione di minoranze". In Europa nessuno è
maggioranza per ragioni identitarie: non i tedeschi né i musulmani, non gli
ebrei o i francesi. Nessuna identità è maggioranza. In Europa si sono,
coerentemente, rifiutate schiavitù e pena di morte.
È tempo che l'Unione Europea promuova l’abolizione del
permesso di soggiorno per tutti coloro che migrano, riaffermando la libertà di
circolazione delle persone, oltre che dei capitali e delle merci, nel mondo
globalizzato. Deve partire proprio dall'Europa una forte sollecitazione alla
comunità mondiale per il riconoscimento della mobilità di tutti gli esseri
umani come un diritto, su scala globale e non soltanto all’interno dello spazio
Schengen.
È evidente che tutto ciò comporti adeguatezza di modalità e di tempi.
È parimenti evidente, però, che è necessario agire sin da subito "come se
" la mobilità fosse un diritto umano inalienabile. Ciò comporta, nel
concreto e nel quotidiano, l’attuazione di norme e di modelli organizzativi
radicalmente diversi dagli attuali; evitando di considerare (come oggi si fa
con logiche emergenziali) il migrante un pericolo in sé, rassegnandosi alla
migrazione come sofferenza, con l'alibi della sicurezza che copre razzismi, egoismi,
torture e colonialismi del terzo millennio. La migrazione non può dunque essere
considerata come un problema di frontiere, di identità culturale e religiosa,
di politica sociale e di accesso al mercato del lavoro. Si deve uscire dalla
logica e dalle politiche dell’emergenza che durano ormai da decenni. La
mobilità umana costituisce un fattore strutturale della nostra società e non
una questione di sicurezza. Occorre liberalizzare questa mobilità umana e
valorizzarla come una risorsa e non come un onere aggiuntivo per i paesi di
destinazione. Nel nostro paese si tratta di dare concreta attuazione agli
articoli 2 e 3 della Costituzione, rendendo effettivi i diritti fondamentali
della persona e rimuovendo gli ostacoli che ne impediscono la piena realizzazione.
Si deve anche prendere atto dell’arrivo di un numero crescente di richiedenti
protezione internazionale o umanitaria e di una notevole mobilità di quanti,
già soggiornanti nei diversi paesi dell’area Schengen, ed in particolare in
Italia, desiderano spostarsi verso quegli stati nei quali si possono ancora
individuare migliori possibilità di occupazione e livelli soddisfacenti di
welfare.
Nel tempo della crisi si diffonde il pregiudizio che gli “stranieri”
sarebbero responsabili dell’aggravamento dei problemi che affliggono gli strati
meno abbienti della popolazione. Eppure gli immigrati non hanno certo scelto il
luogo dove nascere e sempre più spesso non sono partiti per migliorare la
propria posizione, ma solo per difendere il loro diritto alla vita. Anche in
questo caso va data piena attuazione al dettato costituzionale che all’art. 10
riconosce il diritto di asilo a tutti coloro che sono costretti a fuggire da
paesi nei quali non sono garantiti i diritti fondamentali.
Di fronte alle
reazioni difensive che caratterizzano sempre di più la nostra società occorre
reagire con politiche e con prassi applicate dagli organi istituzionali che
favoriscano la conoscenza reciproca, la parità di trattamento, la
partecipazione democratica. Sono questi i veri fattori che possono garantire
maggiore sicurezza. L’accesso effettivo dei migranti ai diritti fondamentali
della persona, a partire dai diritti alla residenza ed alla circolazione,
appare un obiettivo ineludibile che va perseguito con interventi multilivello,
non solo a livello europeo e nazionale, ma anche con il concorso degli enti
locali e delle organizzazioni non governative per garantire una coesistenza
pacifica ed una valorizzazione delle differenze culturali, come una risorsa. La
punta dell’orizzonte è pertanto il passaggio dalla migrazione come sofferenza
alla mobilità come diritto umano. Le attuali previsioni internazionali
garantiscono ipocritamente il diritto di emigrare ma non garantiscono un
corrispondente diritto all'ingresso con uno specifico dovere di accoglienza da
parte degli stati. Occorre costruire una nuova convivenza civile sui
comportamenti quotidiani e non sui proclami ideologici o su processi di
semplice assimilazione. Va superata la logica escludente del permesso di
soggiorno che riduce l’esistenza delle persone ad una mera sopravvivenza
condizionata dal rilascio periodico e discrezionale di un documento. Questo
meccanismo spesso è imprigionato dentro un iter burocratico di durata
imprevedibile, nel corso del quale i migranti, anche se presenti da anni nel
territorio dello Stato, sono esposti al rischio di ricadere in condizioni di
precarietà e di emarginazione. Superare il permesso di soggiorno significa
considerare i migranti come persone, come esseri umani, a prescindere dal
documento che ne sancisce lo status, significa anche vedere in loro non dei
“carichi sociali” o “consumatori di risorse”: siano esse posti di lavoro, aiuti
sociali o case popolari, ma dei cittadini attivi in grado di dare valore alla
comunità e al luogo in cui risiedono. Abolire il permesso di soggiorno, in
prospettiva, è fondamentale per costruire una nuova cittadinanza basata sulla
condivisione e sul rispetto reciproco, attuando politiche di empowerment, di
autonomia, canali di ingresso che non facciano arrivare persone piegate e
offese dalle violenze subite alle frontiere e nel lungo viaggio da parte delle
organizzazioni criminali che ne consentono il superamento.
Le frontiere. Il diritto alla vita. Il diritto all'asilo.
Le analisi e le proposte che faremo sono immediatamente riferite all'Europa, ed ai singoli Stati che la compongono, ma costituiscono criterio di riferimento che può e deve essere utilizzato anche per la mobilità su scala planetaria. Nel quadro odierno della mobilità globale, emerge che coloro che sono costretti a partire sono, nella maggior parte di casi, persone vittime delle guerre, dei conflitti interni e della violenza. Sono persone in fuga dagli stessi orrori che oggi alimentano paure nel mondo intero. Sono profughi, richiedenti asilo, che hanno il diritto di essere protetti. Non solo in Europa.
Di fronte a questa realtà oggettiva non si possono accettare i
recenti proclami dell’Unione Europea che chiedono di aprire canali di ingresso
legali solo per “talenti qualificati”, e di esternalizzare invece il diritto
d’asilo stringendo accordi con gli stessi regimi da cui le persone fuggono.
Occorre fare chiarezza
sui Processi di Rabat e di Karthoum ad oggi in corso. La proposta di
esternalizzare il diritto di asilo nei paesi di transito e di creare campi di
raccolta in Africa non appare rispettosa del diritto di asilo come è sancito
dalle convenzioni internazionali e della normativa europea. L’accesso effettivo
al diritto d’asilo è l’assoluta priorità, attraverso l’apertura di percorsi di
arrivo garantito, che permettano alle persone di raggiungere in sicurezza il
territorio europeo su cui fare richiesta di protezione internazionale. L’Unione
Europea dovrà riconsiderare la propria politica sui visti d’ingresso, aprendo
canali legali di ingresso per lavoro, in un momento di crisi in cui molti
migranti si orientano verso altre zone del mondo, e sull'asilo (protezione
internazionale), in modo da contrastare il ricorso ai trafficanti, che oggi,
anche per coloro che sono costretti alla migrazione forzata, costituiscono il
principale canale di ingresso.
Occorre una modifica
sostanziale alla normativa europea.
Il Regolamento FRONTEX e il Regolamento Dublino vanno
modificati e bisogna garantire una missione europea di salvataggio in mare,
come quella costituita dalla missione Mare Nostrum, che è rimasta purtroppo
un’iniziativa esclusivamente italiana. Occorre un riconoscimento reciproco
delle decisioni che stabiliscono il diritto alla protezione internazionale
eliminando l’obbligo delle procedure nel Paese di primo approdo. Il diritto
alla libera circolazione dei profughi in Europa va garantito con
un’accelerazione ed una semplificazione delle procedure. In tempi più immediati
vanno assistiti con misure particolari, di carattere assistenziale, legale e
psicologico, tutti coloro che sono riammessi in Italia da altri paesi europei,
per effetto dell’applicazione del Regolamento Dublino, in modo di garantire
successive possibilità di mobilità, il diritto di ricorso ed il diritto al
ricongiungimento familiare.
Il diritto alla
protezione e il diritto di accoglienza.
La situazione del
sistema di accoglienza italiano è già assai critica. Se l’accoglienza e i
percorsi di inclusione (ad es. apprendimento della lingua, ripresa psicologica,
orientamento ed avviamento verso il lavoro) non vengono garantiti, il sistema
di protezione rischia di diventare, un nuovo canale per riprodurre le clientele
ed una fabbrica di emarginazione che peserà su tutti. Entrambe le cose fanno
male non solo ai migranti ma all’intera comunità. Investire sull’inclusione e
sulle capacità delle persone: qualunque sia il loro status è giusto perché
valorizza la dignità della persona ed anche remunerativo. Vanno incrementati
ancora i posti dei centri SPRAR (Servizio nazionale di protezione per
richiedenti asilo e rifugiati) e garantiti standard dignitosi per gli altri
centri di primissima e di prima accoglienza e dei CARA, evitando gestioni
opache e concentramenti di persone in luoghi che sfuggono a qualsiasi
possibilità di controllo. Occorre attivare un monitoraggio dei centri di
accoglienza, delle diverse tipologie, oggi esistenti nel territorio. In
particolare occorre verificare la corrispondenza delle dotazioni di personale e
delle professionalità richieste con lo schema tipo di convenzioni sottoscritte dagli
enti gestori. Al fine di garantire una migliore programmazione del collocamento
e dei trasferimenti delle persone vanno riattivate tutte le sedi di confronto
tra istituzioni e tra queste e le associazioni.
Vanno in particolare evitate modalità di trasferimento tra i
diversi centri che interrompano i processi di integrazione e allunghino l’iter
burocratico per il riconoscimento di uno status definitivo di soggiorno.
Il diritto alla
partecipazione politica e alla contaminazione culturale.
Vanno riattivati i
Consigli territoriali per l’immigrazione e si dovranno stabilire occasioni di
confronto periodico con gli uffici stranieri della Questura al fine di
velocizzare le procedure anche attraverso il contributo delle associazioni,
degli uffici comunali e degli operatori professionali. Occorre restituire
funzionalità agli organismi esistenti aumentando i canali di partecipazione. In
questo senso intendiamo valorizzare e mettere a disposizione l’esperienza della
Consulta delle culture della città di Palermo, esempio di protagonismo politico
delle comunità e luogo dello scambio e della contaminazione interculturale. La
Consulta delle culture della città di Palermo è l’applicazione concreta di un
modello in cui i diritti di cittadinanza sono connessi esclusivamente alla
residenza.
Il Lavoro. Il diritto
alla dignità.
Nel corso degli ultimi due decenni, la produzione di migranti
“irregolari” si è affermata gradualmente come asse portante del nostro sistema
sociale, così come il circolo irregolarità- sanatorie è assurto a perno tanto
delle logiche della legittimazione politica, quanto di quelle del mercato del
lavoro. Sul primo versante, la repressione dei migranti diventa una delle
principali arene politiche in cui si contendono i voti degli elettori; sul
secondo versante, la condizione d’illegalità dei migranti favorisce il loro
impiego con una remunerazione irrisoria e consente non solo la sopravvivenza di
imprese che non potrebbero permettersi di retribuire regolarmente i loro
lavoratori, ma soddisfa anche bisogni primari delle famiglie italiane, a cui il
welfare state non è assolutamente in grado di rispondere. In parallelo, si è
diffuso una sorta di razzismo economicistico strisciante che, partendo dalla
visione dei migranti come “risorse” indispensabili per il sistema produttivo di
beni e servizi e, allo stesso tempo, soggetti esclusi dai circuiti
assistenziali e previdenziali, ha impercettibilmente condotto alla creazione di
un modello di inclusione sociale neo-schiavistico. Nelle more della piena
realizzazione degli obiettivi della “Carta di Palermo”, è necessaria, in vista
dell’eliminazione del permesso di soggiorno, la rottura del legame tra permesso
di soggiorno e contratto di lavoro. Bisogna stabilire forme di ingresso
regolare e possibilità effettive di regolarizzazione permanente in presenza di
requisiti certi ed obiettivamente verificabili. Allo strumento ipocrita di
regolarizzazione periodica che si verificava con i decreti flussi annuali, oggi
sospesi, va sostituita la possibilità permanente di regolarizzazione per chi
matura requisiti di stabilità e di inserimento in Italia. Va eliminata la
previsione di una perdita del permesso di soggiorno per coloro che perdono il
lavoro. Si tratta di un’attribuzione di un potere ingiustificato ai datori di
lavoro, che diventano arbitri del destino e spesso della vita di esseri umani,
alimentando anche in questo caso un diffuso mercato illegale che è proprio dei
proibizionismi esasperati.
Va abolito l’accordo di integrazione che nella prassi
applicata rischia di diventare uno strumento di selezione differenziata. A
livello territoriale vanno verificate tutte le prassi per il riconoscimento ed
il rinnovo dei permessi di soggiorno. Occorre costituire un Osservatorio
indipendente sulle politiche di integrazione, a livello regionale, ed in
prospettiva a livello nazionale, per prevenire l’esclusione sociale, per
rilevare le buone pratiche e diffonderle, per fornire un sostegno alle
amministrazioni locali, per contrastare i fenomeni di razzismo e di
discriminazione.
La casa. Il diritto
all’abitazione e all’iscrizione anagrafica.
In Italia, l’iscrizione nelle liste anagrafiche della
popolazione residente di un comune afferisce al diritto costituzionale di
circolare e soggiornare liberamente sul territorio nazionale (art. 16 Cost.) e
nel contempo è requisito essenziale per poter effettivamente esercitare altri
diritti fondamentali. Essa rappresenta un presupposto per qualsiasi processo
d’integrazione degli stranieri, compresi i beneficiari di protezione
internazionale e i richiedenti asilo. Occorre semplificare tutte le procedure
per l’iscrizione anagrafica, anche con riferimento ai richiedenti asilo ed ai
rifugiati ospiti dei centri di accoglienza. Le politiche di inclusione e di
assistenza dovranno garantire soluzioni alloggiative dignitose agli immigrati
come alle altre fasce deboli della popolazione autoctona. Il diritto alla casa
va riconosciuto alle persone in quanto componenti di un’unica comunità di
persone, residenti stabilmente in un determinato territorio e non dovrà diventare
occasione per ennesimi conflitti sociali o per altre “guerre tra poveri”. Si
devono valorizzare i processi di auto recupero con il coinvolgimento diretto
degli immigrati, la gestione cooperativa di spazi pubblici in disuso, anche con
il ricorso all'utilizzo di beni confiscati, e questo non solo per migranti ma
per l’intera comunità residente, garantendo anche spazi di lavoro e di
comunicazione alle associazioni.
La salute. Bene
pubblico ed individuale indivisibile.
Va garantito per tutti gli indigenti, a condizioni di parità
tra immigrati ed autoctoni, il diritto alle cure gratuite e vanno semplificate
le procedure per l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale. Va salvaguardata
l’effettiva attuazione dei principi sanciti dall’art. 32 della Costituzione che
non distingue tra migranti e cittadini, ma si rivolge a tutte le persone
comunque presenti sul territorio nazionale. “La Repubblica tutela la salute
come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e
garantisce cure gratuite agli indigenti”. Un’attenzione particolare va rivolta
alla situazione delle persone che perdono il diritto all’iscrizione anagrafica
e quindi il diritto all’accesso alle prestazioni sociali, tra loro anche un
numero crescente di cittadini italiani. Vanno altresì rimosse tutte le norme e
le prassi che negano una piena fruizione del diritto alla salute ai cittadini
dell’Unione Europea comunque presenti in Italia.
Le vittime di tortura e
di trattamenti inumani o degradanti. Le ferite invisibili.
Le torture e i trattamenti inumani e degradanti continuano ad
avere luogo quotidianamente e costituiscono un’offesa alla dignità umana.
Cresce il numero di vittime, che si confondono e si nascondono in mezzo a noi,
nella speranza di costruire una nuova vita, una nuova dignità, una nuova storia
non segnata da violenza e dalla mancanza di libertà. Uno strumento fondamentale in questo senso è
il riconoscimento del loro status di rifugiato, a cui hanno diritto tutti
quegli individui che, nello stato d’origine, rischiano la propria integrità
fisica e mentale per le proprie scelte politiche, religiose, di orientamento
sessuale o per un’appartenenza etnica. Per i numerosi minori stranieri che
arrivano in Italia con segni fisici e psichici di tortura o di altri
trattamenti disumani o degradanti vanno apprestate tutele specifiche e
tempestive, a partire dalla prima accoglienza, nella quale va evitata la
ricorrente promiscuità con adulti, causa di altre possibili violenze. Vanno
facilitati tutti i percorsi che portano alla nomina di un tutore ed alla
conferma dei documenti di soggiorno anche dopo i diciotto anni, ed anche quando
non ci siano i presupposti per il riconoscimento di uno status di protezione
internazionale o umanitaria. In Italia il diritto d'asilo alle vittime di tortura
viene riconosciuto quasi esclusivamente a chi presenta certificazione medica.
Il richiedente deve produrre una “giustificata” prova traumatica che dimostri
la possibilità di aver sperimentato violenza individualmente. Occorre
rivalutare un concetto più ampio di tortura che tenga conto delle gravissime
violenze che sempre più spesso vengono inflitte ai migranti, alle donne in
particolare, durante il loro viaggio nei paesi di transito. La presa in carico
di questi particolari pazienti non può essere però un problema del singolo
operatore o professionista, che spesso lavora in condizioni di invisibilità e
solitudine, ma è un problema più ampio, che coinvolge e chiama direttamente in
causa le Istituzioni. Occorre garantire servizi che facilitino la scoperta
immediata delle vittime di tortura e di trattamenti inumani o degradanti. E
occorre l’attivazione di una struttura specializzata che possa affrontare i
postumi dei traumi subiti durante il viaggio, sia da un punto di vista fisico
che psichico. È necessario il riconoscimento ed il supporto del lavoro svolto
in questi anni in modo competente e multidisciplinare dalle equipe che si sono
specializzate in questo campo e che hanno agito e agiscono sinergicamente con
l’obiettivo di “guarire dalla tortura”.
I minori stranieri non
accompagnati. Il diritto al futuro.
Nel sistema italiano di accoglienza dei minori stranieri non
accompagnati le principali criticità non emergono dal quadro normativo quanto
piuttosto dalle prassi. Situazioni quali quelle che periodicamente si
registrano nei CPSA di Lampedusa e di altri porti siciliani, o nelle comunità
di accoglienza, si pongono in palese violazione con gli standard internazionali
e nazionali di tutela dell’infanzia e dell’adolescenza. Oltre a essere lesive
della dignità dei minori coinvolti, il rischio è che gli stessi si allontanino
dalle strutture in cui sono accolti e si trovino esposti a situazioni di
pericolo. Peraltro, i ritardi nella nomina del tutore legale o nel
trasferimento in strutture di accoglienza adeguate rallentano l’avvio dei
percorsi di inserimento sociale dei bambini e degli adolescenti. In tutte le
procedure che riguardano i minori non accompagnati, dovrebbe prevalere il loro
superiore interesse, principio guida per ciascun attore coinvolto a vario titolo
nella presa in carico, nell’assistenza e nell’accoglienza di queste persone
vulnerabili. Perché tale principio trovi piena realizzazione è necessario che
si ponga al centro la singola persona con tutte le sue peculiarità, con la sua
storia individuale e le sue precipue esigenze. Come la Corte costituzionale
italiana e la Corte europea dei diritti umani hanno costantemente ribadito, i
bambini e gli adolescenti stranieri sono innanzitutto dei minori d’età e, in quanto
tali, debbono beneficiare di una tutela rafforzata che possa offrire loro
riparo dalla situazione di vulnerabilità in cui versano. Occorre garantire la
nomina più tempestiva dei tutori, attivando processi di formazione e
monitoraggio, e semplificare le procedure per il rinnovo dei permessi di
soggiorno per minore età al compimento del diciottesimo anno di età. Occorre
anche evitare che la prassi di richiedere il passaporto rilasciato dal paese di
origine possa impedire il completamento dei percorsi di inserimento intrapresi
dai minori dopo il loro arrivo in Italia. Occorre una modifica sostanziale
della legislazione nazionale e regionale in materia di migrazione. Appare ormai
improcrastinabile l’adozione di una legge regionale organica in materia di
immigrazione. La Sicilia è l’unica regione italiana che ne rimane ancora priva.
Ma occorre anche un costante impegno verso prassi applicate a livello
amministrativo che restituiscano effettività ai diritti ed ai doveri sanciti
troppo spesso solo sulla carta. Si dovrà dedicare una particolare attenzione
alla condizione dei soggetti più vulnerabili, come i richiedenti asilo ed i
rifugiati, i minori stranieri non accompagnati e le vittime di tratta.
Una nuova legge sulla cittadinanza. Diritti di cittadinanza. Percorsi
di cittadinanza.
Per diritti di cittadinanza si possono intendere il diritto
alla residenza legale, la protezione contro procedure illegittime di espulsione
e di trattenimento amministrativo, l’accesso al mercato del lavoro, l’accesso
ai servizi pubblici, il diritto a vivere in famiglia, l’accesso all’educazione
ed alla formazione professionale, il diritto alla sicurezza ed alla previdenza
sociale, la libertà di riunione e di associazione, il diritto di partecipare
alla vita politica, il diritto di partecipare alle elezioni europee e di ricorrere
agli organi della giustizia europea, il diritto alla mobilità nel territorio
nazionale e nei diversi paesi dell’Unione Europea. Non occorre scomodare né
dichiarazioni universali né interventi di altri paesi per procedere ad una
riforma radicale della legge sulla cittadinanza, sempre rinviata da decenni,
dal Parlamento italiano. Occorre abbandonare l’arcaico riferimento allo ius
sanguinis, riconoscere tempestivamente l’acquisto del diritto di cittadinanza
alle “seconde generazioni” favorire e non ostacolare in tutti i modi i percorsi
di acquisto della cittadinanza per effetto della cosiddetta naturalizzazione,
favorire trasparenza, tempestività e legalità nel riconoscimento della
cittadinanza a seguito di matrimonio. Occorre ridurre i tempi e le pastoie
burocratiche che ostacolano il riconoscimento della cittadinanza italiana non
demandando alla discrezionalità e/o alla sensibilità delle amministrazioni
locali. Si devono ridurre i tempi e la farraginosità delle procedure evitando i
continui rinvii da un ufficio ad un altro. Diventa sempre più necessario
garantire l’automatica acquisizione della cittadinanza ai nati in Italia e
consentire la possibilità che la cittadinanza e i diritti connessi siano
acquisibili con la residenza nel territorio nazionale e/o europeo. 9 Nella
prospettiva di una piena attuazione del principio di non discriminazione, va
ampliata la possibilità di conseguire la cittadinanza italiana, con il
superamento di normative e prassi amministrative che allungano i tempi e ne
rendono assai difficile il riconoscimento formale.
PALERMO, 13 -15 Marzo 2015 Cantieri culturali alla Zisa
IO SONO PERSONA
“Dalla Migrazione come sofferenza alla mobilità come
diritto.”
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