lunedì 28 aprile 2014

Il pagliaccio





che inciampa nelle 

tragedie della storia






di Gad Lerner

Quando Berlusconi gigioneggia sui tedeschi sostenendo che “secondo loro i campi di concentramento non sono mai esistiti”, va bel al di là di un’esibizione di ignoranza: il falso storico diviene arma impropria di propaganda, grottesca pulsione demolitrice di un’architettura europea già pericolante.

Pur di colpire un avversario politico, il socialista Martin Schulz, che solo l’altro ieri a Genova aveva voluto visitare Villa Migone, il luogo in cui 69 anni fa il generale tedesco Gunther Meinhold sottoscrisse davanti ai partigiani il suo atto di resa incondizionata, Berlusconi non esita a provocare un incidente diplomatico. Lo fa da sprovveduto, con quella sua intonazione canzonatoria che ancora una volta lo rimpicciolisce al cospetto della tragedia storica con cui vorrebbe misurarsi. Come il 27 gennaio 2013 quando, subito prima di assopirsi in prima fila al Memoriale milanese della Shoah, aveva definito Mussolini “un leader che per tanti versi aveva fatto bene”.
Il suo fare maldestro rischia di indurci a sottovalutarne la pericolosità. Biascica a vanvera di “fosse di Putin, no scusate, di Katyn”, per sostenere che i tedeschi ricordano un crimine sovietico ma negherebbero viceversa i crimini nazisti. Si compiace della “campagna pubblicitaria straordinaria” di cui avrebbe beneficato Martin Schulz definendolo “kapò”, “benevolmente pensando di dargli una occasione di lavoro in tv”. Può darsi che davvero non capisca quando richiama “la mia solita ironia”: “Stavo sorridendo, stavo celiando”… Per lui i campi di sterminio sono al massimo argomento da barzelletta.

domenica 27 aprile 2014

I muvrini



 I Muvrini





A la terra intera

E se pensate di poter parlare italiano in Corsica cimentatevi con questo testo:



A La Terra Intera :


Sottu à i nostri tetti / si more di carità / ieo / a ci mettenu in fette / a vuluntà / ieo 

à sente pare mortu / u mondu à fà / averà sempre tortu / quellu chi và 
u tempu ci malmena / e gioie o ma / ma valenu a pena / e nostre andà


Stasera un novu sole l'emu da pisà / è à la terra intera ci purtarà (x2) / ieo / à la terra intera ( x3) 


Hè suppa di danari / u pastu à fà / ieo / ieo / ma simu tutti pari / à chi ùn la sà / ieo / ieo
à leghje u giurnale / nunda hà da cambià / ghjornu di lesciva / ci tuccherà 
s'ella hè sopra à misura / è vol' durà / a nostra a puntura / ci truvarà

Stasera un novu sole l'emu da pisà / è à la terra intera ci purtarà ( x2) / ieo / à la terra intera ( x4)

Ognunu à le so poste / daretu à e fruntiere / ieo / ieo / a legge di u più forte / porta le bandere / ieo / ieo
dammi un palmu di nettu / pè rispirà / è u to core in pettu / cio ch'ellu sà
dammi un palmu di nettu / pè rispirà / è u to core in pettu / mi bastarà
Stasera un novu sole l'emu da pisà / è à la terra intera ci purtarà/ ieo / à la terra intera / à la terra intera (x4)


per saperne di più : A nostra storia  (In francese)

sabato 26 aprile 2014

Progetto di riqualificazione Arlesega

Le proposte di ViviMestrino



Bella ciao: risposta a Pansa



Caro direttore
Pansa ha scritto un altro libro della sua controstoria, Bella Ciao, edito da Rizzoli. Ho letto anche alcuni altri suoi testi, a partire da "Sangue dei vinti" e direi che, se i fatti possono essere inoppugnabili, non convincono alcune conclusioni. Intendiamoci: i conti con i fatti sono doverosi, anche se dolorosi. "La verità è sempre rivoluzionaria", scriveva quel Gramsci, da cui Pansa è abissalmente lontano. O, se vogliamo evangelicamente, "La verità ci farà liberi". E che la resistenza non sia stata un'allegra scampagnata di anime belle, con i buoni tutti da una parte ed i cattivi tutti dall'altra è un dato inoppugnabile; che la liberazione sia stata una lotta durissima, con nefandezze da ambo le parti, e con le relative vendette postume, è giusto che ce lo diciamo una volta per tutte. In questo Pansa ha fatto bene, e tutti quanti dovremmo prenderne atto ed essergliene grati. Però, c'è un però. Non si rende conto Pansa che, forse per colpire con accanimento la parte politica che a lungo è stata anche la sua, rischia di correggere in modo sbagliato e quindi di alterarare la memoria o la verità storica? Anche perchè, così facendo, nasconde volutamente o non volutamente la complessità del realtà, svolgendo una cattiva azione pedagogica o mostrandosi cattivo storico.
Del resto, a partire da Claudio Pavone, alla metà degli anni Ottanta, ben prima quindi della "conversione "del giornalista, gli storici più seri hanno interpretato la Resistenza come un intreccio, difficilmente separabile, di guerra di liberazione, di guerra civile, di guerra sociale. Al di là dell'esito principale, la sconfitta del nazifascismo e la liberazione dagli occupanti tedeschi, è evidente che le altre due componenti -guerra civile e guerrasociale- non posson essere nascoste, anche se alla fine ha prevalso lo spirito di riconciliazione da un lato (l'amnistia promossa dal ministro della giustizia dell'immediato dopoguerra, il comunista Palmiro Togliatti) e non si è scatenato nessun violento rivolgimento sociale. Possiamo dire per fortuna, ma anche per merito di gran parte dei dirigenti comunisti di allora, così vituperati da Pansa oggi, ma consapevoli allora che, nella divisione del mondo in due blocchi rigidi e contrapposti, un'insurrezione armata avrebbe portato ad una nuova guerra civile e ad un epilogo simile a quello greco. Questo per dire che, alla fine di tutto il suo lavoro, che cosa possiamo imparare da Pansa, al di là di fatti ed episodi, prima celati ed ora opportunamente da lui denunciati? Che negli ultimi anni di una guerra sanguinosa e dopo il ventennio di dittatura fascista, in un finale da tragedia quasi wagneriana, violenze, eccidi, vendette atroci, regolamenti di conti, l'eterno "guai a ai vinti" siano stati una prassi diffusa a destra ed a sinistra e non una rara e spiacevole eccezione? Certamente. Ad una condizione peraltro. Se non vogliamo confondere la doverosa operazione di verità storica con l'altrettanto doverosa fermezza in merito alle ragioni umane, politiche e morali di quanto è successo, inviterei a rileggere un passo del bel romanzo di Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno. In particolare le riflessioni del capitano Kim, che altro non sono se non il tentativo di individuare il senso profondo della lotta partigiana. Osserva il capitano Kim, alludendo ad alcuni componenti di un distaccamento partigiano:
"Il distaccamento del Dritto:ladruncoli,carabinieri,militi,borsaneristi, girovaghi. Gente che s'accomoda nelle piaghe della società, e s'arrangia in mezzo alle storture, che non ha niente da difendere e niente da cambiare. Oppure tarati fisicamente, o fissati, o fanatici....". Gente che combatte magari per un bisogno di istintivo e inconsapevole desiderio di riscatto, che, se capita, spara con furore, con odio contro gli uni o contro gli altri. Dove starebbe allora, si chiede il capo partigiano, la differenza tra lo spirito degli uni e lo spirito degli altri? La differenza sta nella storia: 
"C'è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro [i fascisti]dall'altra...Da noi niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro...tutto servirà a liberare noi ed i nostri figli, a costruire un'umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L'altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori; perduti e inutili anche se vincessero, perchè non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell'odio...." .
Ecco, vorrei che tutti noi tenessimo ben ferma la distinzione richiamata letterariamente da Calvino, tra oppressi ed oppressori, tra carnefici e vittime, senza per questo nasconderci nulla e senza trasformare la storia in un mito, in cui esistano solo buoni e cattivi, separati e distinti nettamente; ma anche senza costruire un altro e ben più pericoloso mito in cui vengono azzerate o dimenticate le ragioni ed i torti concreti degli uni e degli altri, cioè delle parti in lotta. La verità legata ai singoli fatti, pur necessaria, non deve essere disgiunta dalla riflessione storica, politica e morale, per evitare un' indistinta e confusa notte in cui tutte le vacche appaiono nere. 
14/02/2014
Mariuccio Bianchi

Fonte: varese news

venerdì 25 aprile 2014

Bella ciao





"C'è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro [i fascisti] dall'altra...Da noi niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro...tutto servirà a liberare noi ed i nostri figli, a costruire un'umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L'altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori; perduti e inutili anche se vincessero, perchè non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell'odio...." . (Italo Calvino)

Giungono in questi giorni diverse notizie giornalistiche sulla censura alla canzone Bella ciao; a Pordenone, ad esempio, il prefetto ha tentato, senza riuscirvi,  di vietarla ad una manifestazione dell'ANPI, ritenendola pericolosa per l'ordine pubblico; in altre più piccole realtà, come a Mestrino,  la canzone è bandita da anni. Ai nuovi censori consiglio un approfondimento musical-culturale-storico. Scoprirebbero, infatti che:

  1. Bella ciao non è la canzone dei comunisti, come temono;
  2. La Costituzione italiana è nata dalla Resistenza;
  3. Anche i venetisti, invece di giocare con i trattori, potrebbero farla propria, come gli indipendentisti corsi, che la cantano, con le parole italiane, in tutti i bar dell'isola.
Gianpaolo Pansa ne ha addirittura utilizzato il titolo per l'ultimo dei suoi libretti revisionisti, che tanto piacciono a destra, come se i fatti narrati non si conoscessero e alcuni di essi non fossero finiti addirittura nei giornali. (A proposito anche Pansa sostiene che Bella ciao non era la canzone dei comunisti della resistenza, che ad altro pensavano e che se proprio dovevano cantare, intonavano l' Internazionale!)

Quello che i censori moderni non hanno capito è che la canzone è diventata l'icona di un'aspirazione alla giustizia sociale, all'uguaglianza, al cambiamento,  non ha più l'odore del sangue e della sofferenza di una guerra vera, ma è diventata piuttosto un inno alla giovinezza e alla vita che riprende dopo un periodo oscuro. Vietarla ai giovani, più che un atto politico d'intolleranza, è semplicemente stupido. 



Bella ciao in Corsica



giovedì 24 aprile 2014

Il confine mobile 1



Pulizia etnica





Per meglio comprendere il dramma dell'esodo, dal confine orientale, affrontato di recente dall'Associazione Storia e Vita  costituisce un'utile lettura la comunicazione riportata sotto. Non si tratta, come potrebbe apparire dalla prime righe, di un rapporto di Eichmann al furer, ma di una missiva al Ministero dell'Interno italiano scritta dall'alto commissario per la Provincia di Lubiana, Emilio Grazioli, il 24 agosto del 1942.

Va ricordato,  in premessa, che il 6 aprile 1941 inizia l'aggressione nazifascista alla Iugoslavia; l'Italia dal 1941 sino all'8 settembre del 1943 estese i suoi confini sino a Lubiana e affrontò il problema delle popolazioni slovene nel modo che qui inizio a raccontare.   

a) Il problema della popolazione slovena può essere risolto nei seguenti modi:
1) distruggendola;
2) trasferendola;
3) eliminando gli elementi contrari, attuando una politica dura, però  di giustizia e di avvicinamento, onde creare le basi per una proficua e leale collaborazione prima e possibilità di assimilazione poi, che però solo col tempo si potrà realizzare.
Occorre quindi stabilire quale linea di condotta si intende seguire.

b) per l'internamento in massa della popolazione procedere secondo il piano stabilito, che possa avere avere uniforme applicazione in tutti i territori della Provincia (di Lubiana). Meglio costituire campi di lavoro anziché campi di internamento dove si ozia.

c)Per la sostituzione con la popolazione italiana di quella slovena occorre stabilire:
1)dove deve essere trasferita la popolazione slovena;
2)dove deve essere presa la corrispondente popolazione italiana, facendo presente che é più adatta quella settentrionale e centrale;
3) se si intende "italianizzare" anzitutto una fascia di frontiera, stabilendone la profondità (20/30 chilometri);
4) se si intende invece trasferire tutta la popolazione slovena. In tal caso sarebbe opportuno iniziare dalla zona slovena a cavallo del vecchio confine. 

segue

mercoledì 23 aprile 2014

Arcostruttura di via Filzi




Duole sottolineare che...






un piccolo, piccolo esempio di autocrazia produce piccoli guasti.
Al prossimo Consiglio comunale del 29 aprile, sarà in discussione tra le altre cose, una mozione del gruppo ViviMestrino, tendente a far rimediare ad alcuni evidenti errori di progettazione che il semplice coinvolgimento degli utenti, cioè le società sportive, avrebbe sicuramente prevenuto. L'amministrazione fedele al suo profilo autocratico ancora una volta non lo ha fatto. Per carità, qui si parla di scale tettoie e servizi igienici, non di grandi opere, ma lo stile è sempre lo stesso.






Al Presidente del
Consiglio Comunale di Mestrino








Mozione

I sottoscritti consiglieri comunali, in base a quanto previsto dall'art. 34 del vigente Regolamento per il funzionamento del Consiglio Comunale presentano la seguente Mozione.

Premesso che:
·         I Consiglieri Bano, Dalla Libera, Gottardo, Menallo hanno presentato all’Amministrazione comunale, e precisamente al Presidente del Consiglio Comunale di Mestrino, al Sindaco di Mestrino e all’Assessore allo Sport di Mestrino richiesta con oggetto progetto "Fabbricato ad uso spogliatoi e servizio annesso all'arcostruttura sportiva di via Filzi".
·         Che nella missiva si segnalavano diverse criticità e dubbi sul progetto in esame che a nostro avviso meritavano di essere migliorate.
·         Che la richiesta elencava una serie di suggerimenti per modificare il progetto e più precisamente:
-       sistemazione dell'accesso per il pubblico,
-       riduzione del locale tecnico e ampliamento deposito,
-       spostamento della scala,
-       spostamento dell'ingresso principale
-       inserimento di tettoia esterna,
-       ampliamento atrio,
-       predisposizione corner bar,
-       inserimento vetrata/filtro tra ambiente interno ed esterno (tettoia),
-       predisposizione impianto solare termico e fotovoltaico,
-       realizzazione ufficio/segreteria con funzione anche di infermeria,
-       realizzazione dei servizi igienici destinati al pubblico 
-       aumento del numero di docce presenti in ogni spogliatoio degli atleti
·         Che la stessa lettera richiedeva che fosse convocata urgentemente una riunione dei capigruppo allargata a tutti i consiglieri comunali interessati per discutere delle criticità sollevate e, se condivise, tentare di migliorare il progetto
·         Che i consiglieri sottoscrittori ritengono urgente, prioritario e necessario procedere con la realizzazione dell’opera fatto salvo la necessità di eliminare, per quanto possibile, diverse criticità del progetto che graveranno in futuro sull’effettivo utilizzo degli spogliatoi

Considerato che:
·         E’ stata fornita una risposta da parte dell’assessore ai Lavori Pubblici che sostanzialmente nega ogni possibilità di confronto,
·         Non esiste una commissione sport che avrebbe potuto analizzare preventivamente il progetto,
·         Il progetto degli spogliatoi della tensostruttura non è stato mai presentato pubblicamente,
·         Le associazioni sportive da noi interpellate non sono state consultate per la predisposizione del progetto e non hanno mai potuto visionarlo,

Con la presente mozione si chiede all’amministrazione comunale
·         di verificare puntualmente tutte le criticità segnalate e, dove possibile, di intervenire per migliorare il progetto, in particolare prevedendo un adeguato spazio per la segreteria/infermeria, la realizzazione immediata del bagno per il pubblico e l’aumento del numero delle docce in ogni spogliatoio per gli atleti
·         far fronte all’eventuale maggiorazione dei costi derivante dagli adeguamenti richiesti, evitando di  realizzare il vano scala ritenuto assolutamente non necessario,
·         di convocare, dopo verifica di quanto richiesto, una assemblea pubblica per illustrare i contenuti del progetto,
·         di procedere in futuro secondo modalità  che assicurano il massimo coinvolgimento dei soggetti interessati.

Mestrino, 18 febbraio 2014
I  Consiglieri

Bano, Dalla Libera, Gottardo, Menallo

martedì 22 aprile 2014

tsipras chi?



Movimentismo 





o scoutismo?








Fonte: piovono rane, di Alessandro Gilioli

Che cosa ha reso Alexis Tsipras il nuovo leader riconosciuto della sinistra europea, che secondo tutti i sondaggi porterà a Bruxelles una settantina di eurodeputati, diventando la terza forza continentale dopo Socialisti e Popolari? E come ha fatto questo ingegnere civile dall’eloquio pacato ma trascinante a diventare in pochi anni il politico più popolare della Grecia, accreditato di una possibile vittoria alle prossime elezioni del suo Paese?
A gettare un po’ di luce sul personaggio è un nuovo libro-inchiesta di Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena, giornalisti entrambi, il primo di ‘Repubblica’ e il secondo di ‘Micromega’: si intitola ‘Tsipras chi?’ ed è appena uscito per l’editore Alegre (125 pagine, 12 euro).
La prima risposta alle domande di cui sopra, quella che viene spontanea dopo la lettura del libro, è semplice: Tsipras ha cambiato tutto.
E prima di tutto ha cambiato i linguaggi e le pratiche della sua stessa area di provenienza politica, la sinistra radicale: anche in Grecia, come da noi, dominata per decenni da politici novecenteschi, autoreferenziali, rissosi e sostanzialmente dimentichi della missione di fondo che credevano di interpretare, cioè lavorare ogni giorno per una ripartizione meno spaventosamente iniqua delle ricchezze e dei redditi.

Alexis Tsipras, classe 1974, inizia il suo percorso politico giovanile proprio al fianco delle “mummie” della sinistra greca: nel Kke, il partito comunista ortodosso, già stalinista e comunque ancorato al marxismo-leninismo. Ma è un eretico e un movimentista, sicché se ne distacca presto per passare a una formazione nuova nella galassia della sinistra locale, il Synaspismós, dove pure rappresenta l’ala più anticonformista e innovativa.
Nel 2001 cerca di venire in Italia, per il G8 di Genova, ma con i suoi compagni viene bloccato ad Ancona dalle nostre forze dell’ordine e rispedito ad Atene. Si rifarà due anni dopo, organizzando le proteste di piazza contro il Consiglio Europeo di Salonicco, che rappresentano un po’ l’atto di nascita della nuova sinistra in Grecia.
È così che nel 2006 Tsipras si lancia come candidato sindaco di Atene con una lista, Città aperta, che tenta di raccogliere le diverse anime della sinistra radicale in città: raccoglie un risultato record, oltre il 10 per cento, andando ogni giorno nei mercati e nei quartieri lontani dal centro a parlare di povertà, welfare, precarietà giovanile, ambiente, diritti delle donne.
È l’inizio di un percorso che lo porterà in pochi anni a rifondare tutta la sinistra greca, che come frazionismo e litigiosità non aveva nulla da invidiare alla nostra.
Puntando su obiettivi concreti, su diritti di base sempre più negati ai suoi connazionali, Tsipras riesce dal 2010 a fondere in Syriza le componenti più diverse, dai vetero-maoisti ai riformisti, dai neokeynesiani agli altermondialisti, dagli ecologisti ai trotskisti, giù giù fino al mondo dei movimenti e dell’associazionismo di base, perfino del nuovo mutualismo con cui nel suo Paese si cerca di far fronte alla crisi. Il tutto sulla base di un principio semplice ma dirompente: le ricette imposte dalla Troika servono solo ad aumentare la forbice sociale, a creare una piccola classe di super privilegiati e un’immensa classe di nuovi poveri.
La realtà, purtroppo, dà ragione a Tsipras, memorandum dopo memorandum. In Grecia la classe media scompare o quasi, chiudono le scuole, gli ospedali mandano via chi sta male, gli ex colletti bianchi cercano cibo nei bidoni della spazzatura. Che cosa contano, di fronte a una realtà del genere, le vecchie identità ideologiche, le contrapposizioni personalistiche o di gruppo, i litigi che affondano le loro radici nelle dispute del secolo scorso? Niente – e Tsipras lo sa. Così come sa che in politica non vale più solo quello che dici, ma anche quello che sei, cioè le tue pratiche personali: neanche i detrattori più accesi, ad esempio, ne mettono in dubbio l’onestà personale. E, al contrario di tanti altri leader politici della sinistra, Tsipras vive in una zona popolare e multietnica, non in un palazzo del centro storico.
Questo tuttavia non basta, naturalmente, così come non basta la lotta contro la Troika. Ecco perché Tsipras fa di Syriza il primo partito che mette sul medesimo piano i diritti sociali e quelli civili: quindi nel suo programma ci sono allo stesso modo l’istruzione pubblica e il matrimonio gay, il controllo statale della banche e la depenalizzazione delle droghe, il salario sociale e la laicità dello Stato, la patrimoniale e il taglio delle spese militari, la tassazione delle rendite finanziarie e l’antirazzismo.
Ma, aldilà dei programmi, è soprattutto una ‘rivoluzione cognitiva’ quella che Tsipras ha portato nella sinistra greca, cioè una rivoluzione di atteggiamento: rendendola un soggetto con ideali forti ma pragmatico, finalmente emancipato dal vecchio tic per cui «a sinistra ci si sentiva meglio nel perdere gloriosamente che nel vincere», come sintetizza l’intellettuale greco Costa Douzinas. Anche con imprudenza, se necessario: ad esempio scontrandosi con gli apparati del vecchio sindacato, rappresentativi ormai solo dei garantiti (sempre meno) e non della crescente marea di precari e disoccupati. O provando a rivolgersi anche a un elettorato tradizionalmente non di sinistra, come quello dei commercianti: pure loro impoveriti dalla crisi e soprattutto sempre più costretti a versare mazzette a questo o a quel politico di Nuova Democrazia e del Pasok.
Insomma: apertura mentale, movimentismo, innovazione, coraggio, utopia bilanciata dal pragmatismo. Questo è lo Tsipras che ci racconta il libro di Pucciarelli e Russo Spena, che peraltro non ci nascondono le ombre e le difficoltà, ma soprattutto le incognite per il futuro: se davvero Syriza dovesse vincere alle prossime elezioni greche, sarebbe pronto per governare? E avrebbe il fiato per contrapporsi nel Palazzo ai poteri forti interni ed esterni che oggi contesta in piazza? Ma soprattutto, terrebbe o no la miracolosa unità della sinistra costruita dal suo leader?
Tutte domande che riguardano la Grecia e il suo difficile futuro. A noi, in Italia, per il momento, resta solo una certa invidia per quello che Tsipras e i suoi hanno fatto finora – e che qui dobbiamo ancora iniziare a fare.
Vedi anche: Le risposte di Tsipras
              I candidati Tsipras in Italia
             un'altra Europa possibile

domenica 20 aprile 2014

Pasqua piena per voi che fabbricate passaggi...


"Pasqua è voce del verbo ebraico “pèsah”, passare.





Non è festa per residenti, ma per migratori che si affrettano al viaggio. Da non credente vedo le persone di fede così, non impiantate in un centro della loro certezza ma continuamente in movimento sulle piste.
Chi crede è in cerca di un rinnovo quotidiano dell’energia di credere, scruta perciò ogni segno di presenza. 
Chi crede, insegue, perseguita il creatore costringendolo a manifestarsi.
Perciò vedo chi crede come uno che sta sempre su un suo “pèsah”, passaggio.
Mentre con generosità si attribuisce al non credente un suo cammino di ricerca, è piuttosto vero che il non credente è chi non parte mai, chi non s’azzarda nell’altrove assetato del credente.
Ogni volta che è Pasqua, urto contro la doppia notizia delle scritture sacre, l’uscita d’Egitto e il patibolo romano della croce piantata sopra Gerusalemme. 
Sono due scatti verso l’ignoto. Il primo è un tuffo nel deserto per agguantare un'altra terra e una nuova libertà. Il secondo è il salto mortale oltre il corpo e la vita uccisa, verso la più integrale resurrezione.
Pasqua/pèsah è sbaraglio prescritto, unico azzardo sicuro perché affidato alla perfetta fede di giungere.
Inciampo e resto fermo, il Sinai e il Golgota non sono scalabili da uno come me, che pure in vita sua ha salito e sale cime celebri e immense. Restano inaccessibili le alture della fede.
Allora sia Pasqua piena per voi che fabbricate passaggi dove ci sono muri e sbarramenti, per voi apertori di brecce, saltatori di ostacoli, corrieri a ogni costo, atleti della parola pace." 

Erri De Luca 

Buona Pasqua di riparazione

LE MANI DELLO ZIO GIOVANNI – Francesco Callegari


Lo zio Giovanni lavorava in fabbrica per tutta la settimana, ma ogni sabato pomeriggio il tavolo della sua cucina si trasformava in un laboratorio di meraviglie. Di fronte ai miei occhi stupiti di bambino si stendeva a un tratto un tappeto di microscopici ingranaggi: viti, perni e lancette; casse, ruote e dischi dentati; molle, spirali e bilancieri… 
Le mani grandi e forti dello zio distribuivano delicatamente i pezzi sul tavolo, mentre il suo occhio cercava i possibili difetti grazie a una speciale lente simile a un piccolo monocolo. Con una pinzetta, Giovanni prendeva il singolo pezzo, lo spazzolava e lo oliava, e alla fine lo fissava con precisione fino a ricomporre il meccanismo originale.
Tanti erano gli amici che approfittavano della sua bravura, e anche della sua generosità: lo zio Giovanni riparava per piacere sveglie e orologi di ogni tipo ridando la vita a oggetti che altrimenti sarebbero stati scartati.
E io, che assistevo incantato a questo piccolo miracolo, sentivo che stava accadendo qualcosa di importante. Qualcosa che mi è rimasto dentro e che ancora mi parla.
Il vocabolario Treccani propone tre diversi significati per la voce Riparare:
1.    Proteggere, difendere da una cosa pericolosa o dannosa, opponendo a essa un ostacolo o impiegando altro accorgimento.
2.    Eliminare o alleviare un male, correggere o limitare un errore che si è commesso, risarcendo, compensando, scusandosi, ecc.
3.    Rimettere in buono stato una cosa rotta, sciupata o logora.
Riparare è un verbo buono, che parla di attenzione e di generosità.
E’ un verbo transitivo, dove l'azione non riguarda solo il soggetto che la compie ma si riversa positivamente anche su altri, siano essi persone oppure oggetti.
Riparare è un verbo generatore, è un verbo della maturità, perché solo la consapevolezza adulta è in grado di dare la vita e soprattutto sa proteggerla e custodirla, anche a costo della propria.
I tre significati riportati dal vocabolario diventano così un’unica esperienza, dove il desiderio di salvaguardare persone e cose, la spinta a non dissipare affetti e risorse, lo slancio a creare vita e a mantenerla si esprimono secondo una modalità “ecologica” di essere nel mondo.    

Ci sono parole che più di altre si adattano a descrivere un evento, e a spiegarlo.

Riparare è parola che abita la Pasqua. E ciascuno di noi ha un proprio modo di sentire e di sperimentare la domanda di riparazione che il formidabile vento della Pasqua porta con sé.
E’ però nella brezza leggera e monotona dell’agire quotidiano che sussurrano le più concrete e autentiche istanze di riparazione. Ed è proprio lì, che prende corpo la grandezza di chi sa ascoltare queste richieste ed è pronto anche a metterci del proprio pur di riparare il meccanismo che stenta a funzionare.

Buona Pasqua di riparazione.

da: diapason2.0

Buona Pasqua

Prevedibile o meno non sono riuscito a trovare di meglio per questa giornata particolare; Auguri!



sabato 19 aprile 2014

Mestrino felix

Come eravamo
e come non vogliamo essere



Una comunità che non conosce il proprio passato, non comprende il presente e non può progettare il futuro. 


C'era una volta un personaggio che voleva passare alla storia per aver costruito il ponte sullo stretto di Messina; più modestamente l'attuale amministrazione  di Mestrino si accontenta di passare alla storia per l'arte di ficcare di tutto e di più negli spazi più risicati o come l'amministrazione delle rotonde, che rendono moderna e vivibile il paese.

Ma forse non sono dello stesso parere i cittadini che vedono spendere, apparentemente impotenti sino ad adesso, 740.000 euro per inserire ad Arlesega, in un rettangolo, 40x60, nell'ordine: un campo da calcetto, un posteggio, una piazza mercato, una passeggiata artistico-culturale, una mini arena, uno spogliatoio con un baretto, prontamente derubricato in centro ristoro.

E forse non sono dello stesso parere neppure gli abitanti della zona a sud dell'incrocio Maritan-Borgato, che prevedono di essere confinati nel proprio quartiere e di non poter raggiungere il centro se non attraverso "passerelle", definite impropriamente marciapiedi a contatto di gomito con auto e camion.








E che dire di quelle cariatidi degli  ambientalisti che si dannano per per l'abbattimento di qualche albero; il "leghista convinto" risponde: "quasi quasi hanno più credibilità quei buffoni dei grillini ... almeno quelli che ne sanno di affari e futuro del paese!"
Appunto, AFFARI!

venerdì 18 aprile 2014

Convocazione consiglio comunale del 29 aprile


Consiglio comunale
il 29 aprile


Consiglio comunale ricca di argomenti e sicuramente lungo...
Argomenti rilevanti: il rendiconto di gestione 2013 (conto consuntivo), la questione degli spogliatoi di via Fabio Filzi e l'approvazione del nuovo statuto comunale, che contiene la norma bavaglio tendente a impedire i referendum sugli strumenti urbanistici. Chissà perchè! 
Inutile ricordare che la seduta è pubblica!!



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