martedì 20 ottobre 2015

Parole di scuola: V come viaggio d'istruzione


     


Ovvero...la gita






B come
 bidelli 
C come complessi: Edipo e Narciso Telemaco



 O  come orario;  P come professore

come  presideP,  come primo giorno




"Viandante il sentiero si apre camminando"


Il viaggio come conquista, come premio, come impegno verso gli altri, come vittoria su se stessi, come reale apertura mentale, come ponte verso il futuro lavorativo e l'impegno sociale: solo se una proposta possedesse almeno tre o quattro di questi presupposti varrebbe ancora la pena per gli insegnanti di affrontare i carichi di lavoro pesanti e i rischi connessi.
Che la tradizione del viaggio d'istruzione, più comunemente denominato gita scolastica, sia andato incontro ad un crescente degrado negli ultimi anni, è sotto gli occhi di tutti.
I luttuosi e recenti fatti di cronaca  non sono che la punta di un iceberg, che ha reso drammaticamente evidente quello che molti già sapevano.
Il viaggio, o la gita, si è ridotto ad una mera occasione di "evasione", graduata alle caratteristiche dell'età dei partecipanti. E intendiamoci, non la sana allegria, la piccola trasgressione, la maggiore libertà e autonomia, l'extra goduto in assenza degli occhiuti genitori, la musica, il far tardi in giro per le città, il sano cameratismo con i compagni e con gli insegnanti vissuti, per l'occasione,  in modo diverso e più libero. No, proprio occasione di adolescenziale trasgressione e basta. Quindi si va dalle urla e dall'indisciplina nei musei delle elementari, ai pigiama party delle notti insonni delle medie, all'alcool e alla discoteca per le superiori.
Perchè questo degrado? di chi le colpe? in primo luogo degli insegnanti che si sono ostinati a riprodurre destinazioni e schemi  validi in passato e non più adesso; gli insegnanti che hanno abdicato alla sorveglianza notturna (ma se non sei in grado di stare 3 giorni sveglio, perchè organizzi?). I dirigenti che temono di escludere i personaggi più scalmanati per paura delle reazioni dei genitori. Questi ultimi, pronti a minimizzare le eventuali colpe dei figli, derubricandole d'ufficio ad innocue bravate.
E allora non si salva nulla? tutto da buttare via arrendendosi a questo apparentemente inesorabile declino? privare i ragazzi di un'esperienza che può restare unica e comunque da ricordare per tutta la vita?
Sicuramente no. Personalmente, ricomincerei dagli scambi di classi, dove l'onere della sorveglianza e della responsabilità è almeno un po' attenuato perché condiviso con le famiglie ospitanti. 
Altri rimedi forti, per elevare lo stato di sicurezza e la valenza culturale delle iniziative non possono che essere la selezione dei partecipanti e la scelta attenta delle mete. I ragazzi ormai girano quasi tutti (ma non dimentichiamoci di quel quasi che manca all'appello!) con le famiglie e da soli. Bisogna allora individuare mete e modalità diverse da quelle praticabili in famiglia o  individualmente. Qualche anno fa io ne ho individuato alcune: la visita alle comunità italiane dell'Istria, la visita ai campi di sterminio nazisti, la visita al centro Paternostro di Brancaccio, creato da don Pino Puglisi, la visita alle scuole straniere, il trekking nei parchi naturali.
Adesso tocca a chi è ancora sul campo di battaglia individuare nuove mete, nuove strategie, nuove modalità: ma, per favore, non si può tornare indietro e basta. Tutto sta tornando indietro nel nostro paese: se lo fa anche la scuola ci avviamo ad un nuovo medioevo.  


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