Le diaboliche manipolazioni che sconvolgono gli italiani.
Nell'articolo di ieri, dedicato agli OGM si trattava anche della follia tutta italiana di ostacolare a tutti i costi la ricerca sugli ogm in campo. La decisione, assunta da politici del tutto a digiuno non solo dei risultati della ricerca scientifica, ma anche della terminologia più elementare (transgenico v/s cisgenico), esclude il nostro paese dalle innovazioni in ambito genetico-agrario, dove invece in passato era all'avanguardia.
Ecco la prima delle storie promesse, tratta dal racconto che ne ha fatto in senato Elena Cattaneo.
L’Italia, come sappiamo bene, esporta mele in tutta Europa: sono dei prodotti tipici, dalle splendide mele dei nostri colleghi trentini, a quelle della Valle d’Aosta, alle mele annurche campane. Tra l’altro, nel nostro Paese queste piantagioni hanno anche una rilevanza ambientale e culturale notevole: alcune piantagioni arrivano dal Medioevo.
Tuttavia il clima è cambiato e in tutto il mondo – lo ripeto, in tutto il mondo – i meli sono attaccati da un flagello, un fungo responsabile della più grave e diffusa malattia delle mele: la ticchiolatura, che danneggia la pianta e produce delle macchie sul frutto rendendolo non più commerciale. Lo scorso anno in una Regione d’Italia sono stati effettuati più di 30 trattamenti di pesticidi per difendere le mele dai parassiti. Anche le mele biologiche sono trattate con le sostanze chimiche consentite per questo tipo di coltivazioni: i sali di rame. È un metallo pesante, tossico, che resta nel terreno per decenni. Non sarebbe bello avere delle mele che resistono alla malattia, cosicché si ridurrebbe drasticamente il numero di trattamenti con agrofarmaci? Ecco la storia del professor Silviero Sansavini dell’università di Bologna, un distinto signore, ora professore emerito, che ha più di 70 anni. Insieme al professor Tartarini scopre che una mela selvatica è immune dalla ticchiolatura perché porta un gene, che si chiama VF, che la protegge e le dà questa protezione in dono dalla natura. È una selezione naturale. I ricercatori cercano di incrociare questa mela selvatica con le mele che noi siamo abituati a mangiare, ma non ci riescono perché, durante questo incrocio, non passa solo il gene di interesse ma anche migliaia o centinaia di altri geni che tolgono il valore organolettico a quella mela. Sansavini e Tartarini, in un laboratorio universitario prendono una mela della varietà Gala, una delle favorite dagli italiani, ma che deve essere spruzzata con decine trattamenti, e impiantano in quella mela Gala quel gene, quello che la rende immune dal parassita. Erano gli anni 1992 e 1993, e l’Italia era all’avanguardia nel mondo nel campo delle biotecnologie agrarie. I nostri genetisti agrari tenevano ancora alta nel mondo la bandiera di Nazzareno Strampelli, universalmente riconosciuto come il fondatore del miglioramento delle piante su basi scientifiche.
Ma torniamo alle mele. Dopo pochi anni, le prime prove sulla mela Gala, fatte su meli coltivati in serra, danno i risultati sperati e, nel 2002, il nostro Paese è il primo al mondo ad arrivare a un risultato che era desiderato da tutti. A Bologna quei meli geneticamente modificati, che ridurrebbero l’impatto ambientale, se coltivati, stanno in un cassetto. Dobbiamo aver paura di questa mela? Viene chiamata cisgenica, perché si sposta un gene da una pianta a un’altra pianta della stessa specie. Non è progettata per essere venduta insieme a un pesticida. Anzi, ne riduce fortemente la necessità e la pianta non deve essere riacquistata tutti gli anni dall’agricoltore.
Il professore Sansavini avrebbe potuto brevettare la tecnologia di trasferimento del genere, ma non ha voluto perché ha pensato che non fosse giusto e l’ha resa di dominio pubblico. Chiunque nel mondo può utilizzare quel metodo per produrre mele resistenti alla malattia. Una bellissima storia, che però finisce qui, con la soddisfazione di un professore di essere stato il primo al mondo a realizzare un risultato cui tutti ambivano, ma anche con la lacerazione professionale di non avere mai visto la sua scoperta in campo perché il Ministero dell’agricoltura, dal 2002 vieta la sperimentazione in campo aperto.
In Olanda e in Svizzera, invece, hanno sviluppato l’uso del gene scoperto da Sansavini, hanno avuto l’autorizzazione alla coltivazione in esterno, con tutte le norme di sicurezza, e ora hanno campi di meli resistenti alla malattia. Sono tanti gli esempi di questo tipo...
Da www.pietroichino.it
Segue in: L'ipocrisia dell'OGM-free