Convegno internazionale sui diritti dei migranti
Per un palermitano la "carta di palermo" non può che evocare in prima battuta la visione dei nugoli di fogli di giornale, di cartacce e di "munnizza" in generale, sollevati periodicamente dal vento di scirocco o di tramontana, per la delizia alternata dei quartieri sud o nord. Nel mese di marzo, invece, la carta si è fissata sui tavoli dei cantieri culturali della Zisa, con impresse una serie di buone intenzioni, di volontà di base, che ridanno dignità a una città per altri versi dilaniata, ma che ha dimostrato, nell'emergenza, di poter dire la sua con dignità. Buonisti del...diranno i più raffinati esegeti del nord più retrivo, ma, tant'è, qualcuno deve dirle certe cose e metterle nero su bianco, in un'Europa che rincorre voti e consensi sfruttando paure ed incertezze del vivere quotidiano, come negli anni più bui della prima metà del secolo scorso.
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I partecipanti:
CONSULTA DELLE CULTURE DI PALERMO - ANCI SICILIA - ALTO COMMISSARIATO NAZIONI UNITE PER I RIFUGIATI- AMNESTY INTERNATIONAL - EMERGENCY - SAVE THE CHILDREN - LEGA ITALIANA DEI DIRITTI DELL'UOMO- COMUNITÁ SANT'EGIDIO -SOCIETÀ ITALIANA DI MEDICINA DELLE MIGRAZIONI- AGESCI -CROCE ROSSA - ASSOCIAZIONE NAZIONALE PRENDIAMO LA PAROLA
Il documento finale:
MOBILITA’ UMANA INTERNAZIONALE – CARTA DI PALERMO 2015
Dalla migrazione come sofferenza alla mobilità come diritto
umano inalienabile
Il diritto alla
mobilità come diritto della persona umana. Verso la cittadinanza di residenza.
Per l’abolizione del permesso di soggiorno.
I problemi legati alle ormai quotidiane migrazioni devono e
possono trovare soluzione solo se si inseriscono nella cornice della mobilità
come diritto. Bisogna cambiare approccio: dalla migrazione, appunto, come
sofferenza alla mobilità come diritto. Nessun essere umano ha scelto, o
sceglie, il luogo dove nascere; tutti devono vedersi riconosciuti il diritto di
scegliere il luogo dove vivere, vivere meglio e non morire. Il processo
migratorio è spesso un’emergenza, una drammatica emergenza. Ma è soltanto la
punta dell'iceberg dell'inevitabile ordinario spostamento di milioni di esseri
umani; tale fenomeno è connesso alla globalizzazione, alle crisi economiche e
politiche di lungo periodo.
Uscire dall'emergenza,
dalle tante emergenze, è necessario. Io sono persona.
È necessario evitare la cronicizzazione delle emergenze,
tutte riconducibili ad un dato strutturale: l’impossibilità di bloccare lo
spostamento di milioni e milioni di esseri umani. La soluzione alle emergenze,
presenti in tutto il mondo e non soltanto nel Mediterraneo, non può
prescindere, dunque, da una visione progettuale che abbia come elemento
centrale il riconoscimento del migrante come persona. Io sono persona.
Occorre
dunque riconoscere la mobilità di tutti e di ciascuno come un diritto umano
inalienabile. Ogni altro aspetto, ivi compreso il concetto di “sicurezza”,
troppe volte e impropriamente invocata, deve essere coerente con tale
impostazione. Allo stesso modo ogni soluzione legislativa, amministrativa,
organizzativa, comportamentale non può non partire dal presupposto che bisogna
riconoscere il diritto umano alla mobilità di tutte le persone. Questo impianto
ha ispirato il convegno di Palermo intitolato IO SONO PERSONA.
Accanto al titolo del Convegno di Palermo è inserita
un’impronta digitale: per ricordare che ogni esigenza, a partire da quella
della sicurezza, deve essere rispettosa del migrante persona umana e della
mobilità come diritto. Abolizione del permesso di soggiorno non è una
provocazione, non è uno slogan velleitario. È la conferma di una scelta
progettuale e valoriale, che impone l’eliminazione di apparati normativi
emergenziali e disumani.
La storia è piena di apparati normativi emergenziali
che pervertono il valore della sicurezza e il valore del rispetto della persona
umana. La storia è piena di una legalità disumana.
Basti citare la pena
di morte, che tuttavia persiste in numerosi Stati che pretendono di definirsi
civili e democratici, e la schiavitù, prevista da leggi che consentivano – è
soltanto un esempio - al grande Voltaire di arricchirsi comprando e vendendo
esseri umani. Un ruolo importante deve e può essere svolto dall'Unione Europea
che può attuare il compito di una visione che si fa concretezza e vita
quotidiana. L'Unione Europea - troppo spesso ne sottovalutiamo o ne
stravolgiamo il significato a causa di logiche contabili, speculative,
finanziarie - è un esempio straordinario di volontà di convivenza e coesione a
partire dal suo essere una “unione di minoranze". In Europa nessuno è
maggioranza per ragioni identitarie: non i tedeschi né i musulmani, non gli
ebrei o i francesi. Nessuna identità è maggioranza. In Europa si sono,
coerentemente, rifiutate schiavitù e pena di morte.
È tempo che l'Unione Europea promuova l’abolizione del
permesso di soggiorno per tutti coloro che migrano, riaffermando la libertà di
circolazione delle persone, oltre che dei capitali e delle merci, nel mondo
globalizzato. Deve partire proprio dall'Europa una forte sollecitazione alla
comunità mondiale per il riconoscimento della mobilità di tutti gli esseri
umani come un diritto, su scala globale e non soltanto all’interno dello spazio
Schengen.
È evidente che tutto ciò comporti adeguatezza di modalità e di tempi.
È parimenti evidente, però, che è necessario agire sin da subito "come se
" la mobilità fosse un diritto umano inalienabile. Ciò comporta, nel
concreto e nel quotidiano, l’attuazione di norme e di modelli organizzativi
radicalmente diversi dagli attuali; evitando di considerare (come oggi si fa
con logiche emergenziali) il migrante un pericolo in sé, rassegnandosi alla
migrazione come sofferenza, con l'alibi della sicurezza che copre razzismi, egoismi,
torture e colonialismi del terzo millennio. La migrazione non può dunque essere
considerata come un problema di frontiere, di identità culturale e religiosa,
di politica sociale e di accesso al mercato del lavoro. Si deve uscire dalla
logica e dalle politiche dell’emergenza che durano ormai da decenni. La
mobilità umana costituisce un fattore strutturale della nostra società e non
una questione di sicurezza. Occorre liberalizzare questa mobilità umana e
valorizzarla come una risorsa e non come un onere aggiuntivo per i paesi di
destinazione. Nel nostro paese si tratta di dare concreta attuazione agli
articoli 2 e 3 della Costituzione, rendendo effettivi i diritti fondamentali
della persona e rimuovendo gli ostacoli che ne impediscono la piena realizzazione.
Si deve anche prendere atto dell’arrivo di un numero crescente di richiedenti
protezione internazionale o umanitaria e di una notevole mobilità di quanti,
già soggiornanti nei diversi paesi dell’area Schengen, ed in particolare in
Italia, desiderano spostarsi verso quegli stati nei quali si possono ancora
individuare migliori possibilità di occupazione e livelli soddisfacenti di
welfare.
Nel tempo della crisi si diffonde il pregiudizio che gli “stranieri”
sarebbero responsabili dell’aggravamento dei problemi che affliggono gli strati
meno abbienti della popolazione. Eppure gli immigrati non hanno certo scelto il
luogo dove nascere e sempre più spesso non sono partiti per migliorare la
propria posizione, ma solo per difendere il loro diritto alla vita. Anche in
questo caso va data piena attuazione al dettato costituzionale che all’art. 10
riconosce il diritto di asilo a tutti coloro che sono costretti a fuggire da
paesi nei quali non sono garantiti i diritti fondamentali.
Di fronte alle
reazioni difensive che caratterizzano sempre di più la nostra società occorre
reagire con politiche e con prassi applicate dagli organi istituzionali che
favoriscano la conoscenza reciproca, la parità di trattamento, la
partecipazione democratica. Sono questi i veri fattori che possono garantire
maggiore sicurezza. L’accesso effettivo dei migranti ai diritti fondamentali
della persona, a partire dai diritti alla residenza ed alla circolazione,
appare un obiettivo ineludibile che va perseguito con interventi multilivello,
non solo a livello europeo e nazionale, ma anche con il concorso degli enti
locali e delle organizzazioni non governative per garantire una coesistenza
pacifica ed una valorizzazione delle differenze culturali, come una risorsa. La
punta dell’orizzonte è pertanto il passaggio dalla migrazione come sofferenza
alla mobilità come diritto umano. Le attuali previsioni internazionali
garantiscono ipocritamente il diritto di emigrare ma non garantiscono un
corrispondente diritto all'ingresso con uno specifico dovere di accoglienza da
parte degli stati. Occorre costruire una nuova convivenza civile sui
comportamenti quotidiani e non sui proclami ideologici o su processi di
semplice assimilazione. Va superata la logica escludente del permesso di
soggiorno che riduce l’esistenza delle persone ad una mera sopravvivenza
condizionata dal rilascio periodico e discrezionale di un documento. Questo
meccanismo spesso è imprigionato dentro un iter burocratico di durata
imprevedibile, nel corso del quale i migranti, anche se presenti da anni nel
territorio dello Stato, sono esposti al rischio di ricadere in condizioni di
precarietà e di emarginazione. Superare il permesso di soggiorno significa
considerare i migranti come persone, come esseri umani, a prescindere dal
documento che ne sancisce lo status, significa anche vedere in loro non dei
“carichi sociali” o “consumatori di risorse”: siano esse posti di lavoro, aiuti
sociali o case popolari, ma dei cittadini attivi in grado di dare valore alla
comunità e al luogo in cui risiedono. Abolire il permesso di soggiorno, in
prospettiva, è fondamentale per costruire una nuova cittadinanza basata sulla
condivisione e sul rispetto reciproco, attuando politiche di empowerment, di
autonomia, canali di ingresso che non facciano arrivare persone piegate e
offese dalle violenze subite alle frontiere e nel lungo viaggio da parte delle
organizzazioni criminali che ne consentono il superamento.
Le frontiere. Il diritto alla vita. Il diritto all'asilo.