mercoledì 12 aprile 2017

La nuova emigrazione italiana 1


Quando i migranti siamo noi







Riportiamo in questa serie di articoli una sintesi dell'intervento di Rodolfo Ricci (FIEI – Federazione Italiana Emigrazione Immigrazione) svolto al Seminario organizzato a Roma dalla Fondazione di Vittorio su “Migrazioni, crisi, lavoro" lo scorso 12 Aprile. Nella relazione si fa il punto  sull’effettiva consistenza del nuovo flusso emigratorio dall’Italia che, stando ai dati forniti da istituti statistici europei, risulterebbe essere superiore fino ad oltre 4 volte ai dati Istat/Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero). Altrettanto sorprendente è che allo stesso tempo, il flusso emigratorio degli italiani verso l’estero risulterebbe ormai essere circa il doppio degli arrivi di immigrati economici e profughi insieme.

I sei periodi dell’emigrazione italiana.
1) Periodo post unitario (1871-1900): 5,3 milioni di espatri. Mete principali: Francia e Germania/ Argentina, Brasile, USA. Si trattò in gran parte di movimenti spontanei e clandestini. 2/3 di questi flussi erano originari del nord Italia. Alcuni addirittura in Romania vedi qui
2) Primo novecento (1900-1915): 9 milioni di espatri (circa 600mila all’anno). Mete: 50% in Europa, (prevalentemente dal nord Italia) 50% nelle Americhe, prevalentemente dal Centro-Sud.
3) Tra le due guerre (1920-1940): riduzione drastica dei flussi, a causa di: politiche restrittive nei paesi di arrivo (USA-quote di ingresso), politiche restrittive del fascismo, peso della grande crisi del ’29. Mete principali: Francia e Germania + Africa coloniale, come forma di espansione imperiale.
4) Dopoguerra (1945-1970): 7 milioni di espatri. Grande sviluppo industriale. Mete: Nord Europa, Francia, Svizzera, Germania e Belgio (parallelamente a grandi flussi di emigrazione interna), oltre a America Latina (Venezuela, Uruguay), Australia, Canada. Prevalenza di emigrazione dal sud e dalle isole.
5) Anni ’70 – 2005: inversione dei flussi: L’Italia si trasforma da paese di emigrazione a paese di immigrazione, anche se
La "nave dolce": 20.000 albanesi in un solo giorno
permangono flussi di circa 50mila espatri all’anno soprattutto verso il nord Europa (2/3),  mentre un 15% va verso le Americhe. Si aggiungono man mano altre nuove mete (Asia, ecc.). In Europa cresce l’importanza della Gran Bretagna.
6) La nuova migrazione italiana (2005 – 2015): Parallelamente all'avanzare  della crisi economica, si riduce il flusso di immigrazione e torna a crescere il flusso emigratorio, fino a raggiungere, secondo l’Istat, oltre 100mila espatri nel 2015. Secondo stime comparate tra dati italiani e dati esteri, tra i 250 e i 300mila espatri.

Alcune considerazioni di ordine generale:
a)  Nel corso del ‘900, i flussi migratori sono determinati dai grandi movimenti di capitali (investimenti) a livello internazionale: i maggiori flussi si registrano nei due periodi di maggiore sviluppo della produzione  e del commercio internazionale a livello globale: 1900-1915 e 1945-1970. Nella prima fase verso le Americhe, nella seconda verso il nord Europa.
b) I flussi si determinano tra paesi con eccesso di forza lavoro (come l’Italia) che manifestano anche un significativo “surplus” demografico e paesi che necessitano di manodopera e forza lavoro e con trend di crescita demografica autoctona insufficiente rispetto alle loro potenzialità di sviluppo.
c) Dentro i singoli paese di partenza i flussi si determinano a seguito della scomparsa di posti di lavoro nel settore primario (causati dalla crescente competizione internazionale) e all’incapacità di assorbimento adeguato in altri settori (industria e servizi). Insufficiente sviluppo in rapporto alle disponibilità di risorse umane.
d) Vi è una relativa e progressiva regolamentazione dei flussi attraverso accordi bilaterali.
e)  Nel periodo del dopoguerra, tali accordi prevedono anche elementi di orientamento settoriale dei flussi e la definizione di contratti di lavoro già al momento della partenza.


Dagli anni ’70 in poi, al contrario, non vi sono strumenti specifici di regolazione bilaterale dei flussi, né in entrata (almeno fino alle prime definizioni di quote di ingresso intorno alla fine degli anni ‘90), né in uscita. La regolazione è lasciata essenzialmente al mercato. (Segue qui)

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