F. Depero: I miei balli plastici |
Prendi lo meno tristo per buono.
Dopo l'incredibile endorcement dell'ineffabile Flores d'Arcais sull'ultimo numero di Micromega ("l'unico voto efficace di opposizione è quello per il M5S, nonostante il disgustoso comportamento dell'egocrate bifronte Grillo/Casaleggio jr") e dell'insospettabile Conchita Di Gregorio su Repubblica di ieri, al movimento 5 stelle arriva in queste ore anche l'appoggio di Salvini. Di quest'ultimo c'è poco da stupirsi: è solo l'anticipazione di quanto potrebbe succedere se si arriverà a votare con l'Italicum, ma Renzi, nella sua supponenza da giocatore d'azzardo e la maggioranza del PD, più educata alla piaggeria che alla politica, sembrano non curarsene, mettendo a rischio un paese intero.
Dei primi due, Flores d'Arcais e Di Gregorio invece mi preoccupo. Qualcuno potrebbe dire: fai a meno di continuare a leggere Micromega e la Repubblica. La tentazione c'è, ed è forte, ma rientra quasi subito, perché nel primo giornale, subito dopo le elucubrazioni teoriche del Flores si trovano fior di firme, ragionamenti aperti al mondo e alla cultura a 360 gradi.
Stessa cosa per Repubblica, dove, in risposta all'"ingenua" (si fa per dire..) apertura di credito alla Raggi e alla Appendino operata dalla Di Gregorio, si ospita oggi un intervento che chiarisce chi sono le due donne al ballottaggio a Roma e Torino.
Ma anche se quelle di Flores e Di Gregorio restano voci isolate, corre alla mente una analogia col passato ormai remoto, quando intellettuali, per quel tempo progressisti, artisti e tecnici innovatori nei rispettivi campi si lasciarono sedurre dal giovanilismo e dalle promesse di rottamazione del duce di allora. Ovviamente lo stesso discorso si può fare per le intelligenze messe al servizio, acritico, dell'attuale conduzione messianica del partito democratico, che a tutto pensa tranne che al partito, al suo passato, al suo presente e meno che mai al suo futuro.
Dunque Roma e Torino, due casi emblematici dove il nuovo del M5S si appanna, si confonde e si intreccia sempre più con le alchimie della rete teleguidata e diviene quanto di più lontano dalle battaglie, talvolta guasconesche, ma per lo più serie e documentate, degli attivisti di periferia, che invece hanno tutta la mia simpatia.
Se fossi in una di quelle due città mi toccherebbe applicare il motto Machiavellico riportato nel titolo: non sentendomi rappresentato da nessuno, l'unico antidoto alla nobile ma sterile astensione sarebbe la scelta del "meno peggio". E in questo confronto il perdente, anzi le perdenti, sarebbero sicuramente le due donne che per i più simboleggiano invece la "novità".
Ma si può essere sicuri che la Raggi sia meglio di Giachetti? che possa opporsi al direttorio e alla "ditta" più di quanto possa fare Giachetti con Renzi? Si può essere sicuri che l'Appendino interpreti le istanze della periferia operaria torinese più e meglio dello scafato Fassino? E in entrambi i casi, qual'è la vision delle rispettive città? Sarà vero invece, come insinua qualcuno, che dalla loro hanno l'immagine che fa aggio sulla mancanza di vision e di competenze? A loro viene applicato, sicuramente, il beneficio del dubbio che non era stato concesso alla assai meno presentabile prima candidata alla sindacatura di Milano, nominata dalla rete, secondo le regole ma poco charmante per telecamere e media, oltre che incapace di mettere insieme quattro parole in croce.
Quando poi Di Maio se ne esce dicendo che Landini è un nostalgico della falce e martello e che sostanzialmente non conta nulla, perchè non ha i voti per abolire il Jobs Act, il gioco è fatto...
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