Chi vince gli altri è forte; chi vince se stesso è potente.
Il 7 e il 21 novembre, l'Associazione Storia e Vita sarà nuovamente presente a Mestrino, per raccontare attraverso la viva voce dei protagonisti, tantissime storie di coraggio e di superamento di ogni inimmaginabile ostacolo fisico e psicologico.
Il 7 novembre ascolteremo le storie degli atleti che al di là delle vittorie ai più alti livelli nazionali e internazionali, hanno ottenuto la vittoria più grande e più ambita: quella su se stessi e sulle proprie difficoltà.
Saranno con noi atleti paralimpici del calibro di Alex Zanardi, Bebe Vio, Alvise De Vidi e tanti altri minori ma non meno coraggiosi.
Il 21 novembre, invece, toccherà agli eroi anonimi degli sport che rimangono lontani dalle luci dei riflettori, i cosiddetti "sport minori"; così incontreremo Ryszard Zub (ct Nazionale italiana di scherma), Eloisa Passaro (Nazionale scherma Italiana), Andrea Moretti (allenatore del Petrarca rugby) e l'olimpionico di casa nostra, Maurizio Milanetto.
Per chi volesse approfondire la genesi e gli sviluppi attuali del movimento sportivo disabili, segue una preziosa cronistoria scritta da Remo Breda, ex vicepresidente del Comitato Paralimpico Italiano.
Il movimento sportivo disabili
Il movimento sportivo disabili nasce in Inghilterra alla fine della Prima Guerra Mondiale, come metodo di riabilitazione fisica e psicofisica per i reduci che avevano subito delle menomazioni.
Tuttavia il vero, grande sviluppo dello sport disabili si ha negli Stati Uniti alla fine della guerra del Vietnam.
Le origini del movimento paralimpico (*) risalgono, invece, al 28 luglio 1948, quando Sir Ludwig Guttmann, neurologo britannico e fondatore nel 1944, a Stoke Mandeville, di un ospedale per la cura delle lesioni al midollo spinale, decide di organizzare, in concomitanza con i Giochi Olimpici di Londra, i primi Giochi di Stoke Mandeville, una competizione per Veterani disabili della Seconda Guerra Mondiale.
Quattro anni più tardi, nel 1952 si tengono a Stoke Mandeville i Giochi Internazionali su sedia a rotelle e nel 1960, a Roma, terminati i Giochi Olimpici, hanno luogo i primi Giochi Paralimpici, cui partecipano 400 atleti provenienti da 23 nazioni con gare previste per soli atleti in carrozzina.
Nelle successive edizioni i Giochi si allargano ai disabili motori e ai disabili visivi.
Nel 1989 a Düsseldorf in Germania, si costituisce l’attuale IPC (International Paralympic Committee) omologo del CIO.
(*) Il termine Para olimpiadi deriva dal greco para, che indica somiglianza o affinità, e dalla parola Olimpiadi, a significare Olimpiadi parallele o complementari.
Storia del movimento paralimpico in Italia
Se il movimento paralimpico internazionale deve la sua nascita al neurochirurgo inglese Sir Ludwig Guttmann, il “Padre” dello Sport Terapia e del paralimpismo in Italia è stato invece il dottor Antonio Maglio.
Senza il suo lavoro, e la sua totale dedizione, che durò dal 1935 anno di conseguimento della laurea in medicina e chirurgia all’Università di Bari fino al giorno della sua scomparsa avvenuta a Roma il 7 gennaio del 1988, Roma e l’Italia non avrebbero avuto il privilegio di aver dato i natali ai Giochi Paralimpici estivi, senza contare che migliaia di persone disabili in Italia devono alle sue intuizioni il prolungamento delle loro aspettative di vita e il reinserimento nella società civile.
Egli è stato realmente l’ideatore ed il propugnatore della prima Olimpiade per atleti paraplegici. In Italia erano i primi Anni ’50 e, purtroppo, imperava una scarsa Cultura in materia di handicap che attanagliava le persone comuni in opprimenti pregiudizi spesso conseguenza di confinamento e di rifiuto della persona disabile. Ma Antonio Maglio impresse una nuova concezione della disabilità attuando, seguendo le esperienze di paesi più evoluti quali la Germania e l’Inghilterra, nuove metodologie terapeutiche per i pazienti neurolesi.
Le risultanze dei suoi nuovi metodi furono immediatamente positive: riduzione del tasso di mortalità e attenuazione degli stati depressivi dei soggetti che ebbero la fortuna di essere compresi tra gli ospiti del Centro Paraplegici di Ostia “Villa Marina” che aprì i battenti nel giugno del 1957 per volere dell’Inail di cui Antonio Maglio fu vicedirettore nonché primario del Centro che, presto, divenne famoso in tutto il Paese e all’estero. Egli fece esattamente quello che Ludwig Guttmann praticava a Stoke Mandeville ma ampliò notevolmente i programmi moltiplicando le attività fisiche attraverso numerose discipline sportive e utilizzando lo spirito agonistico quale sprone a reagire e ritrovare se stessi e le proprie abilità: nuoto, pallacanestro, tennistavolo, getto del peso, lancio del giavellotto, tiro con l’arco, scherma e corsa in carrozzina.
L’Inail finanziò da subito la pratica sportiva dei paraplegici, tanto che nel 1964 l’Italia partecipò con due rappresentative di atleti di cui una sotto la sigla dello stesso Inail (l’altra sotto quella dell’Onig, Opera nazionale invalidi di guerra) sebbene uniti dal tricolore. Dal confronto con le altre Nazioni ai Giochi Paralimpici di Tokyo 1964 (ancora però si chiamavano Giochi internazionali di Stoke Mandeville) emerse l’arretratezza del nostro movimento rispetto a Paesi come Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Spagna, Olanda e Germania rappresentate da una Federazione o Comitato nazionale paralimpico riconosciuto dal relativo Comitato Olimpico e, in altri casi, con finanziamento e sostegno diretto da parte dello Stato. Fino al 1972 era ancora il Centro Inail di Ostia a finanziare e potenziare lo sport dei paraplegici e quando la gestione dello stesso passò all’Ente Ospedaliero regionale si rischiò addirittura di non partecipare ai Giochi di Heidelberg ’72 per mancanza di fondi.
Solo nel 1974 si arrivò alla costituzione dell’Associazione Nazionale per lo sport dei paraplegici (Anspi) per promuovere, sviluppare e disciplinare lo sport di questi atleti quale strumento di recupero e quale mezzo di salute cominciando così ad affacciarsi un’accezione di sport quale diritto per tutti i cittadini disabili. Si partecipò così, per la prima volta, ai Campionati Europei di atletica leggera (Vienna 1977) e a quelli di basket in carrozzina (Olanda 1977).
Fu un primo passo, ma le esigenze divennero molteplici, gli impegni nazionali e internazionali si moltiplicarono in fretta come pure la domanda di sport da parte delle persone con altre tipologie di handicap. Per tutti gli anni ’70, poi, la Fisha (Federazione italiana sport handicappati), che fino al 1978 agì come Anspi, operò nel tentativo di stabilire un rapporto solido e chiaro con il Comitato Olimpico Nazionale.
Il 1981 vide poi a Roma una grande manifestazione di atletica leggera, scherma, nuoto e pallacanestro e, allo Stadio dei Marmi, divenne storica l’impresa del canadese Arnie Boldt che, nel salto in alto, saltò con una sola gamba la misura eccezionale di 2 metri e 4 centimetri. Fu lo stesso Boldt a rappresentare tutti i disabili al Giubileo degli Sportivi celebrato da Papa Giovanni Paolo II allo Stadio Olimpico in Roma.
Nello stesso anno la Fisha ottenne l’adesione al Coni, compiendo il primo significativo passo verso il riconoscimento dell’attività sportiva svolta dalle persone con disabilità. Sei anni dopo, nel 1987, il Comitato Olimpico decretò il riconoscimento giuridico della Fisha ed il suo ingresso nell’olimpo delle Federazioni Sportive Nazionali. Il Presidente della Fisha (che estendeva la sua competenza anche in materia di disabilità mentale) entrò, così, di diritto nel governo dello sport nazionale rappresentando anche la Fics (Federazione Italiana Ciechi Sportivi) e la Fssi (Federazione Sportiva Silenziosi Italiana).
La costituzione della FISD (Federazione Italiana Sport Disabili) avvenne il 18 novembre del 1990, risultante dall’unificazione volontaria delle tre federazioni sportive competenti in materia di handicap: Fisha, Fics e Fssi. E’ in questo contesto che gli atleti con disabilità intellettiva e relazionale ricevono pari dignità e considerazione alla stregua dei loro “colleghi” con disabilità fisica e sensoriale.
Nel 1996 però il movimento sportivo dei Silenziosi si scorporò dalla Fisd, in quanto il Ciss (Comitato Internazionale Sport Silenziosi) non aderisce ai principi ed ai programmi Olimpici e Paralimpici.
E' con Legge dello Stato che la FISD diventa CIP (Comitato Italiano Paralimpico), assumendo compiti e prerogative, nonché veste organizzativa, analoghi al CONI.
La legge istitutiva del Comitato Italiano Paralimpico (Legge n° 189 del 15 luglio 2003) ed il successivo decreto di attuazione (Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’8 aprile 2004) hanno attribuito al Cip compiti di preparazione delle squadre agonistiche impegnate a partecipare ai Campionati e alle manifestazioni del calendario internazionale predisposto dall’International Paralympic Committee. Hanno riconosciuto, inoltre, la valenza sociale dell’organismo che mira a garantire il diritto allo sport in tutte le sue espressioni “promuovendo la massima diffusione della pratica sportiva per disabili in ogni fascia di età e di popolazione” affinché ciascun disabile abbia l’opportunità di migliorare il proprio benessere e di trovare una giusta dimensione nel vivere civile proprio attraverso lo sport quale strumento di recupero, di crescita culturale e fisica nonché di educazione dell’individuo, disabile o meno.
Attualmente il CIP è strutturato in sette Federazioni Paralimpiche (che si occupano delle discipline prettamente specifiche per disabili), mentre molte altri sport, praticati anche dai normodotati, sono stati dati in gestione alle Federazioni Olimpiche.
Il CIP ha stipulato anche numerosi protocolli d’intesa con Enti di promozione sportiva, con Gruppi Sportivi delle Forze Armate e col Ministero dell’Istruzione per iniziative mirate alla promozione dell’attività motoria nella scuola a favore degli alunni disabili.
Remo Breda, membro della Giunta nazionale del CIP
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