mercoledì 28 settembre 2016

Il ponte sullo stretto




Gli uomini del ponte












Si sa, molti siciliani sono affetti dall'ormai secolare  complesso d'inferiorità meridionalista, che li costringe  a immaginarsi isolati dal continente, fratelli minori dimenticati e vessati. Aspirano da un secolo e più al riscatto, all'unione con la madre patria, che non li capisce. Farebbero meglio a rivalutare il saggio detto di un altro "isolano": lo stretto è in tempesta, il continente è isolato. 
Altri siciliani, più disincantati e filosofi,  comprendono a fondo, e conseguentemente si comportano, la realtà dell' insularità come essenza del vivere, cosa che li rende effettivamente diversi e unici.

Chi è ormai lontano, e quindi non rischia più di inabbissarsi, con l'intera isola, ricorda con nostalgia le mitiche traversate dello stretto, quando dalla plumbea Calabria si giungeva alla soleggiata e ridente Sicilia, "magari" mangiando le arancine del traghetto, e non vorrebbe che queste emozioni si perdessero per sempre.
Nel frattempo, come ho fatto io si dedica ad osservazioni e argomentazioni razionali.
Eccone una tra le tante possibili. 
Se provate a viaggiare  in treno da Trapani a Messina, Trenitalia vi propone un'unica soluzione:

13:42
Trapani 
15:05
Castelvetrano 
01:23Regionale
8636
Chiudi 
15:38
Castelvetrano 
17:07
Piraineto 
01:29Regionale
8610
17:15
Piraineto 
18:20
Imperatore Federico 
01:05Autobus
PA546
18:36
Imperatore Federico 
18:57
Palermo Centrale 
00:21Regionale
8754
20:06
Palermo Centrale 
23:03
Messina Centrale 
02:57Regionale Veloce
3846

Cioè 9 ore e 21 minuti per un percorso di 320 km, velocità media 30 km/h, di poco superiore alle navi "Caronte" che attraversano lo stretto in mezz'ora scarsa. 

Se ripiegate sui pullman, e provate ad orientarvi tra le quasi infinite compagnie di trasporto, (proprio come in Spagna, ogni provincia e talvolta ogni comune ha la sua ditta), la ricerca si fa più lunga, ma più soddisfacente nei risultati. Ecco il migliore risultato: 


  • Trapani ore 6.25, Palermo ore 8.05 (piazza Politeama), compagnia AST
  • Dal Politeama andate in autobus  alla stazione ferroviaria (mezz’ora di attesa e mezz’ora di percorso; oppure a piedi se non avete valigie, circa 25') e da qui con le autolinee SAIS, partendo alle 9.00 arriverete  finalmente a Messina alle 11.45


In totale 5.30 minuti di viaggio per i soliti 320 Km, ma con velocità media raddoppiata rispetto al treno: 60 km/h.

Forse non è necessario aggiungere altro all'ormai diffusa considerazione che Renzi fa di tutto per assomigliare a Berlusconi, spesso riuescendoci, e come l'originale ha perso lucidità ed è ormai alla canna del gas. Altrimenti non si spiegherebbero le contraddizioni con più lucide affermazioni precedenti, di cui riporto una breve scelta. 

Carta di Firenze della Leopolda 2010.
“L’Italia preferisce la banda larga al Ponte sullo Stretto”.

Matteo Renzi.
“Il ponte sullo Stretto è una brutta pagina da chiudere”.

Dario Franceschini.
“Un’opera faraonica mentre pochi giorni fa le case sono cadute sotto la frana a Messina. Una presa in giro inqualificabile solo proporla”.

Andrea Orlando.
"Lo considererei un capitolo chiuso”.

Anna Finocchiaro.
"Ha ragione il vicepresidente di Confindustria quando dice che il Ponte è il caviale, mentre il pane sono le strade, ferrovie e i porti per la mobilità interna in Sicilia”

Yoram Gutgeld (consigliere economico a Palazzo Chigi)
"Bisogna superare la gestione dissennata dei fondi comunitari, oscillante tra opere faraoniche, miliardarie e inutili come l’Alta velocità o il Ponte sullo Stretto”.

E dulcis in fundo, da Migliore il meglio:
Gennaro Migliore sfila a Messina con i NO Ponte.
“Siamo qui per opporci ad un capriccio del governo che vuole realizzare un'opera inutile. Si tratta di un'infrastruttura pericolosa per i cittadini e per le casse dello Stato, della quale non abbiamo bisogno”.


sabato 24 settembre 2016

Un mondo pieno di futuro


Abebe Bikila


Olimpiadi a Roma










Berruti, 200 m. piani
Peccato! in vita non rivedrò più un'olimpiade a Roma, le olimpiadi della rinascita, dei lavori alla metropolitana da Anagnina a Prati, dell'irrompere dello sport professionistico, delle riprese in bianco e nero in "eurovisione", dei primi casi di doping (nota 1), del primo spettacolo di massa; le olimpiadi di Livio Berruti e del suo amore impossibile con Wilma Rudolph, di Cassius Clay diciottenne, che sul quell'amore sorvegliava,  
Berruti e Wilma Rudolph
 di Nino Benvenuti, di Abebe Bikila che vinceva la maratona a piedi nudi; le olimpiadi che ispirarono Pasolini le indimenticabili cronache dell'inaugurazione (Un mondo pieno di futuro, nota 2) e della vittoria di Kauffmann sul filo nei 1500 (Dramma sul filo, nota  3).


Ma la mia è  soltanto un rimpianto da nostalgico, non contiene nessuna recriminazione sul presente. 
Hanno fatto bene la Raggi e il suo movimento ad opporsi all'edizione olimpica del 2024? chi lo sa? i commenti, le prese di posizione pro o contro si sprecano sulla stampa di "regime" e alternativa e sui social, ma tutti con apparentemente pari ragioni. Qualcuno doveva pur decidere e questo qualcuno, anche se teleguidata o obbligata da promesse da mantenere, lo ha fatto. Punto. Non è frequente che questo succeda in Italia, chapeau! 
Si potrebbe recriminare sui modi, sulle incertezze, sui discorsetti scritti letti senza partecipazione emotiva, sul pacco all'appuntamento con Malagò (che ci potrebbe stare, ma piantare anche il coraggioso Pancalli grida vendetta!). Si potrebbe ironizzare sul fatto che la non scelta dichiara preventivamente una incapacità, ma anche riflettere sull'amara e incontestabile realtà che l'ambiente è troppo marcio per poter essere ragionevolmente risanato. Meglio tenere prudentemente lontane le sue mani dalla città!
Sì, però, se le ragioni principali attengono ai rischi per la legalità, si potrebbe obiettare che allora a Roma e in Italia non si dovrebbe mai fare nulla, neanche un ponte, una scuola, una rotonda..
Altra cosa se le ragioni attengono ad una diversa visione dello sviluppo cittadino, a progetti alternativi di urbanistica, di socialità, di cultura. Ma di tutto questo, a distanza di 3 mesi, non c'è ancora traccia, in una situazione incancrenita dalle incertezze sulle nomine di assessori, dalle  bugie o sottovalutazioni sugli  avvisi di garanzia.
Se i romani ragionassero con l'antica saggezza dei siciliani avrebbero forse frettolosamente concluso che si tratta di una versione aggiornata del cambiare tutto per non cambiare niente... 

Note.
1. Knud Enemark Jensen, ciclista danese morto ufficialmente per un colpo di sole, ma con tracce di anfetamine nel sangue. A conclusione di una lunga vicenda giudiziaria, il Comitato olimpico internazionale istituì una commissione medica e l'obbligo dei test per la ricerca di sostanza dopanti.

 2. "ogni rappresentativa ha un costume diverso:[…] ha una piccola variante, una piccola trovata: le canadesi hanno in mano delle bellissime borsette; i polacchi agitano dei fazzolettini colorati, gli indiani hanno degli altissimi turbanti arancione: il sole fonde tutto, e non c’è un solo costume di cattivo gusto, di solo effetto. […] Il Giappone, Cuba, parevano portare dentro lo stadio, così puro, così anonimo, la concretezza vivente delle recenti battaglie, delle recenti morti, delle recenti passioni: ma tutto come purificato, diventato esperienza e dolore di ognuno di noi, e, come tale, superato, vinto dall'incalzare del tempo e ella storia". (da "Un mondo pieno di futuro")  


3. "Ma io pensavo –commenta Pasolini-  ai generali tedeschi e a Erhard, e non ho potuto ammirare quel povero biondo: non l’ho proprio potuto ammirare. Quella sua ostinata passione, quella sua furia disperata, mi hanno fatto paura". (da "Dramma sul filo")


mercoledì 21 settembre 2016

Le amministrazioni del fare...




o del fagiolo





Simpatiche analogie tra le amministrazioni leghiste di Padova e di Mestrino. Della concordanza viscerale sui temi dell'immigrazione si è parlato ampiamente l'estate scorsa, ma le assonanze non finivano lì: in tema di fagioli Mestrino ha avuto per prima il suo, Padova ha voluto seguirla. I malcapitati frequentatori della Stanga ne hanno subito le fasi di realizzazione e i susseguenti balletti decisionali del prode Bitonci.  Ma torniamo a Mestrino. La mirabolante opera che avrebbe dovuto risolvere i problemi del traffico in centro paese non ha risolto proprio nulla e della sua pericolosità sono ricche purtroppo le cronache. Ma siccome non si può addossare la responsabilità all'amministrazione, e non sarebbe giusto, il gruppo ViviMestrino, dopo che il M5S ci aveva provato invano con servizi, riprese video, interviste e quant'altro, ha deciso di aiutarla. Ecco di seguito una pacifica mozione, che pur contraddicendo la visione della sicurezza espressa dal sindaco nell'ultimo bollettino comunale, fornisce uno stimolo alla realizzazione di alcuni interventi non più rinviabili. Se anche a questi suggerimenti fatti nell'interesse dei cittadini si dovesse rispondere picche, allora sì, si potrebbe parlare di responsabilità.
Nota a margine. Nella mozione non figuro tra i firmatari, pur avendo contribuito a scriverla, per il semplice motivo che ho dato le dimissioni da consigliere per motivi personali. Largo ai giovani, ma resterò a fianco degli amici che in consiglio continuano a rovinarsi il fegato! indimenticabile Flavio Pinton con le sue sceneggiate, inframmezzate a discorsi serissimi e vibranti; coraggioso, lucido, profondo, sempre preparatissimo e corretto Nicola Gottardo; timida nelle apparenze, ma solida nella sostanza e nei contenuti Barbara Bano: dovrebbe solo arrabbiarsi più spesso, in quelle occasioni dà il meglio! 
Per il resto nessun rimpianto e nulla, sottolineo nulla, da segnalare. Vuoto di idee, vuoto di interventi personali, vuoto di passioni, vuoto di attenzione: solo stanchi esercizi di abduzione di braccio e avambraccio, al momento del voto.
Prossimo consiglio: martedì 27 settembre alle ore 19.  





lunedì 19 settembre 2016

L'ottavo cerchio dantesco




Seda-simonindo- bara- ipo-lacatti- semfal: la magica filasctrocca che permetteva agli studenti di cinquanta anni fa di memorizzare le dieci bolge dell'ottavo cerchio dantesco. I precursori della sintesi da sms preferivano sasibil-cosefa.
Chi poteva immaginare allora che Dante nel 1200 avesse già fotografato la realtà della società e della politica attuale?

sabato 17 settembre 2016

Controcorrente: il decalogo del Fermi


I compiti per le vacanze 





Qualche giorno fa, all'inizio delle lezioni, i genitori del liceo Fermi di Bologna si sono visti recapitare una inconsueta e provocatoria lettera di saluto da parte del dirigente scolastico Maurizio Lazzarini. Il preside, per fortuna esempio non rarissimo, anche se minoritario, nel variegato panorama della dirigenza scolastica, affronta un tema caldo, quello delle relazioni scuola famiglia, e lo traduce in un ironico e provocatorio decalogo. 
Lui se lo può permettere, perchè la sua scuola è modello di inclusione, di ascolto e di dialogo, ma mettere in guardia dai rischi non è mai inutile.
Ecco il decalogo: 

1) Evitate di parlare con i docenti
2) Sostituitevi ai vostri figli: cercate di eliminare tutte le         esperienze che li possano mettere in difficoltà
3) Non controllate mai il registro elettronico (mi fido...)
4) Credete loro anche contro l’evidenza
5) Date sempre la colpa alla scuola
6) Giustificateli sempre e comunque (poverini...)
7) Non sosteneteli nel loro impegno quotidiano (quanta           fatica...)
8) Non premiate mai il loro sforzo
9) Date assoluta importanza più al voto che alle cose che         imparano ed alla loro crescita
10) Non ascoltateli quando vi parlano di se’ e dei loro               problemi extrascolastici


Su una sola cosa, tra quelle dette dal preside Lazzarini  nell'intervista a Repubblica non sono d'accordo: 
Non c'è divario tra vita e formazione, come devono pensare quei genitori che rifiutano di far fare ai figli i compiti delle vacanze argomentando che "loro" li fanno crescere mentre "noi" trasmettiamo solo nozioni. Se passa quest'idea, salta un patto di fiducia essenziale per la crescita dei ragazzi. Viene meno il senso della scuola, il suo ruolo sociale, già riconosciuto sempre meno".

E' vero che non c'è, o non dovrebbe esserci,  divario tra vita e formazione e le iniziative della sua scuola convalidano e mettono in pratica tale principio. Ma i compiti delle vacanze non c'entrano nulla. Sono spessissimo uno stanco rito di fine anno scolastico, quando docenti stremati si affidano ai mille libretti o manuali delle vacanze, a generiche sequenze di esercizi ripetitivi o a corposi elenchi di argomenti, piuttosto che costruire percorsi individuali (o almeno differenziati) di approfondimento e di lettura. L'esito più comune di questi sforzi estivi degli alunni è quello di essere completamente ignorato a settembre. Alzi la mano, visto che siamo in ambito scolastico..., chi, da alunno, li ha eseguiti tutti diligentemente o, da insegnante, si è fatto carico a settembre di controllare e riprogrammare partendo dai loro esiti. 
D'altronde gli insegnanti stessi non accetterebbero mai di interrompere o limitare le proprie vacanze, vissute spesso ancora con aspettative adolescenziali, partecipando a corsi di formazione, riunioni di progettazione ecc. I più motivati, al massimo, si aggiornano diligentemente leggendo e studiando con i propri tempi personali e familiari. 
Mi auguro però, dal piglio del preside Lazzarini, che i compiti delle vacanze del Fermi di Bologna siano sequenze intelligenti di attività propedeutiche alla ripresa dell'anno successivo. Altrimenti, almeno su questo, avrebbero ragione i genitori..

La lettera autografa del Preside

lunedì 12 settembre 2016

Il manifesto di Ventotene, 2



La catastrofe del nazionalismo



Segue da: Il manifesto, gli autori


Gli autori sicuramente si rivoltano nella tomba. Non resisto alla tentazione di usare questa frase fatta, cara ai nostalgici di Berlinguer, dei partigiani e presto anche a quelli di Gian Roberto Casaleggio, ma non trovo di meglio. 
L'ultimo oltraggio è stato essere ricordati, e venerati come guida, dai tre personaggi nella foto, che, al di là dei meriti e dei demeriti personali e contingenti, stanno percorrendo una strada che non è un lento e cauto avvicinamento agli ideali dei padri, ma una sostanziale, e temo irreversibile, deviazione.
Sicuramente la Merkel ha dimostrato coraggio nel suo parlamento a proposito di profughi siriani (magari laureati e utili all'economia tedesca..), sicuramente Renzi ogni tanto alza la voce sulla ridistribuzione dei profughi, seppur con scarsi risultati, ma giustamente sottolinea il coraggio e l'impronta fortemente etica degli italiani che salvano in mare, sicuramente Holland.. già: che fa questo, oltre a farsi pagare il muro di Calais dagli inglesi della brexit? 



Va in motorino, l'uomo normale che va in motorino..e vieta il bourkini. Meriterebbe una vignetta di Charlie o no?



Ma torniamo a Ventotene. Gli autori, della più disparata provenienza politica, vagavano esuli per le stradine di Ventotene, ma, anche se isolati dal resto del mondo, dalle informazioni sulla guerra, volavano alto (altra frase fatta..) e ragionavano di storia, società, cultura e soprattutto di futuro, capacità, quest'ultima, sconosciuta ai leader attuali che al massimo arrivano all'elezione successiva.

E, ragionando ragionando, trovavano che il disastro delle due guerre mondiali era dovuta allo sfrenato, pur se necessario affermarsi del nazionalismo, seguito al disfacimento dei due imperi, austroungarico e ottomano, e intuivano come l'unico antidoto a tragedie future fosse il suo superamento. E intuivano pure che l'applicazione a livello solo nazionale degli ideali dei democratici (così genericamente definivano e si autodefinivano quelli di loro che professavano ideologia liberale) e degli ideali socialisti avrebbe ben presto portato al risorgere delle contraddizioni sociali, economiche e di classe, che erano state terreno fertile per la nascita delle dittature che tutto avevano spazzato in precedenza.
Ebbene sì, tutti e tre si definivano progressisti, contrari ai reazionari, proiettati verso un mondo futuro, dove l'unico antidoto al prevalere degli uni sugli altri, delle classi dominanti sui proletari, dei ricchi sui poveri, dei militari sul popolo, non poteva che essere la condivisione internazionale delle scelte economiche, dell'esercito e l'abbattimento delle barriere doganali.
Ma quello che di essi farebbe adesso dei pericolosi estremisti era che ipotizzavano che tutto questo si potesse raggiungere sia per accordi diplomatici progressivi, sia per sollevazione popolare. Ma più lucidamente delineavano i rischi del lasciare le cose come stavano allora: prima o poi,  essi sostenevano, sia da regimi "democratici", sia da regimi collettivistici i nazionalismi sarebbero potuti risorgere. Ma a questo punto conviene leggere l'originale:

Come sia finita è sotto gli occhi di tutti. Sicuramente l'abbozzo di unità europea, costruita blandamente sui principi generali che troverete in conclusione, ha assicurato settanta anni di pace, di libero scambio e, per un ventennio, anche di libera circolazione. Provate adesso ad attraversare la frontiera con la Francia o con l'Austria in treno! Ma il superamento del nazionalismo è stato (ingenuamente?) affidato alla moneta unica, cioè a quello che avrebbe dovuto essere l'ultimo passaggio e la cui anticipazione ha favorito l'egemonia delle economie più forti, limitando i danni per qualche tempo alle economie deboli, per poi riversare su di esse i costi umani, sociali ed economici alla prima vera crisi. Il sistema economico e politico sovranazionale è diventato, quindi,  proprietà privata dei ragionieri di Bruxelles.  Alle oligarchie militari si sono sostituite quelle degli economisti, alle élites politiche quelle degli analisti di bilanci.
Non sono stati costituiti organi politici saldamente democratici, cioè espressione della volontà popolare, fatta eccezione per uno scolorito parlamento, che poco o nulla decide. Si sono moltiplicati vincoli ed accordi europei, divenuti solo facile alibi dei politici nazionali: "ce lo chiede l'Europa!", quando si tratta di appesantire vincoli e procedure. Un castello fragile destinato a crollare miseramente di fronte a una vera grande crisi, come quella dei migranti, che, per i fantasmi che evoca nelle menti deboli e nell'immaginario collettivo, è assai peggio della crisi economica del 2008.  Adesso "democratici" pavidi,  che talvolta si autodefiniscono socialisti,  timorosi delle paure popolari e dei relativi sciacalli nazionali, chinano il capo alle loro richieste, tentano scioccamente di inseguirli nel loro stesso campo, quello delle paure, dei muri, del filo spinato, della difesa dei privilegi (quali? quelli delle classi dominanti..), e, ciliegina, si portano avanti disgregando lo stato sociale e le conquiste dei lavoratori. Ecco si, proprio su questo, anche il più liberale dei padri di Ventotene si rivolterebbe nella tomba..    

"Tali principi si possono riassumere nei seguenti punti: esercito unico federale, unità monetaria, abolizione delle barriere doganali e delle limitazioni all'emigrazione tra gli stati appartenenti alla federazione, rappresentanza diretta dei cittadini ai consessi federali, politica estera unica"

domenica 11 settembre 2016

Controcorrente: Il sottovalutatore

Il sottovalutatore

Cercare le cause della iniziale disfatta della giunta Raggi nella cattiva stampa o stigmatizzare l'eccessivo martellamento di quest'ultima sulle vicende romane come strumento per deviare l'attenzione da altri e ben più gravi problemi nazionali, potrebbe apparire un po' patetico, se non fosse un grave sintomo patologico per la nostra democrazia. Lo fanno adesso i pentastellati duri e puri, ma dello stesso inconsapevole strumento psicologico di sopravvivenza si avvalgono a piene mani anche Renzi e i suoi seguaci.
Chi si meraviglia della straordinaria ipervalutazione delle vicende romane o la considera un complotto "demoplutomassonico" contro un onesto e coraggioso tentativo di mutare i rapporti di forza con i "poteri forti romani" dimentica due cose: primo che Roma è la capitale d'Italia e tra le città più disastrate del mondo, secondo che al di là degli editoriali al vetriolo di un Merlo o di un Gramellini, la cosiddetta classe dirigente del M5S sta dando uno spettacolo veramente infimo. Al punto di aver suggerito a qualche bello spirito una nuova denominazione della ditta: 'mo Vi mento", dopo quella ormai passata di moda di Movimento 5 espelle". 
Bene farebbero i difensori ad oltranza, che non si avvedono che tale perseveranza miope si ritorce tutta contro ogni speranza di reale cambiamento, a rispondere nel merito e non fideisticamente ad alcune domande fondamentali:
  • Chi è veramente Virginia Raggi? Può un politico o un amministratore materializzarsi realmente dal nulla senza far correre pericoli gravissimi al "movimento" e conseguentemente alla democrazia?
  • Di chi sono i voti che l'hanno fatta stravincere al ballottaggio? Sono estranei al vecchio assetto di potere della giunta Alemanno?
  • Come si spiega la pervicace insistenza a circondarsi di alcuni personaggi del passato?
  • Perchè la Raggi, o chi per lei, ha scelto la trevigiana Paola Muraro, esperta di rifiuti sì, ma anche retribuita per anni dall'AMA e in passato favorevole anche agli inceneritori (per inciso la vexata quaestio, che ha portato al disconoscimento del mite Pizzarotti)?
  • Visto che la neo sindaca ha "confessato" in commissione al Senato di essere a conoscenza del famigerato avviso di garanzia alla sua assessora già del 18 luglio, perchè non ha applicato le "ferree" (ma in realtà molto elastiche) regole del movimento che considera un avviso di garanzia la più  grave  colpa di cui può macchiarsi un amministratore (facile pensarlo per chi non ha mai amministrato neanche un condominio e non sa quanti trabocchetti pullulano nelle normative) ?
  • Perchè la medesima ferrea regola è stata applicata al prode pensionato de Dominicis, licenziato in meno di 48 ore?
  • Last, but not least, da quale ambiente proviene l'avvocato Raggi? ha avuto veramente a che fare con lo studio Previti? non che questa sia una colpa, ma caratterizza, bisogna ammetterlo, in modo molto divergente dalle famose cinque stelle del simbolo (qualcuno le ricorda? acqua pubblica, mobilità sostenibile, sviluppo, connettività e ambiente..) 
A conclusione di questo ipotetico bagno di verità e non di fede, il seguace medio del movimento, continuando ad usare il raziocinio e il disincanto che sicuramente non gli mancano, come alla media degli italiani, potrebbe chiedersi perchè non c'è stato alcun can can intorno alla torinese Appendino, che tuttavia ha spodestato un boss del PD, sostenitore del SI al referendum e capo potentissimo dell'ANCI.  E potrebbe poi continuare (oggi distribuisco per l'ultima volta consigli non retribuiti..) chiedendosi di chi sono i voti che l'hanno fatta vincere e in quale area si collocano. Per arrivare, alla fine, alla domanda clou che tutti gli italiani dovrebbero porsi: ma allora la differenza tra destra e sinistra, come modo di affrontare le scelte politiche e talvolta anche quelle di vita, esiste ancora? e se si, a che scopo fare confusione: per raccattare voti di cui poi non si sa cosa farsene?
Rabbrividendo penso però ad una pesante analogia con un lontano passato, in cui le giovanilistiche intemperanze  e le legittime aspirazioni al cambiamento, furono condotte, da mani esperte, ben guidate e foraggiate, nel baratro totalitario.


Il deus ex machina
Il valutatore

e l'infame sorrise..


Per chi volesse sapere qualcosa delle scelte di Torino: 
La giunta Appendino

martedì 6 settembre 2016

Il manifesto di Ventotene, 1



Gli autori. 








Per i nostri giorni conformisti, proni ai poteri forti, alle multinazionali, allo strapotere del web, alle banche, alla potenza delle immagini e "dell'immagine", sarebbero pericolosi estremisti. Poco meno che dei black bloc, altro che padri costituenti! Quelli di adesso sono di ben altra pasta (molle)... Ma si sa allora i padri erano molto giovani e spesso delle teste calde o quanto meno difficilmente assimilabili agli schemi correnti del tempo.
Nel 1941 si trovarono insieme al "confino" di Ventotene Eugenio Colorni, socialista, Ernesto Rossi, liberale e Altiero Spinelli, ex comunista. 


Eugenio Colorni, classe 1909, giovane filosofo, aderì da socialista al movimento giustizia e Libertà; fu arrestato nel 1938 perchè ebreo e antifascista, condannato al carcere poi mutato in confino (domicilio coatto). Colorni, trasferito a poi a Melfi, per l'interessamento del filosofo Giovanni Gentile, fuggì a Roma dove prese parte attiva alla resistenza. cadendo ucciso per mano della famigerata banda Koch nel 1944. 




Ernesto Rossi, classe 1897, il "democratico ribelle", pensatore laico e liberale, dopo l'adesione giovanile al fascismo, come egli stesso racconta, comprese ben preso gli orrori del fascismo: "Se non avessi incontrato sulla mia strada al momento giusto Salvemini, che mi ripulì il cervello da tutti i sottoprodotti della passione suscitata dalla bestialità dei fascisti e dalla menzogna della propaganda governativa, sarei facilmente sdrucciolato anch'io nei Fasci da combattimento". Intransigente antifascista e acceso anticlericale, scontò nove anni di carcere e quattro di confino a Ventotene.


Altiero Spinelli, classe 1907, dopo avere aderito al Partito comunista, fu arrestato nel 1927 e condannato a 16 anni di carcere, Dal 1939 al 43 fu  anch'egli al confino di Ventotene, dove iniziò a dissociarsi dal comunismo staliniano, sino all'espulsione dal partito nel 1937.







La comica finale

Informazioni

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