La dichiarazione del Presidente Napolitano
Il testo integrale
"La preoccupazione fondamentale, comune alla stragrande
maggioranza degli italiani, è lo sviluppo di un'azione di governo che, con
l'attivo e qualificato sostegno del Parlamento, guidi il paese sulla via di un
deciso rilancio dell'economia e dell'occupazione. In questo senso hanno operato
le Camere fino ai giorni scorsi, definendo importanti provvedimenti; ed
essenziale è procedere con decisione lungo la strada intrapresa, anche sul
terreno delle riforme istituzionali e della rapida ( nei suoi aspetti più
urgenti ) revisione della legge elettorale. Solo così si può accrescere la
fiducia nell'Italia e nella sua capacità di progresso. Fatale sarebbe invece
una crisi del governo faticosamente formatosi da poco più di 100 giorni; il
ricadere del paese nell'instabilità e nell'incertezza ci impedirebbe di
cogliere e consolidare le possibilità di ripresa economica finalmente
delineatesi, peraltro in un contesto nazionale ed europeo tuttora critico e
complesso.
Ho perciò apprezzato vivamente la riaffermazione - da parte
di tutte le forze di maggioranza - del sostegno al governo Letta e al suo
programma, al di là di polemiche politiche a volte sterili e dannose, e di
divergenze specifiche peraltro superabili.
Non mi nascondo, naturalmente, i rischi che possono nascere
dalle tensioni politiche insorte a seguito della sentenza definitiva di
condanna pronunciata dalla Corte di Cassazione nei confronti di Silvio
Berlusconi. Mi riferisco, in particolare, alla tendenza ad agitare, in
contrapposizione a quella sentenza, ipotesi arbitrarie e impraticabili di
scioglimento delle Camere.
Di qualsiasi sentenza definitiva, e del conseguente obbligo
di applicarla, non può che prendersi atto. Ciò vale dunque nel caso oggi al
centro dell'attenzione pubblica come in ogni altro.
In questo momento è legittimo che si manifestino riserve e
dissensi rispetto alle conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione nella
scia delle valutazioni già prevalse nei due precedenti gradi di giudizio; ed è
comprensibile che emergano - soprattutto nell'area del PdL - turbamento e
preoccupazione per la condanna a una pena detentiva di personalità che ha
guidato il governo ( fatto peraltro già accaduto in un non lontano passato ) e
che è per di più rimasto leader incontrastato di una formazione politica di
innegabile importanza. Ma nell'esercizio della libertà di opinione e del
diritto di critica, non deve mai violarsi il limite del riconoscimento del
principio della divisione dei poteri e della funzione essenziale di controllo
della legalità che spetta alla magistratura nella sua indipendenza. Né è
accettabile che vengano ventilate forme di ritorsione ai danni del
funzionamento delle istituzioni democratiche.
Intervengo oggi --- benché ancora manchino alcuni
adempimenti conseguenti alla decisione della Cassazione --- in quanto sono
stato, da parecchi giorni, chiamato in causa, come Presidente della Repubblica,
e in modo spesso pressante e animoso, per risposte o "soluzioni" che
dovrei e potrei dare a garanzia di un normale svolgimento, nel prossimo futuro,
della dialettica democratica e della competizione politica.
A proposito della sentenza passata in giudicato, va innanzi
tutto ribadito che la normativa vigente esclude che Silvio Berlusconi debba
espiare in carcere la pena detentiva irrogatagli e sancisce precise
alternative, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso
concreto.
In quanto ad attese alimentate nei miei confronti, va
chiarito che nessuna domanda mi è stata indirizzata cui dovessi dare risposta.
L'articolo 681 del Codice di Procedura Penale, volto a
regolare i provvedimenti di clemenza che ai sensi della Costituzione il
Presidente della Repubblica può concedere, indica le modalità di presentazione
della relativa domanda. La grazia o la commutazione della pena può essere
concessa dal Presidente della Repubblica anche in assenza di domanda. Ma
nell'esercizio di quel potere, di cui la Corte costituzionale con sentenza del
2006 gli ha confermato l'esclusiva titolarità, il Capo dello Stato non può
prescindere da specifiche norme di legge, né dalla giurisprudenza e dalle
consuetudini costituzionali nonché dalla prassi seguita in precedenza. E negli
ultimi anni, nel considerare, accogliere o lasciar cadere sollecitazioni per
provvedimenti di grazia, si è sempre ritenuta essenziale la presentazione di
una domanda quale prevista dal già citato articolo del C.p.p.. Ad ogni domanda
in tal senso, tocca al Presidente della Repubblica far corrispondere un esame
obbiettivo e rigoroso --- sulla base dell'istruttoria condotta dal Ministro
della Giustizia --- per verificare se emergano valutazioni e sussistano
condizioni che senza toccare la sostanza e la legittimità della sentenza
passata in giudicato, possono motivare un eventuale atto di clemenza
individuale che incida sull'esecuzione della pena principale.
Essenziale è che si possa procedere in un clima di comune
consapevolezza degli imperativi della giustizia e delle esigenze complessive
del Paese.
E mentre toccherà a Silvio Berlusconi e al suo partito
decidere circa l'ulteriore svolgimento - nei modi che risulteranno
legittimamente possibili - della funzione di guida finora a lui attribuita,
preminente per tutti dovrà essere la considerazione della prospettiva di cui
l'Italia ha bisogno. Una prospettiva di serenità e di coesione, per poter
affrontare problemi di fondo dello Stato e della società, compresi quelli di
riforma della giustizia da tempo all'ordine del giorno. Tutte le forze
politiche dovrebbero concorrere allo sviluppo di una competizione per
l'alternanza nella guida del paese che superi le distorsioni da tempo
riconosciute di uno scontro distruttivo, e faciliti quell'ascolto reciproco e
quelle possibilità di convergenza che l'interesse generale del paese richiede.
Ogni gesto di rispetto dei doveri da osservare in uno Stato
di diritto, ogni realistica presa d'atto di esigenze più che mature di
distensione e di rinnovamento nei rapporti politici, sarà importante per
superare l'attuale difficile momento".
Roma, 13 agosto 2013
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