martedì 23 aprile 2013


Applausi ipocriti
lacrime di coccodrillo e marce su Roma rinviate a data da destinarsi 


Napolitano ha compiuto diversi passi falsi che solo l’età e la sua personalità sostanzialmente moderata possono parzialmente giustificare, ma davanti alle camere riunite è sembrato un leone, l’unico mosso da emozioni  reali, l’unico in buona fede, convinto di fare il bene del paese.

Gli ipocriti che applaudivano, mentre venivano bacchettati, nonché quelli in religioso silenzio, avevano ciascuno le proprie ragioni per essere contenti, mentre il bene del Paese, tutti, per un verso o per l’altro, nei due mesi scorsi l’avevano posto sotto i tacchi.
Tutti, tranne forse un manipolo di giovani idealisti, ancora non compromessi,  arrivati in parlamento in gran parte con M5S e con le primarie di PD e SEL.

Gli altri, tutti contenti; intanto lo scioglimento delle camere si allontana, a destra ci si può rimettere in gioco sotto l’ombra del caimano, che vede allontanarsi le manette o quanto meno gli arresti domiciliari e la non eleggibilità e avvicinarsi i tempi di prescrizione; al centro e in Padania  si riaprono i termini di estinzione;  a sinistra si riaprono le lotte per il potere personalistico  e se gli autoconvocati dell’11 maggio non saranno veloci e intelligenti, c’è il rischio che i soliti noti riescano ancora una volta ad appropriarsi del marchio di fabbrica.
E, infine, il deus ex-camper, del M5S, che alterna momenti di isteria a momenti di ragionevolezza, dopo il test Friuli, sarà contento anche lui di rimandare il più possibile la prossima tornata elettorale.

Il bene del paese, l’abbassamento del debito pubblico,  la disoccupazione,  il taglio dei fondi al welfare,  il  PIL in caduta libera, le imprese che chiudono, la posizione dell’Italia nell’Europa e il contributo alla spinta per la fine dell’austerità,  le riforme istituzionali (che non sono solo il taglio al finanziamento dell’attività politica e il bavaglio alla magistratura inquirente), l’oppressione e l’evasione fiscale….tutto questo può aspettare ancora un paio d’anni, a meno che qualcuno, dopo qualche mese,  non fiuti aria di vittoria facile con elezioni anticipate: allora si staccherà la spina e si darà la colpa agli altri degli errori del governo (che non era il nostro e che ci è stato imposto da Napolitano!). Un copione già visto.

Confidiamo nell’11 maggio!  Se devo stare all'opposizione per altri 40 anni, almeno voglio farlo in buona compagnia!

P.M. 

lunedì 22 aprile 2013


Parole come pietre - La differenza tra la sinistra e i 

gattopardi 


Sono e resto un uomo di sinistra


CARO direttore, non è mia abitudine replicare a chi critica le mie scelte o quel che scrivo. Ma l'articolo di ieri di Eugenio Scalfari esige alcune precisazioni, per ristabilire la verità dei fatti. E, soprattutto, per cogliere il senso di quel che è accaduto negli ultimi giorni. Si irride alla mia sottolineatura del fatto che nessuno del Pd mi abbia cercato in occasione della candidatura alla presidenza della Repubblica (non ho parlato di amici che, insieme a tanti altri, mi stanno sommergendo con migliaia di messaggi). E allora: perché avrebbe dovuto chiamarmi Bersani? Per la stessa ragione per cui, con grande sensibilità, mi ha chiamato dal Mali Romano Prodi, al quale voglio qui confermare tutta la mia stima. Quando si determinano conflitti personali o politici all'interno del suo mondo, un vero dirigente politico non scappa, non dice "non c'è problema ", non gira la testa dall'altra parte. Affronta il problema, altrimenti è lui a venir travolto dalla sua inconsapevolezza o pavidità. E sappiamo com'è andata concretamente a finire.

La mia candidatura era inaccettabile perché proposta da Grillo? E allora bisogna parlare seriamente di molte cose, che qui posso solo accennare. È infantile, in primo luogo, adottare questo criterio, che denota in un partito l'esistenza di un soggetto fragile, insicuro, timoroso di perdere una identità peraltro mai conquistata. Nella drammatica giornata seguita all'assassinio di Giovanni Falcone, l'esigenza di una risposta istituzionale rapida chiedeva l'immediata elezione del presidente della Repubblica, che si trascinava da una quindicina di votazioni. Di fronte alla candidatura di Oscar Luigi Scalfaro, più d'uno nel Pds osservava che non si poteva votare il candidato "imposto da Pannella". Mi adoperai con successo, insieme ad altri, per mostrare l'infantilismo politico di quella reazione, sì che poi il Pds votò compatto e senza esitazioni, contribuendo a legittimare sé e il Parlamento di fronte al Paese.

Incostituzionale il Movimento 5Stelle? Ma, se vogliamo fare l'esame del sangue di costituzionalità, dobbiamo partire dai partiti che saranno nell'imminente governo o maggioranza. Che dire della Lega, con le minacce di secessione, di valligiani armati, di usi impropri della bandiera, con il rifiuto della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, con le sue concrete politiche razziste e omofobe? È folklore o agire in sé incostituzionale? E tutto quello che ha documentato Repubblica
nel corso di tanti anni sull'intrinseca e istituzionale incostituzionalità dell'agire dei diversi partiti berlusconiani? Di chi è la responsabilità del nostro andare a votare con una legge elettorale viziata di incostituzionalità, come ci ha appena ricordato lo stesso presidente della Corte costituzionale? Le dichiarazioni di appartenenti al Movimento 5Stelle non si sono mai tradotte in atti che possano essere ritenuti incostituzionali, e il loro essere nel luogo costituzionale per eccellenza, il Parlamento, e il confronto e la dialettica che ciò comporta, dovrebbero essere da tutti considerati con serietà nella ardua fase di transizione politica e istituzionale che stiamo vivendo.

Peraltro, una analisi seria del modo in cui si è arrivati alla mia candidatura, che poteva essere anche quella di Gustavo Zagrebelsky o di Gian Carlo Caselli o di Emma Bonino o di Romano Prodi, smentisce la tesi di una candidatura studiata a tavolino e usata strumentalmente da Grillo, se appena si ha nozione dell'iter che l'ha preceduta e del fatto che da mesi, e non soltanto in rete, vi erano appelli per una mia candidatura. Piuttosto ci si dovrebbe chiedere come mai persone storicamente appartenenti all'area della sinistra italiana siano state snobbate dall'ultima sua incarnazione e abbiano, invece, sollecitato l'attenzione del Movimento 5Stelle. L'analisi politica dovrebbe essere sempre questa, lontana da malumori o anatemi.

Aggiungo che proprio questa vicenda ha smentito l'immagine di un Movimento tutto autoreferenziale, arroccato. Ha pubblicamente e ripetutamente dichiarato che non ero il candidato del Movimento, ma una personalità (bontà loro) nella quale si riconoscevano per la sua vita e la sua storia, mostrando così di voler aprire un dialogo con una società più larga. La prova è nel fatto che, con sempre maggiore chiarezza, i responsabili parlamentari e lo stesso Grillo hanno esplicitamente detto che la mia elezione li avrebbe resi pienamente disponibili per un via libera a un governo. Questo fatto politico, nuovo rispetto alle posizioni di qualche settimana fa, è stato ignorato, perché disturbava la strategia rovinosa, per sé e per la democrazia italiana, scelta dal Pd. E ora, libero della mia ingombrante presenza, forse il Pd dovrebbe seriamente interrogarsi su che cosa sia successo in questi giorni nella società italiana, senza giustificare la sua distrazione con l'alibi del Movimento 5Stelle e con il fantasma della Rete.

Non contesto il diritto di Scalfari di dire che mai avrebbe pensato a me di fronte a Napolitano. Forse poteva dirlo in modo meno sprezzante. E può darsi che, scrivendo di non trovare alcun altro nome al posto di Napolitano, non abbia considerato che, così facendo, poneva una pietra tombale sull'intero Pd, ritenuto incapace di esprimere qualsiasi nome per la presidenza della Repubblica.
Per conto mio, rimango quello che sono stato, sono e cercherò di rimanere: un uomo della sinistra italiana, che ha sempre voluto lavorare per essa, convinto che la cultura politica della sinistra debba essere proiettata verso il futuro. E alla politica continuerò a guardare come allo strumento che deve tramutare le traversie in opportunità.

(Da "La Repubblica" di oggi)

Vivi Mestrino- candidati

Assemblea generale di Vivi Mestrino
Presentazione dei candidati


L'assemblea di Vivi Mestrino, il 16 aprile scorso, ha approvato la lista definitiva dei candidati proposta dal comitato elettorale che ha così concluso un lavoro intelligente e minuzioso, fatto alla luce del sole e senza pregiudizi.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: una squadra completamente rinnovata, dove non ci sono portatori di interessi, né rappresentanti delle grandi famiglie, dove non è stato rincorso il nuovo a tutti i costi,  ma la qualità, la competenza, la passione e l'impegno disinteressato per il bene comune.

Ecco i volti e i nomi:


Simone Dalla Libera, ingegnere, candidato sindaco



Paolo Menallo, dirigente scolastico
Elena Taccon.impiegata



Dino Pianta, pensionato
Antonio Ravazzolo, dirigente
Giorgio Giacomini, geometra          
Ciro Rossetti, medico

           
Nicola Gottardo, artigiano







Stefano Pandolfo, imprenditore
                Maria Rita Mantoan, insegnante

Mirko Meneghini tecnico ambientale
Simona Vettore, tecnico del restauro
Barbara Bano, formatrice
Cristian Corsini, commerciante
Marta Pedron, studentessa
Romina Piva, addetta mensa
Matteo Guerra, infermiere, caposala 


















giovedì 18 aprile 2013

Il casolare di Impastato

Il casolare di Impastato e la scuola di Barbiana
 il casolare
Salviamo il casolare di Impastato

Ho visitato quest'estate la Scuola di Barbiana nel comune di Vicchio, il luogo simbolo della rivoluzione didattica, umana e religiosa partita da don Lorenzo Milani; una stretta al cuore è dire poco: abbandono, sporcizia, difficoltà di trovare la strada, solitudine, oblio. Tutto questo sinché nessuno più si ricorderà di don Lorenzo, della disubbidienza civile, della scuola per i poveri, della lotta all'emarginazione e sarà disperso un patrimonio inestimabile di cultura, volontà, innovazione. Eppure la piscina la "piscina" è ancora li a testimoniare la lungimiranza del prete, nato ebreo, e morto abbandonato da tutti, rinato nella coscienza e nella pratica quotidiana di chi ha fatto scuola da quegli anni in poi.
Barbiana

Il medesimo sentimento si prova quando si cerca, tra le sterpaglie il casolare dove avvenne il delitto Impastato a Cinisi, all'altro capo dell'Italia, un inedito elemento di unificazione!

Il casolare dove fu trucidato Peppino Impastato il 9 maggio del 1978, divenuto un luogo simbolo della lotta alla mafia, si trova in  un indecoroso stato di abbandono e degrado.

Giovanni Impastato e l'associazione a cui fa capo lancia una raccolta di firme per spingere l'attuale amministrazione regionale siciliana a prendersi carico del luogo, conservando l'integrità del casolare e la memoria che esso rappresenta.  



Giovanni Impastato al casolare
Per farlo si può mandare una mail con il testo riportato sotto all'indirizzo: casolareimpastato@100passi.net:

"A Rosario Crocetta, Presidente della regione Sicialiana
 vengo a conoscenza che il Casolare dove fu trucidato Peppino Impastato versa in stato di degrado. Credo che la Regione Siciliana abbia il dovere di tenere alto il decoro di un luogo della memoria. Per questo, nel rispetto dell'impegno antimafia di Peppino Impastato e di tutti coloro che sono morti per non avere abbassato la testa, chiedo che la procedura promessa dal precedente governo regionale venga realmente attivata con determinazione e che il casolare venga espropriato e consegnato alla collettività.
Confidando nella Sua sensibilità e nel Suo impegno nella lotta alla mafia, La ringrazio anticipatamente per l'attenzione che dedicherà alla mia richiesta. Cordiali saluti". (firma)

In alternativa alla mail è possibile partecipare alla petizione on line attivata dal centro Impastato e che conta ormai quasi 30.000 adesioni. 






martedì 16 aprile 2013


Analisi dei flussi elettorali. 


Una recente analisi dei flussi del voto politico del 2013, effettuata dall'Istituto Cattaneo di Bologna, conferma quanto in modo alquanto empirico avevo desunto dall'analisi del voto a Mestrino,  fornendo, però, solidi elementi sull'andamento del voto per le tre macro aree: nord, zona “rossa”, centro sud.
Vediamo in sintesi i dati forniti.
Ovviamente il dato più interessante è quello che analizza la provenienza dei voti del M5S e qui si trovano alcune conferme delle prime analisi e alcune significative sorprese.
Nelle 4 città del nord analizzate (Torino, Milano, Brescia, Padova) i tributi più alti al movimento provengono da PD e Lega Nord: a Torino e Brescia il 30% degli elettori “grillini” (cosiddetti per semplicità) proviene dal PD, mentre a Milano e a Padova questa percentuale si dimezza. A Padova,  in particolare, la metà degli elettori di M5S viene dalla Lega.
Per quanto riguardo l’apporto degli astenuti alle elezioni precedenti, molto alto il dato di Torino e Milano, quasi insignificante nelle altre due città prese in esame.
Nelle città della zona rossa, l’apporto del PD è ancora più elevato: oltre il 50% dei voti grillini proviene da sinistra.

Tutta un’altra storia nel centro sud: a Roma, Reggio Calabria e Catania, gli ex PD rappresentano una quota secondaria dell’elettorato grillino, che attinge in maniera massiccia dal PDL e dall’MPA.
Molto variabile l’afflusso proveniente dal non voto:  marginale a Napoli e Reggio Calabria, sino a un terzo dell’elettorato complessivo di M5S a Roma e Catania.
In tutte le zone, infine, appare significativo l’apporto dalla sinistra radicale e dall’estrema destra.


To
Mi
Bs
Pd
Bo
Fi
An
Roma
Na
RC
Ct
C sin
63,1
36,5
50,0
35,7
65,0
64,1
62,2
26,9
60,9
36,1
24,5
Centro
0,0
5,7
0,6
7,8
0,9
1,3
11,1
1,5
3,8
0,2
11,3
C dx
11,3
37,9
49,4
55,4
24,1
12,5
14,0
36,5
29,1
57,9
36,5
Astenuti
25,6
19,9
0,0
1,1
10,0
22,1
12,7
35,1
6,2
5,8
27,7
tot
100
100
100
100
100
100
100
100
100
100
100
Provenienza dei voti M5S


In sintesi: gli elementi di analisi del voto mettono in luce due aspetti contraddittori del voto a M5S: da una parte l’aspetto positivo, relativo alla rimotivazione di elettori prima astenuti; ma questo dato è significativo solo a Roma, Catania, Torino, Firenze e Milano, mentre a Brescia, Padova, Reggio Calabria e Napoli il fenomeno è trascurabile.
Dall’altra parte, l’aspetto negativo, consistente nell’aver coagulato in un calderone indistinto non solo il voto di destra e di sinistra, ma anche  il voto di protesta, dalla Lega, dalla sinistra radicale e dall’estrema destra, con la conseguente possibile paralisi decisionale nel momento in cui il movimento dovrà affrontare scelte concrete alla quali sinora si è in larga parte sottratto e nel momento in cui dovrà rendere conto dei risultati ai suoi elettori, che legittimamente hanno aspettative molto diversificate. Se si guarda alla provenienza dei voti e alle esperienze pregresse dei candidati e degli eletti,  Grillo ha ragione da vendere quando “dice” che il movimento non è di destra, né di sinistra; ma ancora nessuno sa cosa sia, se non in termini generici, embrionali, talvolta misteriosi e perciò stesso inquietanti.
Un ulteriore interrogativo al quale risponde l’analisi del Cattaneo è quello della sorte dei voti in libera uscita dal PDL, che è utile ricordare, sono stati 6,3 milioni!  Sembra che al Nord siano confluiti su Monti, mentre al sud si sono rintanati nell’astensionismo.
Infine Monti: il contributo dei berlusconiani pentiti è maggioritario, mentre è infimo l’apporto dei liberal del PD.
 Fonte dei dati: Istituto Cattaneo.
Per i dettagli dei flussi, città per città, vedi: www.cattaneo.org

Con il Porcellum rivotare è inutile 





Esiste un problema che molti protagonisti della politica italiana e i mercati non hanno ancora messo bene a fuoco. L'Italia di oggi è in condizioni peggiori della Grecia di ieri. In Grecia dopo un turno elettorale inconcludente si è tornati a votare in tempi brevi con lo stesso sistema elettorale e si è formato un governo. Da noi non si può fare. Votare di nuovo senza cambiare la legge elettorale del Senato equivale a puntare alla roulette. La pallina potrebbe finire nella casella giusta oppure no. Ma le probabilità di un esito negativo sono molte più alte di quelle di un esito positivo.
E allora cosa facciamo? Continuiamo a votare finché la fortuna non ci arride? È la terza volta che si è votato con il cosiddetto Porcellum e solo in un caso - nel 2008 - il sistema ha prodotto un vero vincitore al Senato. Allora la coalizione di Berlusconi ottenne 174 seggi. Ci riuscì perché la competizione era sostanzialmente bipolare e il Cavaliere con i suoi alleati prese il 46,9% dei voti contro 37,9% della coalizione di Veltroni. Questa asimmetria di risultati fu il fattore decisivo, anche se non il solo, che consentì di neutralizzare gli effetti della lotteria dei 17 premi regionali. In queste elezioni invece il quadro è stato completamente diverso. La competizione era quadripolare né c'è stato un polo che ha distanziato nettamente gli altri. Anzi, tre poli su quattro erano di dimensioni più o meno simili. E andata come è andata.
Se si tornasse a votare fra qualche mese il quadro politico sarà quello del 2008 o più verosimilmente quello del 24-25 Febbraio scorso? E allora su che base si può immaginare che il voto produca un esito diverso? È possibile che l'offerta politica e le preferenze degli italiani cambino in poco tempo tanto radicalmente da consentire la creazione di una maggioranza anche al Senato? Forse lo pensa Grillo che magari già si vede vincitore in tutte le 17 regioni. E lo pensano anche coloro che ripongono in Renzi la speranza che possa fare quello che a Veltroni non riuscì nel 2008. Sono due ipotesi che non si possono escludere a priori. Ma oggi, in una situazione così fluida, è lecito sollevare dei dubbi che questo possa accadere.
La strada maestra per la governabilità è un'altra. Prima di tornare a votare occorre fare la riforma elettorale, e non solo. Quale riforma e con quale maggioranza? Sono due domande che in questo momento non hanno risposta. La cosa più semplice sarebbe introdurre il premio a livello nazionale anche al Senato. Ma da sola questa modifica non basterebbe perché, per non correre il rischio di due maggioranze diverse nelle due camere, si deve dare il voto ai diciottenni al Senato, cosa che si sarebbe dovuto fare molto tempo fa. Ma si tratta di una riforma costituzionale. Si può approvare in tempi brevi? Difficile. Ma se anche si potesse, come si fa a tornare a votare con un sistema che ha molti altri difetti oltre a quello legato ai premi regionali?
La strada più semplice non è la migliore. Per porre le basi di una vera governabilità occorre fare delle scelte chiare su sistema di voto, forma di governo e bicameralismo. Sono cose dette e ridette. Bisogna scegliere tra modello italiano e modello francese. Il primo è quello dei comuni, delle province e delle regioni: elezione diretta del capo dell'esecutivo (con un turno o due turni) e maggioranza di seggi garantita a chi vince (grazie al premio). Il secondo è basato su una doppia elezione: elezione diretta del presidente della repubblica con ballottaggio e elezione dei parlamentari in collegi uninominali con sistema a due turni. In entrambi i casi si deve ridurre il numero dei parlamentari e superare il bicameralismo perfetto lasciando alla sola Camera la fiducia al governo.
Sul piano elettorale il modello italiano ha un vantaggio rispetto a quello francese: crea una maggioranza in qualunque condizione di frammentazione partitica, o come di dice in gergo, è majority assuring. Il vantaggio di quello francese è il collegio uninominale maggioritario. È possibile che l'attuale crisi produca un governo capace di affrontare questioni come queste? Speriamo. La stabilità e la funzionalità della nostra democrazia dipendono da quello che i partiti sapranno fare in tema di riforma delle istituzioni e della politica. Sono decisioni che non possono più essere rinviate. È doveroso che anche il M5S si assuma le sue responsabilità su questo fronte. L'alternativa è continuare a giocare alla roulette. E alla fine perderemo tutti. Anche il banco.

domenica 14 aprile 2013

Peppino e Giovanni Impastato


Una famiglia mafiosa: un fratello ribelle

11 marzo 2002. Rese note le motivazioni della sentenza che il 5 marzo 2001 ha condannato il mafioso Vito Palazzolo a 30 annidi carcere per l'assassinio di Giuseppe Impastato.
Il giudice a latere Angelo Pellino, estensore della sentenza, scrive che sulle indagini "grava l'intollerabile sospetto di un sistematico depistaggio o comunque di una conduzione delle stesse viziata da uno sconcertante coacervo di omissioni negligenze ritardi mescolati a opzioni investigative preconcette che ne avrebbero condizionato e alterato la direzione e lo sviluppo".
La sentenza riconosce il ruolo dei familiari, dei compagni di Impastato e del Centro siciliano di documentazione che ha dato un "prezioso contributo, nel corso degli anni, alla raccolta sistematica di un prezioso materiale informativo" e fa sue le conclusioni della Relazione della Commissione parlamentare antimafia sul "caso Impastato", relative al depistaggio delle indagini operato dalle forze dell'ordine e dalla magistratura.



Non si può comprendere il presente se non si ha “memoria” del passato.  Ma la memoria è il ricordo di qualcosa di vissuto e “ricordare” significa richiamare alla mente e al cuore avvenimenti del passato, ritrovare e ripercorrere le emozioni che il tempo ha depositato. Ma ciò che non si è vissuto non si può ricordare e per chi non c’era  la memoria degli eventi lontani passa attraverso la parola e la passione delle grandi figure e  dei testimoni.  Occorre creare un vissuto in chi non c’era, produrre emozioni  e, attraverso lo spiraglio che queste emozioni aprono, accompagnare i fatti, gli avvenimenti, le notizie, la comprensione  della realtà.
Per far rivivere anche a Mestrino temi, emozioni, incontri, ricordi, analisi e dibattito, la lista civica Vivi Mestrino” ha proposto ai cittadini, alle forze politiche e alle associazioni l’incontro con Giovanni  Impastato,  fratello di Peppino, vittima della mafia.
All’incontro, tenutosi giovedì 11 aprile a Mestrino, un centinaio di aderenti alla lista Vivi Mestrino, cittadini comuni, militanti politici, donne e uomini di chiesa e no, si sono stretti intorno a Giovanni Impastato, fratello di Peppino, affascinati dalla sua eloquenza sobria, affabulatrice e poetica.
Il racconto della storia di Peppino e della famiglia Impastato si è intrecciato con le vicende della lotta alla mafia, dei depistaggi di Stato, della storia d’Italia degli ultimi 30 anni, della cultura della legalità. Su quest’ultimo punto Giovanni ha tenuto a sottolineare la sottile differenza esistente tra legalitarismo fine a se stesso e rispetto della legalità, delle leggi fatte per l’uomo, della possibilità di riconoscersi tutti nel quadro costituzionale al di là delle differenze di pensiero e ideologiche.

Molteplici le reazioni positive dopo la serata. Adriana: “l’iniziativa più appassionante tenuta a Mestrino negli ultimi anni”. Giusy: “serata interessantissima; ho lottato contro la stanchezza ma ne è valsa la pena”.
Rossana: “serata bella e intensa”. Nicola: “una testimonianza imperdibile”. Luigi Ficarra: “Conoscendolo di persona, ho potuto cogliere l'elevata statura politico-culturale di Giovanni, quella di un autentico ‘comunista’, capace, come ha fatto ieri sera, di svolgere anche una critica sottile e rivoluzionaria del concetto moderato e borghese di rispetto della legalità, richiamando le posizioni di Luther King, Gandhi, don Milani, Gramsci e Marx.”

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