Il giorno seguente l'ennesima strage americana, esorcizzando il panico che altrimenti coglierebbe me come chiunque abbia in quella terra stranissima e lontana parenti amici o semplici conoscenti, mi piace ricordarlo come una data importantissima nella storia della musica.
Era proprio il 7 gennaio, del 1924, quando George Gershwin completò la scrittura della Rapsodia in blue, eseguendola in pubblico dopo meno di un mese nella primitiva versione per pianoforte e piccola band.
Era proprio il 7 gennaio, del 1924, quando George Gershwin completò la scrittura della Rapsodia in blue, eseguendola in pubblico dopo meno di un mese nella primitiva versione per pianoforte e piccola band.
La rapsodia nella versione per piano solo
L'esecuzione, alla quale erano presenti Stravinsky e Rachmaninof, fu un enorme successo e rappresentò una pietra miliare nella costruzione della musica americana colta, con Gershwin che tentava di legare insieme, riuscendovi, la tradizione classica europea con le sonorità e i ritmi della musica afro-americana.
Da www.il pianosolo.it:
È proprio quanto accade nella rapsodia gershwiniana: il tema principale, introdotto in apertura dal clarinetto, viene poi rielaborato dal pianoforte, successivamente affidato all'orchestra, destinato a cedere il passo ad altri temi, altre melodie, ma comunque ricorrente. Questo tema riemerge, a volte mascherato, trasformato, in vari punti della composizione, alternandosi con altri temi, subendo variazioni ritmiche e dinamiche, elaborazioni armoniche, per riproporsi, quasi parola definitiva e unificante, nel finale. Elaborazione tematica a vari livelli dunque, a cui l’aggettivo “blue” conferisce il colore ed il linguaggio di uno dei più autentici prodotti della cultura americana: il blues appunto.
Gershwin definì in prima persona la sua “rhapsody”: “una sorta di multicroma fantasia, un caleidoscopio musicale dell’America, col nostro miscuglio di razze, il nostro incomparabile brio nazionale, i nostri blues, la nostra pazzia metropolitana” e basta ascoltare la sua musica per sentire quanto vera sia questa definizione. In questa musica c’è tutta l’America, con i suoi umori contrastanti, con i rumori delle sue città, con quell'energia e quel senso concreto del fare che la connotano da sempre.
Continua in: Il secondo emendamento
Nessun commento:
Posta un commento