mercoledì 26 dicembre 2012


Destra e Sinistra


Sono passati quasi trent’anni da quando Giorgio Gaber ironizzava su destra e sinistra, cogliendo i tic più folkloristici di entrambe le parti. (ma cos'è questa destra?); più di recente un Gaber, invecchiato, più meditativo e disincantato ci affabula con la confessione di appartenere ad una razza in estinzione (il testo e il video recente).
Nel frattempo sono arrivati alla diffusione di massa i risultati di ricerche socio-psicologiche (Sinistra e destra - Le radici psicologiche della differenza politica - a cura di P. Catellani e P. Corbetta, ed. Il Mulino) e neuroanatomiche.
Un gruppo di scienziati dell’University College di Londra, guidati da Geraint Rees, ha infatti scoperto una “forte correlazione” tra lo spessore di due particolari aree della materia grigia e le opinioni politiche. Chi è dichiaratamente di destra ha un’amigdala - la parte primitiva del cervello associata con le emozioni e la paura - più pronunciata; al contrario costoro hanno una corteccia cingolata anteriore, la parte del cervello associata con il coraggio e la capacità di guardare il lato positivo della vita, più piccola. 
Già nel 2003 una ricerca, firmata da John Jost della Stanford University sulla rivista Psychological Bulletin, aveva mostrato che i tratti psicologici associabili all’uomo “conservatore” sono “fissi”: rigidità mentale, autoritarismo, chiusura. Uno studio più recente ha poi confermato a livello neurofisiologico quel che Jost aveva osservato a livello caratteriale e comportamentale: lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience dallo scienziato italo-americano David Amodio dell’Università di New York, ha dimostrato che di fronte a cambiamenti improvvisi le persone con tendenze liberali sono più rapide a rispondere e ad adattarsi alla novità. Alla base di queste differenze, ha spiegato Amodio, c’è la differente attività di un’area del cervello che ci aiuta, guarda caso, a elaborare soluzioni a situazioni conflittuali, la “corteccia cingolata anteriore”, posta in una regione tra i due emisferi cerebrali.
Sono convinto che tale eccessivo determinismo sia controproducente e comunque frutto limitante dell’approccio tipicamente anglosassone alle neuroscienze; l’influenza dell’ambiente, della famiglia, della cultura in cui si è immersi, delle conoscenze, delle relazioni, delle esperienze personali ha senz’altro valore determinante, ma alla fine forse le differenze si traducono realmente in modifiche strutturali e funzionali o, per dirla con Bobbio,  in vere e proprie differenze antropologiche («Sarei tentato di dire che la distinzione va al di là delle semplici idee politiche, è un elemento quasi antropologico».)
Ebbene si, c’è molta confusione in questi tempi di cambiamento, ma una qualche differenza c’è ancora e determina la realtà politica, istituzionale e sociale del Paese, solo che, anche se in misura limitata, è trasversale agli schieramenti politici ufficiali. Non è impossibile, anche se infrequente, trovare in uno schieramento di destra persone aperte al futuro, con le quali si può discutere e magari trovarsi d’accordo su alcune cose, anche se si parte da visioni antagoniste della vita. Viceversa nello schieramento opposto non è impossibile trovare paure, aspirazioni alla certezza dell’esistente, quando non aperta nostalgia per il passato.
Ma sostanzialmente gli schieramenti rappresentano, con un grado maggiore o minore di ambiguità, due tipologie umane profondamente differenti.
·         La destra difende i valori della patria e può arrivare ad essere nazionalista, la sinistra è internazionalista;
·         La destra si oppone ai mutamenti sociali, perché la tradizione dice che ciascuno ha un suo posto nella società, la sinistra appoggia i movimenti femministi ed è disposta a sperimentare dei mutamenti, per esempio, nell’organizzazione del lavoro;
·         La destra è individualista, competitiva, “vinca il migliore” dice,  la sinistra tende a fare riferimento non al singolo individuo ma ai gruppi con problemi e interessi comuni (i sindacati, i disoccupati, i lavoratori, ecc.);
·         La destra crede che il mercato e l’iniziativa individuale siano gli unici elementi creatori di un ordine efficiente, perché garantiscono il successo ai più capaci e ai migliori, la sinistra sostiene la necessità di un’economia che permetta ai migliori di emergere, ma che contemporaneamente offra possibilità ai nuovi soggetti;
·         La destra favorisce in tutti i modi il mercato e l’integrazione mondiale nell’economia capitalistica, il suo problema principale è di continuare a produrre di più a costi minori (per essere competitiva rispetto ai concorrenti) e guadagnare di più,  la sinistra si pone il problema delle disuguaglianze di ricchezza a livello mondiale e di modelli di sviluppo produttivo differenziati e in armonia con la cultura e le risorse di ciascuna realtà;
·         La destra sostiene lo “Stato minimo”, cioè poca burocrazia e il minor intervento possibile dell’ente pubblico nell’economia e nella società. Quindi meno tasse per mantenere uffici  e servizi / la sinistra sostiene invece lo “Stato sociale”, cioè un ruolo attivo dello Stato nel ridurre le disparità esistenti fra gli individui e i gruppi. Quindi più tasse al fine di assicurare più servizi alla collettività e conseguentemente più uffici e più personale pubblico. E così via.”
(Liberamente tratto da Il presente come storia, di Paola Castagnetti, ed. Clio).

Restano da fare i conti con l’espressione tutta italiana (nel senso che in Italia, per un periodo è stata maggioritaria) della destra populista, dove i parametri tradizionali sopra citati sono mescolati, sconvolti, triturati da un gigantesco conflitto d’interessi. E quindi, se da una parte personalità e persone diverse, indipendentemente dalla struttura del proprio cervello, dalle esperienze personali e dalle convinzioni politiche e religiose, si riconoscono unitariamente nei principi fondamentali della Costituzione  (http://www.youtube.com/watch?v=lSAYk8YomwE) la competizione non è oggi tra due opinabili ma legittime visioni contrapposte di sinistra e destra   ma tra chi persegue, senza remore ad utilizzare qualunque mezzo illecito, un progetto eversivo dell'impianto costituzionale e dell'unità nazionale:  la coalizione berlusconiana-leghista o quello che ne resta,  e gli altri.   Alla fine: o loro o noi, in senso antropologico, s’intende, non fisico!
Ma Grillo, dove lo collochiamo? Intanto in politica, checché ne dicano i predicatori dell’antipolitica, perché coagula e offre spazio operativo e organizzativo a pulsioni, tensioni ideali, ma soprattutto alle delusioni e a al disgusto di massa nei confronti dell’attuale malaffare politico-affaristico. Qui la confusione tra destra e sinistra è massima: alcune parole d’ordine sono ambientaliste, ecologiste, solidaristiche, altre autoritarie, velleitarie (perché non indicano vie concrete d’uscita concrete dalla palude economica mondiale) e quindi altrettanto populiste di quelle di 20 anni fa, pur senza il conflitto d’interessi e nonostante la purezza degli intenti dei “portavoce”.

E Monti? Sarebbe bello che in Italia ci fosse una destra colta e liberale, dignitosa nell’aspetto e nell’eloquio, conservatrice nei costumi e moderna nell’attenzione al progresso scientifico e sociale, con la quale confrontarsi, scontrarsi e alternarsi, ma, se poi si contano i numeri, purtroppo  non è così!  

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