Destra e Sinistra
Sono passati quasi trent’anni da
quando Giorgio Gaber ironizzava su destra e sinistra, cogliendo i tic più
folkloristici di entrambe le parti. (ma cos'è questa destra?); più di recente un Gaber, invecchiato, più meditativo e disincantato
ci affabula con la confessione di appartenere ad una razza in estinzione
(il testo e il video recente).
Nel frattempo sono arrivati alla diffusione di massa i
risultati di ricerche socio-psicologiche (Sinistra e destra - Le
radici psicologiche della differenza politica - a cura di P.
Catellani e P. Corbetta, ed. Il Mulino) e neuroanatomiche.
Un
gruppo di scienziati dell’University College di Londra, guidati da Geraint
Rees, ha infatti scoperto una “forte correlazione” tra lo spessore di due
particolari aree della materia grigia e le opinioni politiche. Chi è
dichiaratamente di destra ha un’amigdala - la parte primitiva del cervello
associata con le emozioni e la paura - più pronunciata; al contrario costoro
hanno una corteccia cingolata anteriore, la parte del cervello associata con il
coraggio e la capacità di guardare il lato positivo della vita, più
piccola.
Già
nel 2003 una ricerca, firmata da John Jost della Stanford University sulla
rivista Psychological Bulletin, aveva mostrato che i tratti
psicologici associabili all’uomo “conservatore” sono “fissi”: rigidità mentale,
autoritarismo, chiusura. Uno studio più recente ha poi confermato a livello
neurofisiologico quel che Jost aveva osservato a livello caratteriale e
comportamentale: lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience dallo
scienziato italo-americano David Amodio dell’Università di New York, ha dimostrato
che di fronte a cambiamenti improvvisi le persone con tendenze liberali sono
più rapide a rispondere e ad adattarsi alla novità. Alla base di queste
differenze, ha spiegato Amodio, c’è la differente attività di un’area del
cervello che ci aiuta, guarda caso, a elaborare soluzioni a situazioni conflittuali,
la “corteccia cingolata anteriore”, posta in una regione tra i due emisferi
cerebrali.
Sono
convinto che tale eccessivo determinismo sia controproducente e comunque frutto
limitante dell’approccio tipicamente anglosassone alle neuroscienze; l’influenza
dell’ambiente, della famiglia, della cultura in cui si è immersi, delle
conoscenze, delle relazioni, delle esperienze personali ha senz’altro valore
determinante, ma alla fine forse le differenze si traducono realmente in
modifiche strutturali e funzionali o, per dirla con Bobbio, in vere e proprie differenze antropologiche («Sarei
tentato di dire che la distinzione va al di là delle semplici idee politiche, è
un elemento quasi antropologico».)
Ebbene si, c’è molta confusione in
questi tempi di cambiamento, ma una qualche differenza c’è ancora e determina
la realtà politica, istituzionale e sociale del Paese, solo che, anche se in
misura limitata, è trasversale agli schieramenti politici ufficiali. Non è
impossibile, anche se infrequente, trovare in uno schieramento di destra
persone aperte al futuro, con le quali si può discutere e magari trovarsi
d’accordo su alcune cose, anche se si parte da visioni antagoniste della vita.
Viceversa nello schieramento opposto non è impossibile trovare paure,
aspirazioni alla certezza dell’esistente, quando non aperta nostalgia per il
passato.
Ma sostanzialmente gli schieramenti
rappresentano, con un grado maggiore o minore di ambiguità, due tipologie umane
profondamente differenti.
·
La
destra difende i valori della patria e può arrivare ad essere nazionalista, la
sinistra è internazionalista;
·
La
destra si oppone ai mutamenti sociali, perché la tradizione dice che ciascuno
ha un suo posto nella società, la sinistra appoggia i movimenti femministi ed è
disposta a sperimentare dei mutamenti, per esempio, nell’organizzazione del
lavoro;
·
La
destra è individualista, competitiva, “vinca il migliore” dice, la sinistra tende a fare riferimento non al
singolo individuo ma ai gruppi con problemi e interessi comuni (i sindacati, i
disoccupati, i lavoratori, ecc.);
·
La
destra crede che il mercato e l’iniziativa individuale siano gli unici elementi
creatori di un ordine efficiente, perché garantiscono il successo ai più capaci
e ai migliori, la sinistra sostiene la necessità di un’economia che permetta ai
migliori di emergere, ma che contemporaneamente offra possibilità ai nuovi
soggetti;
·
La
destra favorisce in tutti i modi il mercato e l’integrazione mondiale
nell’economia capitalistica, il suo problema principale è di continuare a
produrre di più a costi minori (per essere competitiva rispetto ai concorrenti)
e guadagnare di più, la sinistra si pone
il problema delle disuguaglianze di ricchezza a livello mondiale e di modelli
di sviluppo produttivo differenziati e in armonia con la cultura e le risorse
di ciascuna realtà;
·
La
destra sostiene lo “Stato minimo”, cioè poca burocrazia e il minor intervento
possibile dell’ente pubblico nell’economia e nella società. Quindi meno tasse
per mantenere uffici e servizi / la sinistra sostiene invece lo
“Stato sociale”, cioè un ruolo attivo dello Stato nel ridurre le disparità
esistenti fra gli individui e i gruppi. Quindi più tasse al fine di assicurare
più servizi alla collettività e conseguentemente più uffici e più personale
pubblico. E così via.”
(Liberamente
tratto da Il presente come storia, di Paola Castagnetti, ed. Clio).
Restano
da fare i conti con l’espressione tutta italiana (nel senso che in Italia, per
un periodo è stata maggioritaria) della destra populista, dove i parametri
tradizionali sopra citati sono mescolati, sconvolti, triturati da un gigantesco
conflitto d’interessi. E quindi, se da una parte personalità e persone diverse,
indipendentemente dalla struttura del proprio cervello, dalle esperienze
personali e dalle convinzioni politiche e religiose, si riconoscono
unitariamente nei principi fondamentali della Costituzione (http://www.youtube.com/watch?v=lSAYk8YomwE) la competizione non è oggi tra due opinabili ma legittime
visioni contrapposte di sinistra e destra ma tra chi persegue, senza remore ad utilizzare qualunque
mezzo illecito, un progetto eversivo dell'impianto costituzionale e dell'unità
nazionale: la coalizione
berlusconiana-leghista o quello che ne resta,
e gli altri. Alla fine: o loro o noi, in senso antropologico,
s’intende, non fisico!
Ma Grillo, dove lo collochiamo?
Intanto in politica, checché ne dicano i predicatori dell’antipolitica, perché
coagula e offre spazio operativo e organizzativo a pulsioni, tensioni ideali,
ma soprattutto alle delusioni e a al disgusto di massa nei confronti dell’attuale
malaffare politico-affaristico. Qui la confusione tra destra e sinistra è
massima: alcune parole d’ordine sono ambientaliste, ecologiste, solidaristiche,
altre autoritarie, velleitarie (perché non indicano vie concrete d’uscita
concrete dalla palude economica mondiale) e quindi altrettanto populiste di
quelle di 20 anni fa, pur senza il conflitto d’interessi e nonostante la
purezza degli intenti dei “portavoce”.
E Monti? Sarebbe bello che in Italia
ci fosse una destra colta e liberale, dignitosa nell’aspetto e nell’eloquio,
conservatrice nei costumi e moderna nell’attenzione al progresso scientifico e
sociale, con la quale confrontarsi, scontrarsi e alternarsi, ma, se poi si
contano i numeri, purtroppo non è
così!
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