Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono..
E' difficile stabilire in questo periodo se sia più controcorrente parlare bene dell'Italia o parlarne male.
Certo, parlarne male è da sempre un po' un nostro vezzo, in funzione apotropaica forse, per prendere le distanze da una realtà a cui non si vorrebbe somigliare, ma dentro la quale siamo pienamente immersi e di cui siamo complici anche se con gradazioni molto diverse tra gli uni e gli altri.
Nel dubbio seguo la mia personale e tutta italica incazzatura, che in questi tempi cupi tende ad un profonfo sconforto, purtroppo molto ampiamente condiviso.
Forse però le mie ragioni non sono esattamente uguali a quelle della maggioranza; quindi narcisisticamente mi consolo: sono ancora un po' controcorrente.
Se fossimo un paese moderatamente acculturato, intendo con ciò moderatamente in grado di riconoscere le competenze altrui e di considerare criticamente le proprie, tante cose inverosimili non avverrebbero.
Non si assisterebbe, per esempio, alla pittoresca scalata al parlamento di personaggi che al più potrebbero fare gli amministratori di un condominio, i bravi tecnici del pc, i disk jockey o l'opposizione in un piccolo comune. I giornalacci di regime
Certo se fossimo un paese serio, intendo con ciò moderatamente consapevole e con le basilari conoscenze
non dico di storia ma almeno di cronaca, il tizio della vignetta d'apertura sarebbe ai giardinetti, non a Milano ma nelle isole Cayman, piuttosto che autodefinirsi presidente e dissertare sugli immigrati sfaccendati pronti a delinquere.
Se fossimo un paese con un minimo di dignità virile, non resteremmo femminilmente sedotti, mi perdonino le signore, dalle belle faccette, dalla parlantina o dall'ostentazione della ricchezza e della furbizia.
Per esempio l'aspirante presidente megagalattico sarebbe ancora a fare il cameriere o il rappresentante, nobili mestieri che gli riuscirebbero sicuramente bene, stante le indubbie capacità affabulatorie e l'abilità nel cogliere, seppur superficialmente, i saperi e i modi dei clienti più colti.
Se fossimo un paese con un minimo di letture in più, non saremmo già al secondo comico e alla seconda azienda che prendono o tentano di prendere il potere.
Se fossimo un paese dalla minima coerenza, quando a Palermo si presenta il nordista in felpa nazionale, non si applicherebbe l'antico motto della città "nutrit alienos, se ipsum devorat". No! cari concittadini, non tutti i forestieri sono uguali, un po' di dignità! se avete proprio nostalgia del fascismo, guardatevi attorno, c'è solo l'imbarazzo della scelta.
Se fossimo un paese in cui chi si vanta di possedere una solida cultura politica e altrettanto nobili, anche se datate, tradizioni, le avesse veramente usate con coraggio e senza pensare solo al posto, il fiorentino sarebbe ancora a fare il sindaco della sua città, magari con qualche ideuzza simpatica e innovativa.
Se fossimo, infine, un paese con una moderata memoria storica e qualche conoscenza minimale del recente passato, non esisterebbero i peripatetici delle ronde della sicurezza, fascisti a volte dichiarati, a volte sotto mentite spoglie.
Ma, si sa, "la storia insegna che la storia non insegna nulla". (A. Manzoni.)